Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Arte - Architettura - Design - Fotografia
Proposte e documenti per l'arte contemporanea in Italia
L'UOMO-PIANTA
ovvero
"Del Rinnovamento"
Galleria D'Arte Il Salotto - Como
dall'8 febbraio a primavera 1987
La Galleria d'Arte IL SALOTTO (fondata nel 1965) inaugura la nuova sede, con una mostra a tema all'insegna del rinnovamento: "L'Uomo-Pianta". Una trentina di partecipazioni sviluppano questa tematica insolita quanto tradizionale nell'ambito della rappresentazione simbolica. Scritti, dipinti, sculture, proiezioni di videotapes e diapositive come riproduzioni di antiche immagini iconografiche costituiscono il corpus della mostra. Leggende, metafore, allegorie e omologie morfologiche illustrano il rapporto, reale o sognato, dell'uomo col mondo vegetale. È nota a tutti la tradizione popolare che vuole i bambini nati sotto il cavolo come pure la leggenda dell'albero della vita posto nel paradiso terrestre. Un po' meno nota è la visione di un cosmo vivente entro il quale alterne "geniture" uomo-vegetale legano i due mondi in un inscindibile e vitale "circuito continuo". "L'Uomo-Pianta" è punto di giunzione fra di essi e soggetto di indubbio fascino per una tradizione artistica che ha preceduto le fantasie dell'Arcimboldi e a tutt'oggi non si è ancora esaurita: pur avendo spesso abbandonato evidenti antropomorfismi vegetali ha favorito un maggiore sviluppo delle problematiche attinenti al simbolo, all'enigma della vita.
N.B. non tutti i link sono attivi
ma lo saranno presto ... stiamo recuperando la documentazione da pubblicare
OPERE E/O INTERVENTI DI:
FILIPPO AVALLE, EUGENIO
BATTISTI, MIGUEL BERROCAL,
REMO BIANCO
ALFONSO CALDARELLI, ALIK
CAVALIERE, SERGIO DANGELO
GIOVANNI D'AGOSTINO, VINCENZO
FERRARI, PIERO GILARDI
ANGELA H. O'BRIEN, MAURICE
HENRY, ATTILIO MARCOLLI, ANTONIO
MASSARI
GALLIANO MAZZON, ADRIANO
PARISOT, ERNEST PIGNON
ERNEST
ANNE E PATRICK POIRIER, GIÒ
POMODORO, JEAN RAINE, AMILCARE
RAMBELLI
PIERRE RESTANY, GIANCARLO
SANGREGORIO, CLARA SCARAMPELLA
GIANNI SECOMANDI, FRANCESCO
SOMAINI
TEAM: ENZO ALBINI-MAURO GILARDI,
GIOVANNI VALENTINI, ARTURO
VERMI.
Che non si voglia in genere più raccontare ai bambini della loro
misteriosa nascita sotto una foglia di cavolo, parrebbe un assunto pedagogico
ormai diffuso e radicato nella nostra cultura. Eppure vi è qualcosa
in questa gentile menzogna che non dovrebbe andare perduto perché non
si venga definitivamente sopraffatti dalla nostra abitudine di essere "separati";
la nostra partecipazione al grande respiro di "Maya" è ormai relegata
alle profondità dell'inconscio e gode di libertà vigilata unicamente
nelle fantasie notturne. Il tema della genitura legata alla presenza del vegetale,
o al rapporto diretto (riproduttivo) con esso costituisce oggi solo una narrazione
folclorica che ha perduto nel tempo gran parte della originaria pregnanza.
Per comprenderne la vera portata e il senso simbolico bisogna compiere ricerche,
risalendo nel tempo a quei periodi della storia in cui la critica della conoscenza
non impediva la formazione dei simboli: quando questi, in qualità di
visioni, venivano vissuti quotidianamente come parte integrande della realtà
oggettiva. Una doppia tradizione è legata agli alberi dai frutti zoomorfi:
l'ornamentazione e la leggenda, canali paralleli e differenziati, ne costituiscono
il supporto. Il tema dell'albero della vita si pone all'inizio di entrambi
come immagine del "cosmo vivente" che si rigenera senza interruzione. Esistono
varie versioni arabe dell'VIII secolo, come riferisce J. Baltrusaitis, relative
ad alberi che producono esseri viventi. Una di queste narra di un meraviglioso
vegetale (Wak Wak) posto su una lontana isola: le sue fronde portano come
frutti le teste dei figli di Adamo che, al sorgere del sole e al tramonto,
cantano inni al creatore. Altrove viene riportato che i frutti sono costituiti
da corpi di donna interi mentre, nella relazione cinese di Tu Yu relativa
ad un suo soggiorno presso gli Arabi nel 751, sull'albero dalle foglie verdi
e i rami rossi sbocciava una folla di bambini; ridevano e si agitavano con
i corpi aderenti ai rami ma se venivano colti si seccavano e divenivano neri.
L'Oriente è ricco di piante che si confondono con la fauna ed è
questo il caso, per portare altri esempi, di alcuni melograni indù
che si diceva producessero uccelli multicolori o alberi i cui rami caduti
prendevano vita e strisciavano come serpenti. In altri casi è riferita
la condizione reciproca, ossia di animali che possono essere piantati come
legumi; è noto il racconto tartaro che dichiarava possibile far nascere
un agnello seminando in terra l'ombelico di una pecora. Nelle tradizioni tribali
primitive troviamo addirittura come una intera popolazione possa discendere
da una specie vegetale. E' suggestivo il mito indiano che narra di Sumati,
sposa del re Sagara di Ayodhya (contenuto nel Ramayana, poema epico
datato attorno al 300 a.C.) la quale partorì una zucca da cui in seguito
nacquero 60mila figli. Altre narrazioni relative a discendenze totemiche sono
riportate da Mircea Eliade come quella degli Antaivandrika, letteralmente
"dell'albero Vandrika" o degli Antaifasi (tribù del Madagascar come
la precedente) che dichiarano avere un banano per progenitore; molti altri
esempi li troviamo anche nel classico Totemismo di Frazer. Eliade sottolinea
la solidarietà intercorrente fra l'uomo e il vegetale espressa da questi
miti come "circuito continuo" fra vegetale (fonte di vita inesauribile) e
livello umano; gli uomini sono soltanto proiezioni emergenti della stessa
matrice vegetale. Dendromorfismo e antropomorfismo parrebbero diacronicamente
ben separati dall'atto della genitura ma dal punto di vista simbolico costituiscono,
per contro, due aspetti della medesima "natura". "Natura" si badi bene e non
"materia" come precisava Gerardus Dorneus nel suo De transmutationibus
metallorum (in Theatrum chemicum, 1602) a proposito della "pietra
filosofale" contemporaneamente vegetale, animale e minerale. Jung commenta
il passo di Dorneus assimilando la natura arcana della pietra a quella della
"spongia marina" che sanguina, o alla "mandragora" che urla, quando vengono
colte. Questa pietra in qualità di arbor philosophica cresce
anche e si sviluppa enigmaticamente (e qui ritorniamo al nodo fitoantropomorfico)
dal fallo di Adamo o dal capo di Eva come mostrano due immagini tipo, contenute
in un testo del XV secolo, riportate da Jung in Psicologia e alchimia.
L'universale e il particolare si sovrappongono nella "natura" alchemica, estesa
come quella platonica e comprendente in sé anche gli animalia
psichici: mitologemi e archetipi. Per Jung l'albero filosofico deve essere
concepito come "anthropos" o "Sé". L'albero come uomo è uno
dei capitoli finali del suo Der philosophische Baum e per quanto riguarda
l'albero di vita del Paradiso egli ricorda come una antica idea rabbinica
sostenga che questo sia un uomo. L'albero del mondo come altrimenti lo definisce
René Guénon ha un doppio aspetto eretto e rovesciato, quando
lo si osservi dall'alto piuttosto che dal basso ossia dal lato del principio
piuttosto che della manifestazione. Lo individua anche, convenendo con Jung,
nell'albero parlante che compare rovesciato nel XXII canto del Purgatorio
dantesco, di poco sotto il piano del Paradiso terrestre e rammenta la visione
di Platone (Timeo) dell'uomo come pianta celeste capovolta. L'albero
capovolto affonda le proprie radici nel cielo traendone origine e si sviluppa
stendendo i rami sulla terra intera come narrano anche le Upanishad
indiane o la dottrina esoterica ebraica contenuta nello Zohar. Guénon
traccia pure un interessante parallelo di omologia morfologico-simbolica,
avviandoci a nuovi livelli di lettura del tema, fra il monogramma costantiniano
e quello salomonico formato da due triangoli equilateri opposti (in esso i
due ternari sono esplicitamente l'uno l'immagine rovesciata dell'altro e si
compenetrano intrecciandosi), l'albero schematico che è costituito
(reversibilmente ai due estremi) da tre rami e tre radici e il Vajra buddista
(arma, fulmine, potenza ed entità propizia allo sviluppo della vita
vegetale. Ma la omologia morfologica segue anche un'altra strada nella storia
dell'uomo-pianta. La similitudine e il connettersi di elementi vegetali umani
è caratterizzata da intenti di analogia esemplificativa nel campo della
medicina come scrive l'Alciati (Emblemata cum commentariis, 1661) o
Julien Offroy de Lamettrie, irriducibile materialista, nel suo L'uomo macchina
del 1748. Che dire poi degli alberi genealogici o di Giuseppe Arcimboldi con
le sue allegoriche stagioni...? Michele Caldarelli
Ma forse questa è ormai tutt'altra storia come la vicenda della nascita
sotto il cavolo.