Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo

Mio nonno era un cuoco
ovvero, l'esercizio della culinaria fra nostalgia e invenzione
il mangiar bene e il ben vivere secondo: artisti, cuochi, scrittori, poeti e pensatori...

 a cura di
Michele Caldarelli

mostra numero 745 - in progress dal 23 dicembre 2005

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SULLE ORME DELLA NATURA
un incontro con Beatrice Cazzaniga
di: Michele Caldarelli

intervista pubblicata in Veronelli EV nr. 88
aprile/maggio 2006

Arretrando con la memoria fra i ricordi di alcuni decenni or sono, mi è capitato di assimilare l’estensione della campagna brianzola con qualcosa di sproporzionatamente più ampio. Da piccoli tutto sembra più grande, largo e alto di quanto non lo sia in realtà ed è così che reincontrando Beatrice Cazzaniga, mi sono immaginato una sovrapposizione visionaria della nostra pianura con la pampa argentina. Periodicamente, con migrazioni veloci, da un emisfero all’altro, Beatrice abbandona la calura del Tropico del Capricorno per reimmergersi nelle nebbie della campagna lombarda e poi, altrettando velocemente, ripercorrere il volo in senso opposto. Certo, l’uso delle linee aeree facilita il tutto e dà alle sue visite carattere di normalità anche se, a dire il vero, ogni sua comparsa sulla mia soglia si permea ogni volta di sorpresa. Non una telefonata che l’annunci, non una lettera o una moderna e-mail... niente da fare, ogni anno come un inaspettato cambiamento di stagione, o meglio, come un vento carico di elettricità, eccola quì, piena di progetti, di racconti e di ricordi, contemporaneamente libera come l’aria nel pensiero e legata alla sua doppia terra col cuore, tanto che sembra portarne sempre una manciata nelle tasche. Beatrice, nata a Barlassina (Milano) nel 1940, si trasferisce a dieci anni a Salta, nell’Argentina del nord. Il padre, di professione intagliatore, su incarico del Collegio Salesiano, in collaborazione con l’Università Nazionale di Tucumán doveva, proprio lì, organizzare il laboratorio di intaglio del legno della scuola “Arte y Oficios”. Ora Beatrice risiede a Yerba Buena vicino a Tucumán, (non lontano dal confine con la Bolivia, dove gli zuccherifici trasformano la canna in golosa granella ambrata) ed è docente del dipartimento d’arte della locale università e da una decina d’anni è impegnata in un ampio programma di rivalutazione, recupero e restauro di opere di importanza storica, con particolare attenzione per la scultura integrata nel paesaggio. Suoi interessi fondamentali sono l’espressione artistica (lei stessa è scultrice ampiamente conosciuta e apprezzata di qua e di la dell’oceano) e l’indagine storica come interpretazione e analisi di quell’energia che partendo dalla terra costituisce fondamento della natura e dell’uomo in tutte le possibili espressioni.

La cittadinanza di Barlassina, stimando il suo lavoro e volendo onorare i suoi meriti, col patrocinio del Consolato Argentino di Milano e della Università di Tucumán, ha organizzato nel mese di febbraio un’ampia rassegna di sue sculture ed è per questo che... eccola qui, mentre dal cielo cade la neve!

<“Oggi per me è una giornata particolare perché nevica in modo straordinario facendomi ricordare la mia infanzia lombarda; quasi mi pare impossibile di essere partita due giorni fa dall'Argentina dove convivevo con 40 gradi all'ombra e una percentuale altissima di umidità. Abito nel nord del mio grande paese di adozione, in zona subtropicale dove non c'è una grande differenziazione delle stagioni, abbiamo una lunga estate e un inverno breve con la temperatura che raramente scende sotto lo zero, al massimo pochi giorni.
La mia città, che si trova in un punto strategico del territorio, è attraversata da un fiume (ora un canale) che si chiama Camino del Perù perché lungo questo sono arrivati i conquistatori Inca.” Sono in Argentina dal 1950 ma credo di non essermi ancora abituata al clima che mi ha portato a cambiare, fra i modi di vita, anche la mia alimentazione; mangiamo molta carne alla griglia e molta verdura, insalate poco condite e molti spinaci, coste. Di queste ne abbiamo di molti tipi come anche di piante aromatiche forti come il tomillo e la curcuma che viene dalla Bolivia e usiamo al posto dello zafferano.
Io spesso rientro a casa portando delle sementi italiane, che sono migliori, più selezionate, resistenti con il risultato che grazie al terreno fertile ottengo zucche, pomodori più saporiti, mi crescono piante di cicoria fino a 50 cm. quando normalmente arriva a 10, in questo modo posso coltivarmi la rucola e cucinare all'italiana anche se so bene che il riso non è uguale, l'acqua stessa non è uguale. Quando mia sorella viene a trovarmi dall’Italia, mi spertico nel cucinarle il riso alla milanese nel tentativo di farla sentire a proprio agio, ma lei lamenta regolarmente la mancata corrispondenza del sapore con le sue aspettative, la sua abitudine degustativa.”

Beatrice coltiva dunque un suo piccolo orto? La immagino mentre lo fa con passione, fra una lezione universitaria, una sessione di restauro o la realizzazione di una scultura.

“Si, ma va detto che è una abitudine prettamente italiana e tutta mia, poiché gli argentini amano di più il giardino. Ho iniziato l'orto per esigenza perché non avevo negozi vicino a casa, ora abbiamo supermercati dove poter fare comodamente la spesa ma io continuo a curarlo e prepararmi tante insalate miste. L'asado cioè la carne alla brace accompagnata con le mie verdure combinate in modo speciale mi hanno reso famosa tra le mie amiche.
Anche la carne differisce da quella italiana, non solo per la qualità data dal tipo di allevamento dei bovini che rende famosa l’Argentina, ma anche per il taglio e la cottura: usiamo grossi pezzi cucinati al sangue, anche se in genere io, da brava italiana, la preferisco un po' più cotta. Più o meno tutti da quelle parti dispongono di una griglia per cucinare all’aperto evitando di affumicare la casa. Churrasco, il taglio di carne più alto, e bife sono le nostre bistecche, le parti più comunemente usate, ma si fa praticamente quasi tutto alla brace, anche le interiora, reni, cuore e fegato, senza spezie, come pure le mammelle e una speciale trippa, intrecciata con cura per favorirne la giusta cottura... non consumiamo però solo manzo ma, in alternativa o assieme, anche maiale, pollo (generalmente marinato con limone o arancio) e coniglio che però è poco apprezzato.
Comune è ugualmente l’uso del matambre, ricavato da quella parte che ricopre la pancia della bestia, che si prepara ripieno con formaggio, verdure e uova, arrotolato o cucito come una tasca. Deve essere lasciato a macerare per qualche ora prima di cucinarlo perché è rivestito sopra e sotto di una pellicina dura che va ammorbidita. Poi il tutto viene affettato anche freddo. Laggiù il clima è tale che porta a cucinare se si può, come si e detto, tutto sulla brace all'aperto e quando il sole è già tramontato da un pezzo; a volte nei fine settimana in estate si cena anche alle undici, mezzanotte con gli amici, e poi si sta in compagnia fino alle tre e quattro del mattino. Quando fa tanto caldo cucinare a mezzogiorno è impossibile. D'inverno è già diverso, mangiamo pasta e riso, tante verdure, mentre io, da brava italiana faccio anche la polenta e le lenticchie. L’empanada è un nutriente primo piatto molto comune costituito da una carne tagliata fine fine, avvolta in una specie di piadina di pasta, fritta o cotta al forno, non dimenticando che nella farcitura è fondamentale inserire del peperoncino piccante oppure il pimentón, un grosso peperone rosso che viene fatto asciugare all'aria e al sole; dà profumo, sapore e colore ma non è forte. Le empanadas si fanno anche con uova, patate e aceitunas cioè olive. Tutta l'Argentina mangia empanadas, ma ogni regione ha la sua specialità, nella zona di Córdoba le addolciscono con uvette, da noi si fa molto semplice senza patate, con carne e cebolla verde, un tipo di cipolla novella allungata come un porro, che ha molte foglie verdi e dona alle pietanze grande sapore.
Fra i piatti di cultura popolare del nord Argentina, ricorderei il locro, una specie di minestra di legumi secchi vari, principalmente fagioli e garbanzo lasciati in ammollo dal giorno prima, zucca e mais, poi cucinati con carne di manzo, di maiale, nervetti, trippa tagliata sottile sottile. E’ un piatto completo adatto a chi vive sull'altipiano dove le nostre ricette si mischiano un po' con quelle della cucina boliviana. A Jujuy, caratterizzata dal paesaggio straordinario della Purmamarca segnato da montagne dai colori straordinari a 400 km da Salta, si situa l'ultima provincia della regione dove il 30 % della popolazione è boliviana e si trovano quasi 200 tipi di patate diverse, che loro disidratano per poterle usare in inverno; coltivano anche la quinoa, una specie di cereale, usato già dagli Incas, con cui fanno una minestra molto nutriente
In Bolivia e sull'altipiano, dove si trova il lago Titicaca, coltivano solo quello perché a 3000 metri di altezza, il clima è quello che è. A Jujuy si sale da Tucumán, dove ne contiamo 900, si passa da Salta (l200) per arrivare fino a 1400. Da Jujuy in due ore sei poi a 3000 metri dove, per cento chilometri dell’altipiano boliviano, è ancora territorio argentino, poi si entra in Bolivia. Ma bisogna attrezzarsi perché quando ci vai la macchina si apuna, si blocca perché non c'è abbastanza ossigeno per la combustione della benzina. Se il mezzo non è stato adattato per poter variare i livelli di carburazione del motore, si arriva fino a una certa quota e poi si deve cambiar automobile.
A Tucumán, che è un centro mercantile di distribuzione verso le altre provincie, risentiamo molto anche dell'influsso di Buenos Aires e se al nord è diffuso il locro, nella zona di Tucumán sono più comuni los tamales, con mais giallo e las humitas, con mais bianco. Si grattuggiano le pannocchie a mano, devono essere fresche con chicchi morbidi, non troppo secchi, che contengano ancora quel loro liquido che sembra latte... si forma un impasto farcito con carne di maiale, si arrotola nelle foglie della pannocchia stessa e infine si cuoce facendolo bollire in acqua.
In generale amiamo le cose semplici, i prodotti della terra sono già molto saporiti naturalmente e non usiamo molti condimenti quanto piuttosto, e in abbondanza, le erbe aromatiche. Per primo il tomillo, il timo seguito dalla cucurma o il peperone. La terra è straordinaria, tutto è più forte, profumato, saporito... nel mio orto ho tanto romero, il rosmarino, l'albaca, il basilico e vari tipi di Yerba Buena che è un tipo di timo misto a menta. 

E il vino? Qui da noi, in Italia, si sta sviluppando il turismo enologico... Cosa accade in Argentina? So che se Beatrice è una brava cuoca e “contadina” è vero anche che suo marito è un gran cultore del vino e ogni tanto viaggia con lei “con un secondo fine”.

 “Noi abbiamo una gran produzione di vini soprattutto a Cafayate tra Salta e Tucumán nelle vallate Calchaquíes, zone abitate un tempo dagli indios Diaguitas-Calchaquíes, quelli, per intenderci, incontrati dagli spagnoli quando sono arrivati qui. La valle è bassa ma ci sono pure vini bianchi Torrontés che hanno un sapore particolare perché le viti vengono piantate a 2700 metri, tra la vegetazione selvaggia, e si ottiene un vino forte profumato che non si aneja non si fa invecchiare. Il Camino del vino che va da Cafayate, dalle Valle Calchaquíes, lungo la Cordigliera, a La Rioja, passando poi per San Juan, Mendoza, fino a Rio Negro, è lungo quasi 800 chilometri. Percorrendolo si possono vedere ampie vallate coltivate, tutt’attorno alle poche case protette da olmi o salici, e trovare cantine dove degustare e comprare i vari tipi di vino, oltre a formaggi di capra e di vacca. E una zona in via di sviluppo per favorire l'esportazione dei nostri vini. Molte aziende sono anche gestite con investimenti di ditte straniere, fra le quali non mancano le italiane, nel coltivare Cabernet, Sauvignon, Chardonnay, Merlot, Chablis, Malbec, Borgogna, Pinot e Tannat.

 

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