Archivio Attivo Arte Contemporanea
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COSMOGONIE
il grande mistero dell’universo esplorato da
Paolo Barlusconi
una rassegna in progress dal 2005 a cura di Michele Caldarelli
dall'8 al 28 maggio 2019 COSMOGONIE per il 23° appuntamento è a Venezia presso la Galleria Venezia Viva - San Marco 1878/a ![]() con Viaggio al centro dell'Universo un omaggio a George Sand con una introduzione di Michele Emmer ![]() ![]() L’argomento del progetto Cosmogonie è il Cosmo. Un cosmo inteso come multiverso visto, letto e interpretato mettendo a confronto le più diverse teorie che via via vengono raccontate e spiegate in occasione di incontri, manifestazioni e convegni a carattere interdisciplinare. L’intenzione programmatica del progetto, qui a Venezia per la sua ventitreesima tappa espositiva, è quella di sviluppare un clima di sinergia possibile fra le arti e le scienze che non trascuri alcuna disciplina e ne favorisca ispirazione reciproca proponendo interventi di fisici, astronomi, matematici, architetti, poeti, filosofi, astrofisici, botanici... La presenza presso Venezia Viva, nello spazio espositivo dell'Atelier Aperto e in collaborazione col Centro Internazionale della Grafica di Venezia, vuole essere un omaggio alla figura di George Sand che in questo edificio abitò nell'estate del 1834 ed evocò l'anima di Venezia nelle "Lettres d'un voyageur", in Jacques André e Leone Leoni (come recita la targa posta sull'edificio). Questa puntata di Cosmogonie vuole trasfondersi nell'atmosfera visionaria del suo libro "Viaggio nel cristallo" (Laura) e argomentare, mediante un approccio storico interdisciplinare, su un ipotetico viaggio al centro del Cosmo come equivalente ideale del viaggio al centro della Terra descritto dalla Sand e non solo. In parallelo e a commento dello spirito della mostra viene infatti proposta una rassegna iconografica e letteraria incentrata su diversi testi (pubblicati fra la fine del '600 e l'inizio del '900) dedicati a tale avventura, citando fra tutti quello di Verne, coevo e del tutto simile a quello della Sand, oltre all'"Icosameron" di Giacomo Casanova.
Le
opere esposte sono "lasergrammi"
ossia realizzate impressionando l'effetto della scomposizione di un
raggio laser su carta fotosensibile, per proiettare virtualmente nel
centro del Cosmo la poetica terrestre della Sand. Nel 2019, con
rinnovata attenzione al programma di esplorazione spaziale, si
celebrerà il cinquantenario del primo allunaggio e intendiamo, con
l'argomento di questa mostra, essere in sintonia con
lo spirito del nostro tempo. L’ATELIER DEL COSMO di: Michele Emmer
“Ci
sono a Venezia tre luoghi magici e nascosti, uno in calle dell’amor
degli amici, un secondo vicino al ponte delle maravegie, un terzo in
calle dei marrani a San Geremia in Ghetto. Quando i veneziani
(qualche volta anche i maltesi…) sono stanchi delle autorità
costituite, si recano in questi tre luoghi segreti e, aprendo le
porte che stanno nel fondo di queste corti, se ne vanno per sempre in
posti bellissimi e in altre storie.”
E
quelle antiche scritture significano: “In
Snaffels Yoculis craterem kem delibat umbra Scartaris Julii intra
calendas descende, audas viator, et terrestre centrum attinges…Kod
feci. Arne Saknussemm.”
[Discendi nel cratere del ghiacciaio (Yokul in islandese) di Sneffels
(in Islanda) che l’ombra di Scartaris (uno dei picchi della
montagna) carezza prima delle calende di luglio, audace viaggiatore,
e tu arriverai al centro della Terra. Cosa che ho fatto.] Misteriosa
iscrizione che dà inizio all’avventura Voyage
au centre de la terre
di Jules Verne, (1864). ![]()
Altro
rettangolo bianco con parole che
“sembrano suggerire che tutto è là come una volta”. George Sand
lì abitava dopo la fine dell’amore con Alfred de Musset, e lì
pensò e in parte scrisse Jacques
(1833), André
(1834), Leone
Leoni
(1835) ed iniziò tre lettere di un viaggiatore. Siamo sempre a
Venezia, Corte Minelli, Ca’ Mezzani. Passeranno molti anni e nel
1865 George Sand pubblica, un anno dopo Verne, una grande avventura. Storia
e cronologia provvisoria dei viaggi immaginari al centro della Terra Lʼantica credenza tibetana circa lʼesistenza di esseri spirituali, viventi molti secoli con lʼincarico di vegliare sullʼumanità, è probabilmente una delle prime fonti mitologiche ispiratrici di successivi racconti, ripresi anche in tempi moderni, a proposito di un regno sotterraneo abitato da una razza di esseri superiori. Dallʼantichità, arrivando allʼepoca dell'Eneide di Virgilio o della Divina Commedia di Dante, si è supposto che le viscere della terra fossero sede degli Inferi, raccontandone la natura con numerose varianti e similitudini. Ma dove per alcune culture è situato lʼInferno per altre sta il rifugio elettivo di Maestri come nel mito della sotterranea Agartha, in Asia centrale, o lʼaltrettanto mitica Thule. Thule è forse riconoscibile nellʼisola di Tile, citata per la prima volta nel 330 a.C. dallʼesploratore greco Pitea, rappresentata più tardi da Olao Magno nella Carta marina et descriptio septentrionalium terrarum pubblicata proprio a Venezia nel 1539. Olao Magno lʼha poi descritta nella sua Historia de gentibus septentrionalibus nel 1551, come isola di fuoco e ghiaccio nellʼAtlantico del Nord sotto lʼIslanda e al largo della Scandinavia. Questa isola, il cui toponimo varia nel tempo (Tile o Tule o Thule) è ricordata anche da Tacito nel De vita et moribus Agricolae e da Antonio Diogene in Incredibilia ultra Thulen nel II sec. d.C. (testo perso ma citato da Fozio). (N.B. Lʼarcipelago più meridionale delle isole Sandwich Australi prende il nome di isole Thule meridionali: furono scoperte e chiamate così da James Cook, nella seconda metà del ʼ700, poiché sembravano poste allʼestremo confine del mondo). ecco quanto fino ad ora raccolto ed elaborato 1665
Athanasius Kircher - 1721 Amaulry Gabriel 1724 Diego de Torres Villaroel 1735 Charles de Fieux de Mouhy - 1741 Ludwig Holburg Storia e cronologia provvisoria dei viaggi immaginari al centro della Terra
Verso
il Big Bang, fuoco centrale dell'universo, al centro del cosmo fatto
di calore (stelle) e freddo (spazio interstellare) e in parallelo
simbolico/metaforico, al centro caldo della terra attraverso il Polo
verso il quale stanno isole da cui escono fuoco e vapori quasi siano
passaggio verso la terra interiore e dove si manifesta l'aurora
boreale pensata (anche se erroneamente) formarsi dalle emanazioni del
fuoco interno della terra. Nel
XVII secolo alcuni astronomi fra i quali Halley, teorizzano l'ipotesi
della terra cava illuminata da un minuscolo sole interiore. Nel
1665 - Athanasius Kircher, maturando ipotesi protoscientifiche,
scrisse “Mundus subterraneus”, dopo la permanenza di due anni in
Sicilia, dove nel marzo del 1638 assistette alle eruzioni dell'Etna e
dello Stromboli. Nel tempo Kircher divenne sempre più interessato ai
fenomeni e geologici e meteorologici e, dopo il suo ritorno a Napoli,
si appassionò al cratere attivo del Vesuvio e condusse osservazioni
sul posto. Dalle sue osservazioni e ricerche, Kircher dedusse che
esistessero dei canali di continua circolazione del fuoco (dei quali
i vulcani costituiscono occasionali valvole di sfogo in superficie)
che l'acqua emergesse dalle viscere della terra e che, queste,
assieme ai venti, fossero responsabili di ogni evento geologico o
meteorogico. Un
testo pubblicato anonimo nel 1721 (da alcuni attribuito ad Amaulry
Gabriel) ha per titolo: "Relazione di un viaggio dal polo artico
al polo antartico attraverso il centro della terra". L'autore
parte dall'Olanda per andare a pescare in Groenlandia. Una tempesta
si leva durante il viaggio e la nave viene trascinata da una forte
corrente verso un gorgo che affonda nel suolo al livello del polo
nord. Questo gorgo attraversa la terra da parte a parte per
riemergere al polo sud. L'equipaggio, incapace di resistere alla
forza li incatena, chiude ermeticamente tutti i boccaporti e si
rifugia sottocoperta. L'imbarcazione è risucchiata dal gorgo. Un
torpore si impossessa dei marinai. Quando rinvengono, hanno la
sorpresa di ritrovarsi in un mare calmo, dall'altra parte della
terra. La temperatura era più clemente di quanto si attendessero,
decidono di visitare le terre più vicine, prima di tornare al
vecchio mondo. Queste isole montagnose non sono inospitali. Vi si
trovano delle distese erbose, dei laghi, delle paludi, cascate e
molte grotte. Oltre a degli uccelli, che si lasciano prendere con le
mani, la fauna è costituita da animali conosciuti: foche, orsi
bianchi, volpi, rospi... ma di una misura e forza inusitate; nel mare
i pesci volanti sono così grossi e voraci che occorrono due marinai
sul ponte “pour les déchiqueter à belles dents.”. Questa terra
deve essere stata abitata in altri tempi; si improvvisano esploratori
e scoprono delle rovine e una curiosa costruzione su cui sono incisi
dei caratteri sconosciuti. L'imbarcazione risale poi al nord, in
direzione del Cap, evitando scogli e montagne di ghiaccio
(icebergs?). Tutti poi ritornano in Olanda. Nel
1724 – Diego de Torres Villaroel, con lo pseudonimo di “Gran
Piscator de Salamanca” compie
un viaggio fantastico/scientifico in “un otro mundo - con -
descubrimiento de sus substancias, generaciones y producciones”.
Rappresentante del periodo definito post-barocco spagnolo, quando già
in Europa si era ampiamente diffuso l'Illuminismo, similmente a
Kircher, nel suo libro descrive il Cosmo allora conosciuto e la
natura del mondo sotterraneo terrestre. Charles
de Fieux de Mouhy, nel 1735-37, da alle stampe: "Lamekis ou les
Voyages extraordinaires d'un Égyptien dans la terre intérieure avec
la découverte de l'île des Sylphides" nel quale fa allusione
alla terra cava. Racconta, nella prima parte del libro, di Sémiramis,
sacerdotessa del dio Sérapis, che dimora in una città sotterranea,
in una catacomba profonda più di mille piedi, dove è custodito il
libro supremo dalle pagine di bronzo. Nella seconda parte tratta
delle avventure di Motacoa; ultimo figlio bianco di un re africano,
qui confinato con sua madre per via del colore della sua pelle. Nella
terza parte è lo scrittore stesso che penetra nelle catacombe di
Parigi grazie alla guida di un cane nero. Questi tre episodi mostrano
l’autore alle prese con un’avventura sotterranea affascinante
dai risvolti forse troppo immaginifici. Del
1774, di Johann Wolfgang Goethe è la “Ballata del re di Thule”
Questo riferimento al mito si trovasi trova nella scena in cui
Margherita canta appunto i versi della ballata del Re di Thule,
storia di un amore infelice che fa da sfondo, alla vicenda d'amore
tra lei e Faust, destinata a concludersi tragicamente come quella del
re protagonista della canzone. “Es war ein König in Thule,/ Gar
treu bis an das Grab,/ Dem sterbend seine Buhle/ einen goldnen Becher
gab…” - (nella traduzione di Giosuè Carducci) - “Fedel sino a
l'avello/ Egli era in Thule un re:/ Morì l'amor suo bello,/ E un
nappo d'or gli diè...” E’
del 1741, scritto da Ludwig Holburg, il racconto"Un voyage dans
le monde souterrain de Niels Klim". Questo scrittore danese di
origine norvegese, autore di numerose pièces teatrali, lo pubblicò
anonimamente in latino ispirandosi alle teorie di Halley. Nel corso
del suo periplo, Niels Klim visita numerosi stati che ricordano
quelli reali, come Martinia (la Francia) o Quama (la Russia); ritrae
con umorismo le caratteristiche dei paesi che attraversa e, nel
racconto, diventa imperatore di Quama, dopo averne condotto gli
abitanti alla vittoria sui loro vicini ma, una ribellione contro la
sua tirannia, lo obbliga poi a fuggire. Arriva alla fine in Norvegia,
emergendo da sottoterra attraverso un passaggio diverso da quello
usato per entrarvi. L’inglese
Robert Paltock nel 1750 pubblica "La vie et les aventures de
Peter Wilkins". Durante un viaggio in mare come marinaio, nel
corso di una tempesta, l’imbarcazione su cui si trova, viene
attratta da una grande roccia magnetica a causa del suo carico di
barre di ferro. Il naufragio è inevitabile e Peter Wilkins precipita
in mare mentre tenta di saltare sulla roccia stessa mentre la nave
resta incastrata fra gli scogli. Il nostro eroe compie più viaggi
esplorativi attorno alla roccia. A un certo punto finisce per essere
portato da una forte corrente all’interno di una caverna. Qui
arriva sul bordo di un lago interno e familiarizza con una flora e
una fauna sconosciute mentre cerca delle risorse per la sua
sopravvivenza da naufrago. Incontra una giovane donna che vola con un
paio d’ali simili a quelle di un pipistrello e che ripiegate le
fanno da vestito. Lei diventa la sua compagna ed hanno diversi figli
mentre le avventure in questo strano mondo si moltiplicano. Peter
visita un vulcano nelle cui vicinanze si trovano diverse grotte
abitate da supposti demoni che in realta sono metallurghi, schiavi e
destinati allo sfruttamento di miniere di rame, argento e piombo.
Molte sono le vicende che si svolgono in questo reame di uomini
volanti dove Wilkins apre poi una fabbrica di carta, traduce la
Bibbia nella lingua di questo paese e corona la sua opera di
convertirne gli abitanti al cristianesimo. Ormai divenuto vecchio,
alla fine, Peter Wilkins prova il desiderio di rivedere il proprio
paese e aiutato dagli uomini volanti esce da sotto terra per poi,
portato da un vascello volante, tornare da dove era partito. Lascia
così questo mondo semi notturno situato nel mezzo di una grande
isola in prossimità del Mare Antartico. Nel
1788 - Giacomo Casanova pubblica il suo "Icosameron"nel
quale i protagonisti, Édouard ed Élisabeth, raggiungono i
Megamicri, aborigeni abitanti del Protocosmo, all’interno del globo
terrestre e qui restano per 80 anni. A questo regno si accede dalle
montagne della Slovenia ed è una sorta di isola galleggiante
rischiarata da un globo metallico, una sorta di piccolo sole che
emette luce rosata. Gli abitanti, esseri ermafroditi ovipari sono
molto piccoli, alti una trentina di centimetri. Parlano in una lingua
composta unicamente da vocali. Il racconto di Casanova , nel suo
insieme, è estremamente verboso e ricco di particolari descrittivi
che impegnano il lettore ad uno sforzo immaginativo non indifferente
e che facilmente si perde nei particolari. Nel
1818 - John Cleves Symmes, inoltra un rapporto alle autorità
americane al fine di ottenere un sussidio governativo per le sue
ricerche finalizzate a provare che la terra sia cava e testimoniare
l’esistenza di mondi concentrici, ciascuno popolato. L’accesso a
questi mondi, secondo le sue ipotesi, era possibile attraverso
aperture presenti ai poli terrestri. Symmes, con grande impegno
viaggiò molto per diffondere le sue teorie e con l’appoggio di un
ricco americano, James McBride, tentò di convincere il governo a
predisporre una spedizione ai poli per confermarle. Purtroppo non
riuscì nell’intento. Nel
1818 – E.T.A. Hoffmann descrive una avventura sotterranea in “Le
miniere di Falun”. Nel 1820, Adam Seaborn pubblica "Symzonia: un voyage de découverte" una relazione circa una fantomatica spedizione ispirata dalle idee di John Cleves Symmes. Si ignora se questo libro fosse stato inteso come un avvaloramento di tali teorie o l’esatto contrario. E’ del 1821 l’opera di Jacques Saint-Albin (alias Collin de Plancy): "Voyage au centre de la terre" (che si dichiara tradotto dall’inglese da Hormidas-Peath).Il contenuto del libro si dichiara essere la narrazione di una avventura reale: Gli esploratori, perforando il ghiaccio al polo, precipitano in un pozzo finendo su delle rocce magnetiche, proseguono l’esplorazione e scoprono la superficie di una seconda piccola terra che ruota all’interno delo nostro pianeta. Dopo
aver percorso luoghi selvaggi arrivano ad Albur, la cui popolazione è
piccola e viaggia a bordo di mezzi trainati da elefanti grandi come
vitelli (sic). Vengono descritti diversi luoghi e costumi come quello
del paese dei Banois, che si esprimono solo cantando, attraversano un
deserto illuminato dalla chioma di una enorme cometa simile
all’eruzione di un vulcano. La fantasia dell’autore non manca di
certo nel descrivere luoghi, usi e costumi, sempre contrabbandando
convinzioni e critiche etico sociali, secondo l’uso letterario
invalso diffusamente nel XVIII secolo. Jeremiah
Reynolds, un seguace delle teorie di Symmes continuò nel suo intento
e vi riuscì ottenendo finalmente un finanziamento per la missione
antartica. La sua vicenda nel 1838 ispirò Edgar Allan Poe per "Le
avventure di Arthur Gordon Pym". Nel corso delle sue
peregrinazioni, il protagonista di questo romanzo percorre un
intricato sistema di cunicoli sotterranei, in prossimità del Polo
Sud e scopre una scritta geroglifica incisia nella roccia. In questa
regione antartica trova un’isola dove tutto è nero dal suolo alla
pelle degli abitanti e degli animali. Mano a mano che il suo percorso
si avvicina al polo, l’acqua diventa sempre più calda, fino
all’ebollizione e si forma una barriera di vapore che preclude
l’orizzonte verso sud. Poe affermò che la storia appariva strana a
Pym stesso e che quest’ultimo era scomparso mentre gli stava
raccontando il seguito dell’avventura. Nel
1864, Jules Verne (1828-1905) diede alle stampe il suo "Voyage
au centre de la terre". Il centro del nostro pianeta, illuminato
da un piccolo sole interno, viene descritto come un mondo
antidiluviano dove i protagonisti percorrono una foresta di funghi
giganti. Gli audaci esploratori di questo mondo, vi penetrano
attraverso un vulcano islandese e ritornano al mondo esterno, grazie
ad una provvidenziale eruzione, attraverso un altro cratere posto in
Sicilia. Questo romanzo dei toni più scientisti dei precedenti,
avrebbe ispirato molta letteratura fino al XX secolo. Coevo,
e in parte simile, a quello di Verne è il libro di Georges Sand:
“Viaggio nel cristallo (Laura)”
Nel
1871, Edward Bulwer-Lytton "Vril: The Power of the Coming Race"
un’utopia sotterranea in cui dei superuomini rifugiati nelle
viscere della terra, beneficiano di una energia speciale grazie al
fluido chiamato"vril". Questi vengono descritti come
destinati a dominare il mondo. Curiosamente questo libro sembra
anticipare i lavori scientifici di Nikola Tesla e del suo raggio
della morte. Nel
1878 lo scrittore americano Howard De Vere pubblicò a puntate sul
“New York Boys' Weekly”, il suo “Viaggio al centro della
Terra”. Nel
1886 - Frederick Culmer scrittore mormone, diede alle stampe: "The
Inner World: A New Theory " in cui si ritrovano le idee di
Symmes elaborate secondo una ingegnosa teoria gravitazionale che
intendeva spiegare come potesse essersi formato il mondo cavo
all’interno della Terra. Nel
1886, il Marchese Alexandre Saint-Yves d'Alveydre scrisse "Mission
de l'Inde", opera che poi distrusse ma che fu ripubblicata
postuma nel 1910) Questo autore dal carattere fortemente connotato da
profondo spirito mistico e e tormentato dal desiderio di conciliare
scienza e religione, si occupò e scrisse ampiamente del mito di
Agartha (Agarttha) un immenso regno sotterraneo situato in un luogo
segreto dell’Himalaya, dove cinquemila anni prima si erano
rifugiati i suoi abitanti perseguitati dai Babilonesi. Un luogo
illuminato da un piccolo sole sotterraneo e una società, come in
altri racconto consimili, diretta da un collegio di grandi iniziati.
Le biblioteche e gli archivi di pietra di questa comunità si
estendono per chilometri e contengono la storia di tutta l’umanità. L’autore
australiano Sherry J. Filmore scrisse "Phosphor: an Ischian
mystery" il cui protagonista incontra una popolazione di uomini
preistorici fosforescenti che parlano latino. Costoro sono governati
da una regina dal corpo splendido ma con la testa di scimmia. Il
ritorno al mondo esterno avviane ancora una volta grazie ad una
eruzione vulcanica. William
Richard Bradshaw racconta nel 1892 della "Dea di Atvatabar"
nel suo romanzo che tratta di una razza scomparsa ma poi rintracciata
all’interno della Terra. Questa è una civiltà molto avanzata
nella scienza tecnica e nella medicina, rifugiatasi anticamente in
una caverna in prossimità del Polo Nord. E’ una ennesima
invenzione sociale, retta da una monarchia elettiva e ricca di
invenzioni fantascientifiche: ferrovie anfibie, biciclette senza
ruote, volo magnetico, controllo del clima… Immancabile è il sole
interno, mentre la lingua è descritta dall’autore (di madrelingua
americana) più complicata dell’Irlandese. Nel
1901, Robert Ames Bennet (1870-1954), un autore di science-fiction
americano, pubblica "Thyra" una avventura che si svolge al
Polo Nord e i cui protagonisti scoprono un mondo preistorico
sotterraneo Nel
1904, Franklin Titus Ives pubblica "La terra cava, un omaggio a
Symmes, nello stesso anno in cui compare in Nuova Zelanda "L’ultima
scoperta di M. Oseba"scritta dal colonnello George W. Bell un
racconto simile a quello di Symmes. Due anni dopo, nel 1906 - William Reed "The phantom of the Poles" (una compilazione di rapporti di navigatori polari relativi a strani fenomeni inesplicati, come venti caldi, depositi di polvere, di rocce imprigionate negli icebergs, di ampie superfici deserte di ghiaccio, delle distese d'acqua dolce in pieno mare e delle aurore bizzarre. Ne conclude che i poli sono l’anticamera della Terra cava mentre sostiene che i Poli non esistono… di qui il titolo del libro! |
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