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Maria Luisa Barbera - antologia critica

 

Un foulard di seta...
Che bella persona! Viene da dire, pensando a quando si illumina tutta davanti a un pezzo di ferro aggrovigliato e arrugginito che deve fondersi nel vetro; "Ci devo pensare, devo sentire che cosa vuole da me!" e dopo un po' ci mostra tutto il suo stupore per un'unione ben riuscita dalla quale altre scoperte si possono fare. Ancora più bella, quando davanti a una "bruschetta" il mondo diventa semplice ma pieno di novità, tutte da vivere e da esprimere. O ancora quando racconta tutta la bellezza della nascita di un pezzo che magari ha portato avanti con tanta testardaggine anche quando non era come lei lo voleva.
Questa è Maria Luisa.
Il suo rapporto col vetro è vita dalla quale si sprigiona la forza della continua ricerca che si protrae continuamente perché c'è sempre qualcosa di nuovo per il quale stupirsi e stupirci.
E' sensazionale entrare in questo suo mondo fragile ma forte nello stesso tempo, pieno di ricercatezze che fanno preziosa anche la più piccola vibrazione che in esso è nascosto.
E nuova meraviglia quando come lievi tocchi di campane tibetane si snodano i pensieri nel chiacchierare libero da qualunque schema, dove solo il piacere sovrasta le paure di possibili incomprensioni e dove il volere essere insieme diventa l'unico punto centrale della voglia di viversi.
Tutto si fa fluido e scandito su una "erre" così tanto particolare e piacevole che diventa melodia, e che Maria Luisa riesce a intonare con perfetta armonia come le ricercate alchimie di colori raccontati nella forza delle sue fusioni.
Maria Luisa, un foulard di seta che ti avvolge e si colora di te, tingendoti di sé; e s'accende nel fervore di questo o quel parlare, con carezze taglienti di chi sente profondamente ogni alito che la circonda.
Un riecheggiare di note che lontane crescono per poi accavallarsi e trascinarti nello spazio irreale fatto solo di melodie e sensazioni, di trasparenze e fusioni, fino a farti entrare in punta di piedi all'interno di quelle opere: oltre l'opacità che protegge con fare materno petali di colore che manifestano tutta la loro naturale vivacità, fatta di linfa vitale da trasmettere.
E sono blocchi pesanti vissuti in un momento dopo l'altro che crescono e lievitano e che cinte da corone di spine raccontano il peso e il dolore del divenire, o divertenti vibrazioni di colore aggrappate a reti metalliche che attendono nel respiro del concepimento, ancora nel grembo materno, l'arrivo della nuova creatura.
Pronti e via! E sarà ancora un nuovo e fantastico viaggio alla ricerca del Graal, respirando in Parsifal l'energia dell'Assoluto nel miracolo della creazione.

Geremia Renzi e Lucia Rosano


Le opere di Maria Luisa Barbera sono il luogo del possibile, dell'attuabile: ove le potenzialità si sfogliano nelle infinite varianti tra cui si incastonano coesioni temerarie e talvolta anche sfacciatamente estroverse.
In esse vi è il coraggio, l'intraprendenza, il senso dell'osare sfidare i limiti, anche tecnici del materiale, nel rivelare armonie squisite tra estreme ed opposte condizioni di liscio/ruvido, trasparente/impermeabile, lucido/opaco, calore solare e rigidità metallica e così via. I cui infiniti contrasti diventano sollecitazioni irresistibili a divorarne ogni minimo particolare, ogni frammento di composizione che comunque rapisce occhi e mente, nell'amplesso dell'emozione: come se in ciascuna delle sue parti vi fossero struggenti arcani da scoprire, con avara e ingorda curiosità, per giungere alla conoscenza ed alla maggiore consapevolezza della natura (propria e altrui) a cui abbandonarsi, poi, appagati nel silenzio della contemplazione.
I vetri d'arte di Maria Luisa Barbera sono talmente partecipati, accorati, concitati che subitamente si fanno racconto coinvolgente d'intuizioni, di empatie in cui la femminilità prevale anche nei continui rimandi alla creatività incombente, alla genesi di energie prorompenti che fluiscono poi in concertazioni e ribollìo di stati interiori, in drammi e sconvolgimenti che in realtà ci guidano verso la generosa sincerità appassionata con cui l'artista crea - denudando se stessa - dichiarandosi quasi naufraga del proprio moto vitale di pensieri, colori e consistenza stessa del vetro.
Poi ancora: gli intensi e peculiari rossi rubino si inebriano di rossi cadmio e di caldi gialli; mentre la materia vitrea diviene carnosa di torsioni e di strappi al proprio interno. Il colore rimane denso, onirico, morbido, quasi bagnato, pur nell'integrazione dell'uno nell'altro, nel rapimento delle profondità provocate dai giochi di spessore e tonalità.
Il colore ora prende corpo e si fa scultura, in cui le voluminose trasparenze acquistano sembianze di portali e percorsi custodi di intensi e veementi segreti, urlanti pur nel silenzio e nella fermezza dell'opera stessa.
L'opera si trasforma in memoria vitale, senza tempo, in cui presente, passato e futuro si fondono nei medesimi strati di vetro e nell'essenza rivelatrice di quell'attimo, quel punto di contatto e trasporto che ci ha condotti e calamitati nelle trame della scoperta dell'ignoto e del profondo, navigando o naufragando tra superfici, luminosità, colori e terre inesplorate di pathos.
Così è anche per le opere che si compongono di una serie di vetri, in cui spesso si ascende tramite una scala di inquadrature, ai diversi stati di racconto intimo: scene o fotogrammi carpiti direttamente dal moto vorticoso dell'interiore e sospesi ed arrestati nel fermoimmagine-vetro. In alcuni casi lo scatto fotografico del sé coincide con l'allegorica complementarità di luna e sole, di amanti, racchiusa nella predominante simbologia del cerchio; in altri casi prende corpo una forma organica morbida con rimandi a profonde e silenti fasi della gestazione femminile, od ancora di conchiglie come scrigni, come corpo in cui si celi la culla della segretezza; in altri ancora la forma del vetro viene frammentata, resa quasi esplosiva sia per le linee spezzate ed appuntite del contorno, sia per effetto di numerosissime gocce in rilievo che amplificano la lucentezza del colore offrendo l'impressione di essere di fronte ad una cascata di diamanti.
L'opera in vetro diviene a tutti gli effetti lago e cellula del sé: sia che si manifesti in forme simboliche o figure geometriche, delineate da gocce di colore intenso, coagulati segni di energico territorio fluido e fertile alla vita; sia che si manifesti come luogo amniotico di trasparenza rarefatta nel pallore del giallo in cui rimangono sospesi e poi si immergono anche fili sottili di rame o ferro, linee che evidenziano la fragilità fluida di quel bacino che potrebbe in ogni istante incresparsi e cambiare stato; sia che la linea si insinui fino a diventare trama da scardinare nella preziosità di un manto tempestato di luce, di vetro, in cui si acuisce ancor più l'indagine del proprio moto interiore, lasciando che stilli di goccia in goccia verso l'infinito, il cielo, fino alla realtà contingente del presente.
Quindi viviamo il racconto anche del tempo, della mutevolezza, dello stato perenne di evoluzione, percorso sottile evidente anche nelle opere di maternità strappata: in questi brandelli di possibile vita squarciati, fermati nell'attimo della graffiante realtà del furto dilaniante. Vuoti, buchi, strappi, gestualità energiche sono l'apertura verso il mondo esterno, cordoni ombelicali carichi di comunicazione emotiva ed emozionante che conquista e tramite cui si è proiettati verso l'immersione nel magma della propria stessa condizione interiore.

Giuliana E. Lucchini


Materia, espressione e significati
Una formazione di tipo convenzionale non potrebbe risolversi nella personalità, né collimare con l'effettivo background di Maria Luisa Barbera, giunta all'arte da percorsi poco affollati. E' possibile che un prolungato interesse per il pensiero orientale, interesse sostenuto dalla tendenza all'introversione e al silenzio, abbia agevolato in lei una visione delle cose piuttosto particolare, sfociando in prodotti artistici di elevata interiorità e pregnanza. Significativo, e forse anche determinante, il fatto che ha visto Maria Luisa Barbera discepola di Shingai Tanaka, il grande maestro Zen di Kyoto. Ma servirebbe ben poco risalire alle cause scatenanti, ammesso che ve ne siano davvero: è tanto più facile identificare in quella urgenza per la qualità materica e nel fervore per le procedure rituali, la raggiunta pienezza nel linguaggio artistico di Maria Luisa Barbera.
Ma i meriti che le vanno attribuiti, sono anche dovuti ad una ragguardevole pertinacia che ha dato corpo ai suoi desideri e al bisogno privato per le sottigliezze. La Barbera ha chiaramente portato il concetto di esecuzione a livello di virtuosismo; eppure è una versione della manualità che, per quanto provocante, non si esaurisce nel semplice apparato tecnico. I suoi, risultano essere oggetti di contemplazione, di poesia, come lo è sempre l'arte raggiunta.
Nel corso del nostro incontro l'artista ha fornito le coordinate, la mappa infine, per entrare fiduciosamente in quel territorio, il suo, che ho trovato persuasivo, intenso, seducente e arcano, talvolta inquietante.
Ho poi avuto il sospetto che celasse quanto di meglio possiede, fra i valori che le sono propri. M'è sembrato che preferisse sottolineare la mera acquisizione delle tecniche espressive anziché soffermarsi sui contenuti più intimi, sulla magia delle forme che predilige, sulle brillanti evocazioni di liturgie dimenticate. Eppure è questo il punto: ultimamente ho preso a rivisitare, sia pure in termini allusivi, il mondo delle allegorie Tantriche; - Più che prevedibile - si potrebbe arguire - data la sua formazione intellettuale - Giusto! Luce e materia quindi, il gioco degli opposti, quello che tende a espandersi e ciò che invece si contrae, attrazione e repulsione, remoto e prossimo; tutto allo stesso tempo, come nel mistero delle congiunzioni. Si tratta, in tutta evidenza, di aspirazioni molto ampie che Maria Luisa Barbera persegue restituendo ai simboli le connotazioni pristine, e saturando di sapienze carnali la materia che adopera. Come fa il fuoco, l'alleato migliore di questa artista; il fuoco che amplifica il sentimento e agita quei settori del vivere più esposti alla consunzione e al rischio di paradisi illusori.
Non ricordo di avere mai visto il vetro assumere tanta passionalità ed espressione, e la ricerca caricarsi di altrettanta avventura. Ora non resta che attendere il seguito.

Ulrico S. Montefiore


…la fusione d'anima con il vetro…
Con la convinzione che l'arte abbia la necessità di essere vissuta e non catalogata o spiegata, qui intendo solo raccontare il mio incontro con le opere straordinarie di Maria Luisa Barbera, che sono particolarmente struggenti, travolgenti, passionali, calamitanti. Mi è capitato più volte di imbattermi nei suoi vetri fusi ed ogni volta mi rapisce gli occhi, anima, tatto, etc. tanto da non riuscire a distoglierne l'immagine, la sensazione, l'emozione anche dopo giorni e giorni da quell'incontro. La memoria sembra gioire come il fluire delle onde marine sulla sabbia, su quella stessa materia di silice che così maestralmente è fusa nel fuoco, fino a creare quel vetro delle opere di Maria Luisa. Materia ed opera che certo l'artista vive come un continuo manifestarsi del proprio intimo; così come l'opera va colpendo l'intimo dello spettatore. Si tratta di una comunicazione diretta: interiore con interiore. Estremamente accattivante, ma anche affascinantemente tormentata e conquassante in quanto il messaggio si deposita e trova terreno fertile al suo primo impatto, prima ancora che la mente possa razionalizzarne l'accadere.
Così colori intensi come i rossi rubino, i blu oltremare brillante, etc. si intrecciano e sconfinano in opachi e materici bianchi, o metalliche stratificazioni di forme lunari con gocce d'argento o linee di rame. Sculture come magma di stati interiori, ribollìo di pensieri nel manifestarsi della propria realtà invisibile ad occhio nudo, se non con il calarsi nella comprensione affettuosa dell'universo nascosto ed insito nel segreto della materia e dell'opera. Perché parlare di ribollìo? Perché il vetro è contraddittorio, o meglio, è luogo di coesione di un'infinità di posizioni od aspetti contrastanti, proprio come avviene nella persona. Il vetro è incanto, sogno, rapimento, tentazione… E' deciso, tagliente, rigoroso ma allo stesso tempo anche amabile, vellutato, sensibile, delicato. E' prorompente, espansivo, gustoso, accattivante, sincero, semplice, trasparente, ma profondo, stratificato, enigmatico, crudo e cruento, materico, magmatico, travagliato da pulsioni interne che offrono comunque l'elegante suggerimento del cruccio e quesito della vita: il mistero dell'esistenza.
Infatti, trasparenze allettanti si alternano a schermi e scudi che apparentemente sembrano distanziare o giocare mischiandosi ed aggrovigliandosi con l'intesa intima e diretta che si stabilisce subitamente con lo spettatore. Intesa ed interesse stimolati dall'irruenza sensuale ed accarezzevole dell'inondazione di colore-materia, tanto dominante da manifestarsi come entità, pensiero compiuto, come specifico messaggio di essenza presente. Ed ancora, pioggia di gocce e frammenti di luce in briciole di vetro che rallegrano il salto dalla forma del vetro al vuoto, al rimando allo spazio del quotidiano ed alla sfida che comporta la nostra presenza di persone con anima e corpo in balìa delle situazioni che i colori dell'anima forgiano in noi, proprio come Maria Luisa ha così coraggiosamente, espresso e denudato nelle proprie opere.

Giù E. Lucchini

 

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