Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo
Mutfried Thurau
Il colore delle nuvole

 Il colore delle nuvole

Da che mondo è mondo l'uomo si confronta con il cielo e i fenomeni atmosferici visto che il clima con le sue diversità è sempre stato un aspetto fondante del suo rapportarsi con l'ambiente. Dall'uomo primitivo ad oggi molto è cambiato anche se, effetto serra, inquinamento e sconsiderato uso del territorio, quotidianamente, ci prospettano effetti indesiderati, devastanti e scenari futuribili non certo dei più rassicuranti. Il tempo atmosferico porta in sé equilibri e disequilibri di forze contrastanti in costante movimento di ascesa e ricaduta tra cielo e terra: la stessa contrapposizione di equilibri di forme, di confronto, di contrasti di colore e movimenti di linee, si ritrovano nei lavori a collage di Mutfried Thurau, tecnica che l'artista riscopre all'inizio degli anni novanta affascinato dai lavori di Henri Matisse. Il collage diventa congeniale perché permette di "costruire" un quadro, piuttosto che dipingerlo; lo stesso Matisse sosteneva che "le forbici possono acquistare una sensibilità al tracciato maggiore di quella del carboncino o della matita". Nel collage sono la sintesi tra linea e colore a dar vita alla forma e a quest'ultima l'artista riserva un attento studio, accuratezza, esperienza e nessuna fretta. Qualità naturali in Mutfried Thurau che con pacatezza, eleganza ed ironia compone, su fondi monocromatici, paesaggi che stilisticamente attingono alla scuola del Bauhaus per coerenza, esattezza ed essenzialità. Ad una prima osservazione appaiono essenziali nelle forme, familiari nella scelta dei materiali, emotivamente di forte impatto per l'esuberanza dei colori che creano volumi e profondità prospettiche. In realtà sono visioni, per lo più notturne, di un continente sconosciuto in equilibrio tra razionalità e fantasia, costruite su una ideale linea d'orizzonte o disposte su scansioni regolari di una carta topografica indispensabile per avventurarsi in un paese inesplorato avendo a disposizione solo poche indicazioni frammentarie (una linea tratteggiata, un breve tratto di strada, frecce direzionali o linee altimetriche....) E' come se scrutando attraverso un cannocchiale ci trovassimo ad individuare isole lontane che si specchiano in mari di calma assoluta in notti di luna piena cariche di presagi; oppure morbidi promontori che languidamente degradano in acque da cui si alzano onde dalla forma di inconsueti segni calligrafici; o ancora colline dalle sinuose forme come grandi labbra di donna rivolte ad un cielo quasi siderale....... Un mondo fantastico può avere solo cieli fantastici spazzati da raffiche impetuose o ventilati da leggere brezze che muovono bandiere di carta velina e sospingono nuvole dalle strane forme.... Sono cirri che assomigliano a bizzarri esseri a forma di petalo, di goccia, di fiammella... mandati da una divinità furbetta e ingannevole a prendersi gioco di noi; sono strati e cumuli composti con brandelli di quotidiani, strappi di notizie o rendiconti dalle pagine finanziarie... quotazioni di borsa, previsioni di vendite e di reddito trattate come previsioni meteorologiche, indicative a volte di tali burrasche e situazioni talmente pericolose da dover richiedere di imbrigliare le nuvole con funi saldamente a terra o al cielo! Così come dallo studio delle nuvole si fanno previsioni climatiche allo stesso modo Mutfried Thurau dalle sue nuvole di carta trae previsioni, presagi di un mondo messo a rischio dal potere del denaro e dall'insensatezza dell'uomo.

Rosabianca Mascetti, maggio 2006

Fondi Neri

Per me la presente mostra alla galleria Il Salotto di Como è anche un ritorno. Nel 1977, proprio vent'anni fa, esponevo nella precedente sede della stessa galleria alcuni lavori con il titolo "L'ultimo prato", con un testo di Enrico Bellati.
Preoccupato dal continuo sacrificio di spazi verdi nelle aree metropolitane, dipingevo decine di migliaia di fili d'erba e, dopo Como, portai questi quadri anche a Milano per un'altra personale alla Galleria Vismara. Convintomi però definitivamente che la pittura non era per me il mezzo di espressione più idoneo, sviluppando sempre di più la mia attività di designer industriale, mi imposi un lungo "silenzio artistico".
Solo nel 1992 ritrovai il collage, un modo per "costruire" un quadro piuttosto di dipingerlo! Con questa tecnica iniziai a creare una lunga serie di circa 300 opere, prevalentemente sul fondo nero, come visioni notturne, con tanti elementi colorati e allegri, ma anche con ritagli di giornali divenuti nuvole oppure portatori di messaggi dolorosi, con mostriciattoli e mostri, sempre presenti nella natura umana e nella storia e particolarmente risultati mortali negli anni neri di questo secolo.

Mutfried Thurau, ottobre 1997

Thurau, ovvero l’elegante angoscia

Se ogni epoca storica è segnata da una cultura che la riassume, chi verrà dopo di noi, -  e chissà in quale mondo si troverà a vivere, - parlerà dei nostri tempi come dei tempi marcati dalla cuItura della produzione. L’idea dell’Uomo o l’idea della Ragione hanno ceduto il mondo a una nuova filosofia:
quella della ottimalizzazione, della programmazione, dell’intervento sull’uomo o sulla natura, affinché l’antico sogno di potere dell’uomo si realizzi, riducendo realtà e futuro in forme prevedibili. Più che in una filosofia, siamo entrati nella religiosità priva di confini di un medioevo tecnologico, in cui ancora una volta l’uomo si annulla nel misticismo delle forme che crea.
Queste sono le premesse necessarie per una decodificazione della pittura di Mutfried Thurau. La riduzione dei simboli o dei personaggi della realtà (sia essa quella del mondo esterno o dell’inconscio) a puri segni essenziali, l’eleganza e il calcolo formale costruiti all’interno di una geometria estetica apparentemente armoniosa, non devono trarre in inganno. Nelle immagini di Thurau, l’accuratezza formale portata al più squisito livello di cultura consumistica, accusa e formalizza la distruzione del mondo umano, - paesaggi o sogni. Un personaggio misterioso (anch’esso ridotto a segno, una serie di cerchi rossi-bianchi concentrici deformati in variabili polimorfismi), contamina con la sua insidia mortale una natura portata alla perfezione della convenzione estetica dalle brillanti fantasie dei colori acrilici. In breve, nelle eleganti angoscie di Thurau, si anticipa il dramma finale: la distruzione della natura ed in essa dell’idea dell’uomo.
Progressivamente, con un ritmo musicale assurdamente melodico, assistiamo alle estreme variazioni sulla distruzione de l’ultimo prato.
E’ l’arrivo della notte, per progressivi gradi di inquinamento che non è solo ecologico. Perché la notte che sta inghiottendo l’ultimo prato, - ricordo postumo di una natura felice ultima a morire, - cancella un paradiso terrestre già significativamente disabitato.

E. Bellati, gennaio 1977
per la mostra L'ultimo prato

L'ultimo prato

Solo da alcuni anni l’uomo si rende conto del pericolo che rappresentano la moderna tecnologia, la sempre crescente industrializzazione, per la natura. Anche se l’uomo, da quando esiste, ha sempre vissuto in conflitto con la natura, solo ora il suo intervento è diventato una minaccia mortale per la vita sulla terra. Sterminata la maggior parte degli animali, ora vediamo in grande pericolo ambienti vitali, la fauna, i fondi marini.
La minaccia che rappresenta l’intervento dell’homo sapiens sulla natura è il tema di questa piccola mostra, intitolata L’ultimo prato.

M.Thurau - gennaio 1977
per la mostra L'ultimo prato

Paesaggio

 

Mutfried Thurau è nato a Kònigsberg (Prussia Orientale) nel 1933: 1933-1953, ventennio contrassegnato dalle funeste vicende del totalitarismo dittatoriale, dai tragici eventi bellici, dallo sconcertante coma dell’immediato dopoguerra. 1933-1953, vent’anni, che per Thurau sono i primi della sua esistenza: li trascorre nella Germania settentrionale dove la superba natura del Mar Baltico e del Mare del Nord si contrappone alla violenta empietà umana e finisce col prevalere benignamente tra le sue esperienze giovanili. per tramutarsi in filo conduttore della sua intima sopravvivenza rivelandosi poi nell’espressione naturalistica delle sue opere. In cui: “si avvale di elementi allegorici, di comparazioni, di virtuosismi dipinti a forti tinte ove predominano il rosso, il verde, l’azzurro, il giallo. I disegni sono notevoli per capacità allusiva e per tecnica originale. Cerchietti solari, bianco-azzurri, che rammentano i dischi totemici delle popolazioni villanoviane; nuvolette sagomate in bianco-rosso, idillicamente sospese sul mare o rapite dal vento in un paesaggio attimale irrorato di calde sensualità; onde, cavalloni a frange e sbuffi marini che suscitano increspature e risacche armoniche come tante evanescenze floreali, arricchiscono l’opera dell’artista. Talvolta lo spazio è tagliato, segmentato, ornato di bagliori, di strisce verd’azzurre, di campi di grano, di motivi essenziali sempre intuiti come proiezioni cosmiche, gas siderali, strati geologici, lampi e nubi di vapore in rapido movimento. E’ dunque onnipresente nell’opera del pittore la sua matrice candida, che si riaggancia al mito plutonico della terra. Giuocano essenze atmosferiche negli spazi e riflettono con singolare luccichio di colori la segnaletica spaziale, le ombre ecologiche che incombono sulle società e le iridescenze dei pomi magici d’oro immessi nei primi piani”

Antonino de Bono
(Stralcio dal catalogo della personale di Thurau alla Galleria Avanguardia 2, Milano
- in D’Ars nr. 76/77 1975 p.212)

 

 

 

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