Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo

Mio nonno era un cuoco
ovvero, l'esercizio della culinaria fra nostalgia e invenzione
il mangiar bene e il ben vivere secondo: artisti, cuochi, scrittori, poeti e pensatori...

 a cura di
Michele Caldarelli

mostra numero 745 - in progress dal 23 dicembre 2005

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MISSOLTINIANA
un incontro con Nani Tedeschi
di: Michele Caldarelli

intervista pubblicata in Veronelli EV nr. 86
dicembre 2005/gennaio 2006

Circa venti anni fa, a Como, conobbi per la prima volta Nani Tedeschi(*1), in occasione di una sua mostra in Omaggio a Paolo Giovio. Per l’esattezza è accaduto nel 1983 e, da allora un curioso legame sotterraneo, anzi subacqueo, è rimasto, fornendoci a tempi alterni l’occasione di risentirci. L’ultima deve essere stata per colpa del profumo arcano dei missoltini (agoni essiccati *2), tuttora relegati nell’immaginario culinario di Nani Tedeschi che ancora non li ha assaggiati, e della cultura ittiologica e letteraria che li relaziona al Lago di Como. L’Agone, in effetti, deriva dalla Cheppia (Alosa fallax nilotica) specie marina che ancora oggi risale il corso del Po per la deposizione delle uova e ai tempi era già giunta fino al nostro lago, dove qualche esemplare si stabilì. Benedetto Giovio, fratello del sopracitato Paolo, comasco doc d’epoca latina, li aveva notati, probabilmente assaggiati, e descritti: …Miriadi d’agoni pasce il Lario nei suoi abissi…Nani Tedeschi vive nella Bassa, dove è nato nel 1938, in una vecchia cascina fuori Reggio Emilia alla fine di una stradina che si conclude lì, nei campi, verso il Po, fra due canali non protetti dove la mia nevrosi di uomo inurbato teme ogni volta che la propria autovettura possa sprofondare. Ha abitudini poco mondane, rifugge l’automobile almeno quanto detesta il telefono. Si sposta malvolentieri dalla sua abitazione dove lavora indisturbato grazie ad un nero riesenschnauzer piuttosto aggressivo, alcuni schnauzer nani (non so quanti… aumentano sempre) che, coadiuvati da una pattuglia di gatti vivacissimi e uno stuolo di grossi pesci contornati da rumorosi batraci di varia specie, vigilano perennemente sulla sua privacy. E’ la moglie Manuela invece che puntualmente e pazientemente si presta all’uso dei sistemi di comunicazione (logistici e virtuali) o di trasporto della sua persona rendendolo presente fuori dalla quiete domestica, portandolo prossimamente anche a Como per una rimpatriata… Questa volta, finalmente, ad assaggiare i sospirati missoltini, in occasione della sua nuova mostra Un acquario latino,(*3) con la quale prende forma compiuta un’idea, nata più di un anno fa, quando con la naturalista Paola Iotti e un amico della Como Sub ragionavamo sulla possibilità di proporre una rassegna transdisciplinare incentrata sul tema della fauna ittica in generale, e di quella del Lario in particolare. Una parte consistente di coinvolgimento, va detto, la dobbiamo anche a Luigi Picchi, poeta e appassionato latinista, col quale abbiamo pensato di scavare nella cultura romana per trovare parametri di riferimento. Messe nella borsa le sue traduzioni commentate, di Ovidio, Ausonio e Benedetto Giovio, mi sono recato da Nani Tedeschi per verificare se, fra i molti disegni che sapevo da lui già prodotti e inerenti la vita acquatica, ce ne fosse qualcuno utile a comporre una mostra tematica a più voci. Il suo entusiasmo per l’idea mi ha spiazzato quando, dopo non molto tempo mi ha mostrato parecchie opere prodotte nel frattempo, ad hoc; ne è nata una mostra totalmente inedita di soli suoi disegni e collages.

L’incontro è avvenuto nell’ampia e accogliente cucina della casa di Nani Tedeschi e, una volta decisa la mostra, mentre cani e gatti schiacciavano un salutare pisolino, in modo del tutto naturale ma anche premeditato, abbiamo innestato sulle precedenti argomentazioni quella culinaria e abbiamo ampliato l’argomento missoltino

A proposito dei prodotti e della gastronomia della tua terra?
Quale rapporto intrattieni con essi?

Ho un rapporto splendido e non potrei averne diversamente, data la ricchezza dei nostri prodotti: dal formaggio, al vino, all'aceto balsamico e alle tante altre specialità per cui l'Emilia è famosa. Pensa solo al formaggio, al Parmigiano Reggiano, io sono convinto che la produzione migliore sia quella dell’area reggiana; noi fino al 1830 siamo stati sudditi del Ducato di Parma, da cui il nome, ma penso che il “reggiano” sia nato qui nella Val D’Enza. E' fatto con il latte di quelle vacche rosse, ormai mitiche, forse importate da qualche barbaro della Steppa Russa, una razza che poi si è diffusa nel tempo. Il nostro è un formaggio meraviglioso, il Boccaccio e il Petrarca se ne sono innamorati, e noi abbiamo la fortuna di continuare la tradizione perché nulla è cambiato nel tempo né la tecnica di allevamento delle vacche, né quella di produzione. La nostra rossa reggiana è una vacca eccezionale perché è da lavoro, da carne e da latte, anche se ne produce poco, ma io penso che la qualità sia importante.

Questa è un'epoca in cui il turismo sta individuando sempre più mete alternative e quelle eno-gastronomiche hanno reso molto più “appetibile” la tua terra…

Ma, sai, ci sono molte cose qui da noi che, anche se piccole, sono meravigliose… come il nostro nocino, ad esempio, che è un infuso di noci fresche, raccolte per la fiera di San Giovanni (che è il 24 giugno) poi lasciate in fusione per diverso tempo, dai 60 ai 90 giorni. Se ne ottiene un liquore digestivo ottimo… Io uso sempre il Nocino della Ca' de Noci che è la casa dei miei amici Masini qui verso la collina, proprio dove l'Ariosto andava a passeggiare, le prime alture di Reggio verso l'Appennino; lì le noci sono veramente fragranti.
Fra i dolci vorrei poi ricordare il “moretum”latino, una prelibatezza che entra nella ricetta della “spongata”, un dolce tipico della bassa, quella verso il Po, per intenderci, quella di Brescello, il paese di Don Camillo. Ha origini latine ed è una torta fatta con farina, noci, pinoli, uvetta e spezie varie, tutta ricoperta di zucchero a velo. Il “moretum”, da cui forse deriva il nome, è un poemetto di 123 versi circa, molto divertente, attribuito a Virgilio o a Settimio Severo, tradotto poi nel 1815 dal nostro Giacomo Leopardi. La “spongata”, in casa, si inizia a fare con le prime nebbie, per poi essere pronti ad offrirla agli ospiti a Natale, ma viene prodotta anche industrialmente fin dai primi dell'Ottocento. E poi, per passare ai vini, non si contano i premi ricevuti dai nostri, dal nostro Lambrusco, così carino e così educato, prodotto di questa nostra terra, questa pianura che sembra sempre abbracciare il sole, in un abbraccio terribile che ci cuoce tutti; Guareschi diceva che qui noi siamo tutti un po' suonati, perché il sole d'estate picchia come un martello, e saremmo nei guai se non avessimo questo lambrusco, di gradazione alcolica piuttosto bassa. Secondo alcuni è un vino non molto importante, ma in realtà è un vino per stare insieme, per parlare… non ti frega mica, non ti taglia le gambe.

Tu sei stato anche il testimonial di un vino…

Si, ho fatto molte esperienze da questo punto di vista, qui sei indotto a farlo, perché l'alimentazione si intreccia senz'altro alla storia dell'uomo: da ricordare è la creatura mitologica che ho disegnato per il “Lambrusco del Fojonco”, eccezionale vino delle Cantine Riunite - le nostre cooperative che sono l’asse portante della nostra storia - e si può dire che la cooperazione produce il vino migliore e lo fa con ampie garanzie ed è un prodotto sicuro. Si può trovare ancora il contadino che produce vino per conto suo; ma vi sono dei rischi, lo puoi scoprire buonissimo, come quello del Masini, o meno.

Che animale è il Fojonco?

Il Fojonco è una creatura, per certi versi simile al gufo reale, che vive di lambrusco e che lo scrittore Giuseppe Pederiali ha riscoperto tra gli animali fantastici provenienti dalla “fumana” la nebbia che dalle nostre parti sorge dal fondo della terra e la leggenda vuole sia stata creata da un angelo buono per salvare una verginella dal cavaliere cattivo che insidiava la sua virtù. Io la definisco invece “una pioggia quasi di stelle, che viene dalla luna” perché ha qualcosa di magico. Pensa che ci ha salvati dai barbari… arrivavano fin qui ma poi non vedevano niente e se ne ripartivano.
Ma per ritornare al Fojonco, io sono un tifoso del nostro Lambrusco Reggiano perché, se anche Modena produce il suo Lambrusco, a mio avviso la qualità migliore è la nostra. Questo vino accompagna benissimo i nostri piatti, i cappelletti ad esempio, ed anche qui c’è del contenzioso perché non si sa se sia stata prima Modena o Bologna a produrli. In realtà sembra che questo cappelletto sia nato dalla fantasia di un oste, al confine tra Modena e Bologna, che occhieggiando dal buco di una serratura vide un bellissimo ombelico di donna e a quello si ispirò. Un rito è poi costituito dal fatto che ogni casa ha la sua ricetta, e questo lo trovo affascinante, ogni famiglia ha il suo modo di prepararli come per i tortelli: la pasta è di regola sempre la medesima ma il ripieno è diverso: alcuni mettono certi pezzi di carne, altri non ce li mettono... Di base si fa uno stracotto di carni varie che poi fanno da base tradizionale; ma prepariamo anche i tortelli con il ripieno di ortiche che danno un sapore del tutto particolare. Le raccogliamo in grande quantità, ovviamente in zone non inquinate dove la nostra civiltà non è ancora arrivata ad imbrattare, perché una volta colte si riducono in modo incredibile e si usano solo le cime; dopo 20 minuti che sono state tagliate non pungono più e si possono lavorare. Questo da un'idea dei nostri piatti: i tortelli conditi con il nostro burro e il nostro formaggio accompagnato dal nostro Lambrusco è una delle cose migliori della vita e, se poi come antipasto hai servito un po' di prosciutto di Parma, un po' di “strolghino” salamino tenero che fanno con la carne di prosciutto…il paradiso diventa veramente più vicino.

La tua terra è anche la terra del fiume, del pesce… sei anche pescatore?

Non sono un pescatore, sono un amatore dei pesci e vado in giro con i pescatori perché con loro posso disegnare, loro non hanno la misura del tempo, già quando si accingono a preparare gli attrezzi per prima cosa annullano mentalmente la funzione dell'orologio e si basano sul sole. Ho iniziato ad andare a Po da ragazzino quando tentavamo di pescare con le nasse di vimini, i gobbi, le carpe grandi; ci si metteva la polentina di farina gialla con un po' di formaggio di modo che il profumo attirasse il pesce che restava imprigionato nella nassa, vivo. Toglievamo le nasse, per svuotarle, nella notte tra il giovedì e il venerdì e poi andavamo a vendere il pesce nelle case padronali… riuscivamo a catturare carpe di quattro cinque chili. Ma devo dire che in generale, riguardo a questo pesce, la nostra cucina non si è mai specializzata, tratta la carpa come il maiale o il coniglio benché ne faccia arrosti suntuosi. La carpa è tanto bella e simpatica, è antica, ti da il senso della saggezza quando la vedi che boccheggia, mentre la tinca è bellissima così verde, dorata, ma sta sempre sul fondo, si nasconde ed è sempre un po’ istericuzza. Invece la carpa è serena, è come un vecchio filosofo, un Buddha che tu incontri tra le canne. Ma ora i tempi sono cambiati, una volta si pescavano anche molte anguille che ora non ci sono più perché nelle nostre acque, a fare piazza pulita, è arrivato questo onnivoro che è il pesce siluro. Sulla natura dei pesci e sul loro habitat abbiamo spesso ragionato con il mio amico ittiologo Giovanni Magnanini da Ca’ del Bosco che cura acquari e allevamenti di pesce in tutto il mondo e mi ha introdotto agli studi naturalistici quando dovevo realizzare i miei disegni. Benedetto Giovio diceva che ci sono tanti pesci nell'acqua quanti uccelli in aria, ed è vero, anche se poi ci siamo impoveriti.. Da noi, di autoctono ci è rimasta la trota perché dall'Appennino viene giù questa acqua molto pulita; più in giù, sul versante mantovano puoi trovare il luccio che, in salsa, è uno dei pesci migliori che io abbia mai mangiato anche se Ausonio lo ritiene un pesce di infimo ordine adatto solo alle osterie più basse.
Amo veramente i pesci e dietro casa ho una buca, che ostentatamente chiamo laghetto, di cui sono innamorato, pieno di colori. Vi ho immesso pure le Carpe del Giappone anche se, lo ammetto, è una cosa un po’ nefanda… ma i loro colori mi affascinano sempre; in certe mattine, quando sono tutte a galla formano degli arcobaleni straordinari, poi in inverno tutto si assopisce perché vanno quasi in letargo e allora ci metto quattro o cinque trote ed ecco che il laghetto rimane vivo tutta la stagione perché la trota è sempre sveglia, aggressiva, fa dei salti incredibili, sempre in competizione con i miei cani. All’inizio vi avevo immesso anche lo storione, questo animale che viene dalla preistoria, ma è lento e solenne e il mio cane pensa che stia male e fa in fretta a catturarlo; ogni tanto me ne trovo qualcuno in giro per il giardino, stecchito come un baccalà.
Ah, il baccalà! Altro piatto della Bassa che viene dal Nord… tradizionalmente si cucinava il venerdì per rispettare il giorno di magro, anche se alcuni teologi avveduti andavano dicendo che non era poi una grande penitenza mangiare questo gustoso piatto, fritto o in umido. Quando sono stato in Portogallo per me è stato un trionfo di vita scoprire che hanno ben 365 modi diversi di cucinare il baccalà, anche se comunque preferisco mangiare il mio perché ogni terra ha un palato, un sapore. Ad esempio, il gusto nel nostro baccalà è più repubblicano, quello veneto è più ecclesiastico...

…Il passo, dal baccalà allo stoccafisso, ai missoltini, potremmo concludere, è stato breve e ci siamo infine accomiatati dandoci appuntamento per il prossimo abbondante assaggio di questi ultimi e non solo…

(*1) Nani Tedeschi nato nella Bassa nel 1938, vive e lavora, in quel di Pratofontana - dove Reggio si sgretola verso il Po. Laureato in medicina ma, da molto tempo prima, artista, ha sviluppato numerose tematiche: gli animali, le conchiglie e la zoologia fantastica, la Ferrari, lo sport, (per primo il ciclismo) la rivisitazione dell’anatomia classica greca, le carte da gioco, l’indagine su tantissimi personaggi: da Giuseppe Rossetti a Mahler, Chaplin, Mandela, Verdi, Brigitte Bardot, Pasolini, Nietzsche, Ligabue, Nenni, Prampolini... Giovanni XXIII. Fra i volumi illustrati ricordiamo poi: Orlando Furioso, Eneide, Baldus, Satira V dell’Ariosto, Dizionario di sesso amore e voluttà, Storia di uno di noi, Garibaldi a Milano, Tre uomini in Po, L’Elogio della Zucca, la Certosa di Stendhal. Sintetizzando il suo estesissimo curriculum: è stato invitato nel 1972 alla XXXVI Biennale di Venezia, ha esposto a Nevers, Vienna, Hannover, Berlino, Tokio, New York. Ha tenuto personali al Palazzo dei Diamanti e al Castello Estense di Ferrara, alla Galleria d’arte moderna di Modena, a Palazzo Braschi di Roma, al Castello Sforzesco di Milano, a Savona, ad Otranto ed a Sassari. Nel 1987 a New York e a Tokio, poi a San Paolo del Brasile, al Museo Ferrari di Maranello. Ha collaborato, pubblicandovi suoi disegni, con il Corriere della Sera, il Giornale Nuovo, il Sole 24 ore, Mille libri, la Rai. Sono del 2005 Il mio Cervantes: 100 tavole per il 400° anniversario della pubblicazione del primo libro del Don Chisciotte ad Albacete – Spagna e Un Acquario Latino un incontro sulle rive del Lario con la fauna di lago, di fiume (e di mare), introdotto da un excursus nella letteratura latina di Luigi Picchi e alcune argomentazioni ittiologiche di Paola Iotti e Vanessa Vaio.

(*2) Missoltini piatto tipico del Lago di Como documentato fin dal 1600. Si tratta di una ricetta molto semplice a base di Agoni essiccati, salati e pressati a tutt’oggi ancora con metodi tradizionali.
Gli agoni, pescati nel mese di maggio, quando si trasferiscono per deporre le loro uova in acque limpide, vengono eviscerati e posti a strati con sale marino per circa 24 ore; successivamente, dopo essere stati risciacquati in acqua corrente, vengono destinati al processo di essicazione all'aperto, su impianti tradizionali, detti sfilze, per circa 5 giorni. Terminato questo processo, vengono pressati, distesi a strati con qualche foglia di alloro in contenitori di metallo chiusi con un coperchio di legno, detti missolte. Ponendo queste sotto pressione incrementata progressivamente, i grassi in eccesso vengono eliminati lentamente, mentre lo strato di liquido oleoso che affiora e copre il coperchio preserva il pesce da contaminazioni. I missoltini si possono consumare da settembre ma la migliore qualità di maturazione si apprezza da dicembre e da un chilo di pesce fresco si ottengono circa 400 grammi di prodotto finito. Questa è la ricetta: per evitare che secchino eccessivamente in cottura, i missoltini vengono grigliati brevemente su brace di legna: conservando consistenza rossa e morbida. Appena cotti si condiscono con aceto servendoli con polenta fumante.

(*3) Un Acquario Latino, mostra a cura di Michele Caldarelli di opere inedite di Nani Tedeschi.

Un incontro sulle rive del Lario con la fauna di lago, di fiume (e di mare) introdotto da un excursus nella letteratura latina di Luigi Picchi e alcune argomentazioni ittiologiche di Paola Iotti e Vanessa Vaio.
Dal 19 novembre al 15 dicembre 2005 presso la Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - 22100 Como – Italia www.caldarelli.it - miccal@caldarelli.it tel. 031303670

Durante la mostra si sono tenuti tre incontri interdisciplinari:
Giovedì 24 novembre alle ore 17 Paola Iotti e Vanessa Vaio dell’associazione Proteus con il coinvolgimento della Como Sub hanno patrlato della fauna ittica del Lago di Como con proiezione multimediale.
Sabato 3 dicembre alle ore 17 Orazio Sala della Famiglia Comasca ha parlato del pesce nella cultura e nell’etimologia dialettale del lago.
Giovedì 15 dicembre alle ore 17 Nichi Stefi della casa editrice Veronelli ha parlato del pesce nella gastronomia lariana.

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