Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo
Salvador Presta
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Argentina - pittura giovane

“Questi giovani pittori non pensano abbastanza; si conformano a sentire e l’espressione moderna non sorgerà dalla pura contemplazione ma dalla discriminazione intelligente di una realtà che si presenta in vesti ingannevoli. Una delle poche tele che si salvano da questo biasimo appartiene a Salvador Presta. i rimanenti, alcuni migliori e altri peggiori, seguono vie note aspettando ancora che il miracolo si produca nel contatto della punta del pennello con la tela”.
Jorge Romero Brest
(“Ver y estimar” n. 20)



“...mi intratterrò su alcune opere le quali, per le loro qualità e ispirazione, meritavano migliore fortuna. Citerò in primo luogo ‘‘cammino” di Juan Del Prete, che rivela un intenso colorista, dopo un olio di Fortunato Lacamera “Strada della boca”, dipinto con stupenda delicatezza, e “Fiori” di Salvador Presta, pittore della nuova promozione che lavora con toni ricchi e sonori...”
DalI”intervista a Lucio Fontana”
(“La Razon” 3 luglio 1945)



“salvador presta giovane pittore, promessa per il futuro dell’arte argentina”
Julio Payrò
(rivista “Qué” febbraio 1947)



“salvador presta che esibisce oli accesi di vibranti ricchezze”.
M.Mujica Làinez
(“La Nacion”, 26agosto 1950)



“discepolo di Marcos Tiglio, di Adolfo De Ferrari e di Roberto Rossi, formatosi, di conseguenza, dentro una severa disciplina pittorica, Salvador Presta fu, all’inizio, un promettente pittore figurativo, ma l’inquietudine indagatrice del suo spirito lo attrasse, subito, verso il campo delle investigazioni plastiche più audaci, partecipò, perciò, ai movimenti d’avanguardia del nostro paese dalle prime tappe dell’apparizione, tra noi, delle tendenze non figurative. Integrò, dall’inizio, il gruppo d’arte Madi, della cui rivista fu anche segretario, pittore e scultore, Salvador Presta ha realizzato, da allora, un lavoro sostenuto, ricco di indizi e esperienze e animato da propositi essenzialmente investigatori e inventori, la sua duplice condizione di scultore e di pittore - cioè di creatore di forme nello spazio e intenditore sensibile del colore - si fa visibile, in maniera molto parti colare, nelle sue ultime realizzazioni. La liberazione degli elementi costitutivi dell’opera d’arte dalle sue obiezioni tradizionali è, con ogni evidenza, uno dei principali scopi della sua volontà creatrice, Presta non solo si rassegna a comporre d’accordo con il più decisivo criterio antitradizionale, ma anche abolisce nelle sue opere pittoriche la sottomissione al regime del piano, della bidimensionalità per incorporare a codesto piano la presenza concreta del volume. Le sue esperienze, in questo senso, sono assolutamente personali e i suoi risultati indubbiamente significativi ma, nonostante la validità delle sue realizzazioni, indiscutibilmente positiva di questo giovane artista è la sua inquietudine indagatrice, investigatrice, creatrice, una volontà di esplorazione e di ricerca che lo colloca, in modo permanente, in un terreno le cui possibilità moltiplicano le sue impareggiabili doti artistiche: la sua fantasia, la sua sensibilità e la sua vigorosa facoltà creatrice”.
Córdova Iturburu
(“Arte argentino actual” anno 1960)


Italia - studi sulla serenità

La luce, Salvador Presta non la cerca ma la trova, anche ora che nel suo studio a piano terra filtra solo la bambagia milanese appena sterilizzata dalla luce elettrica, invece di lavorare come gli altri sotto la luce, presta opera dentro la luce.
Con la sensibilità del radar, i suoi quadri trasformano in movimento la minima luminosità atmosferica e in suono ogni ombra metallica prodotta da quei laminatoi a caldo che so no le lampade.
A Buenos Aires, nel suo studio in cima al grattacielo, l’aria color granata invita a parlare di cuadros pintados con un pincel de Iuz.
La visibilità prefabbricata di Milano costringe ora presta a rendere pio rigorosi i suoi strumenti di poesia. Ovunque però la sua opera, passata e recente, continua a trovare lo zenit della comunicazione.
Argentino di origine italiana, Presta guarda il mondo con occhi caldi e lo pensa a freddo, quando due anni fa venne in Italia decise che il suo passato era da ricominciare, qui, da noi. Milano è interessante come Parigi, dice, è stimolante, dietro di lui, vent’anni di attività artistica intimamente legati alla storia dell’arte argentina contemporanea. Per un artista il passato comincia sempre domani, ma per gli altri la sua storia va sgranata come un romanzo a puntate. vent’anni di lavoro, dunque, punteggiati di opere, di ricerche, di successi, di premi, di rischi. Giovanissimo, Presta è già nella mischia. nel ‘46 espone con Hlito e Tomas Maldonado quel concretismo che la buona gente prende per una revolucion divertente come un carnevale, nella sua ricerca domina l’influenza di Mondrian, ma è gia presente in lui quell’inquieta vitalità che lo porterà più tardi ad integrare il limbo del neo plasticismo con la visione pragmatista dei costruttivisti. Intanto, il movimento Madi occupa di sé la prima metà degli anni cinquanta, sperimentando autonome espressioni nazionali, attirando l’interesse internazionale, con l’arte Madì, Presta espone a New York, in Europa e a Firenze nel ‘55. E i suoi interessi, sempre più vasti, oltrepassano presto questa esperienza, il pittore-scultore-grafico-pubblicista, come lo definiscono le biografie e i libri sull’arte argentina, si fa artista completo dando la preminenza al pensiero. Per maturarlo intraprende un lungo viaggio in Europa.
Nel ‘59 rappresenta l’argentina alla prima Biennale di Parigi. Nello stesso anno, egli fonda il movimento d’integrazione plastica Arte Constructivo-arquitectural. E’ l’araba fenice della sintesi delle arti: qui non più inseguita dall’architetto, ma dal costruttore geometrico.
Attorno a Presta, un folto gruppo di artisti alterna alla creazione la ricerca teorica sulla base delle grandi esperienze del secolo: la Bauhaus, i Tatlin, i Mies Van der Rohe, le nuove geometrie. Presta dirige il movimento dalle pagine di Realizaciones, rivista da lui creata nel ‘60, e le sue sculture plastico sonore, con musiche di Cantamessa, esemplificano l’indagine costruttiva-architetturale acutamente illustrata dai suoi articoli, ma non basta. nella situazione argentina avverte la mancanza di una puntuale analisi storica, per rimediarvi, scrive e pubblica Arte Argentino Actual, primo studio critico sulla nuova generazione artistica del suo paese. Due edizioni esaurite in poche settimane, un successo che apre la strada a nuovi interventi, ad altri libri, nel lavoro di Presta c’è l’annuncio del ruolo sempre più attivo assunto nella scena internazionale dall’Argentina e coronato con il premio della biennale a Julio Le Parc. E siamo all’attualità di oggi.
Cinetismo, percettivismo, effetti spaziali, sono altrettanti fenomeni riscontrabili nell’ultima opera di Presta, nella quale però intervengono più come qualità accidentali, sebbene attivamente controllate dall’artista, che non come tema fondamentale, domina piuttosto il problema del rapporto con l’ambiente. oltre che con la luce, questi quadri agiscono in relazione con lo spazio e con lo scorrere del tempo. Su fondi bianchi presta applica “trame” bianche, creando una sottile intercapedine di luci ed ombre atta a fornire una continua interazione con l’ambiente, alla struttura concreta si sovrappongono strutture illusorie: vibrazioni, sonorità, organizzazione metrica, è questa illusorietà, fonte di poesia, che vieta una lettura troppo tecnica e specialistica dell’opera.
Presta non s’abbandona alla pura sensibilità del “bianco su bianco” di Malevic, ne si limita ad indagare la fisiologia della visione.
I suoi lavori - esposti alle galleria Apollinaire nel ‘66 e presenti in tutte le collettive di arte programmata - sono studi sulla serenità. Aspirano all’ordine cosmico ma per introdurlo nell’habitat umano, in questo equilibrio è infine la posizione dell’uomo davanti alla creazione che essi illuminano di riflesso.
Tommaso Trini
(Domus n. 450, maggio 1967)



Intermittenze cromatiche come traccia di luce tessuta

Dietro le forme luminose dei dipinti di Salvador Presta si cela una volontà di riappropriazione che non descrive ma trasfigura, urta, frantuma, usa tutte le libertà della sperimentazione e dell’invenzione.
la seducente, fragile, dolcezza dei colori di queste pitture non va confusa con una proposta di solarità effimera.
I dipinti di Salvador Presta non hanno la falsa evidenza dell’ovvietà, pur aspirando a una stabilità disorientante.
A fondamento di questa spiritualità, legata da intrecci e trame sottili che possono essere decifrate soltanto da percettori consapevoli, risulta il proposito di rinnovare i para metri del concretismo ortodosso e del costruttivismo lirico internazionale,
dopo una breve esperienza espressionistica e cubista, condotta ancora a Buenos Aires fra il 1940 e il 1946, Salvador Presta inizia nel 1948 a dicotomizzare paesaggi e oggetti per estrarne forme infigurate. Ne nascono equilibri e confronti di piani dove il colore si dispone in violenti contrasti di luce e ombra. nel 1952 partecipa alle attività del movimento Madì che a Buenos Aires propone soluzioni cromo- formali paracostruttiviste.
Datano del 1954 i suoi primi rilievi elementaristi che lo avvicinano all’olandese Joost Baljeu, superando le aporie Madì (contrazione di materialismo dialettico) di un giustapporre forme neutre in spazi gratuitamente sagomati e permettendogli di situare e risolvere problematiche strutturali metastabili.
Lasciando l’Argentina nel 1965, Presta individua nuove realtà percettive sino a pervenire a uno strutturalismo di luce riflessa, interdisposta da schermi ortogonali serializzati. Saranno queste “strutture variabili’’ a collocare l’opera di Presta fra le esperienze più autonome del cinevisualismo internazionale.
Si trattava, ormai, di programmare il modulo strutturale come veicolo di luce rifratta nel ruolo protagonista dell’evento plastico orchestrato in tempi-frequenze alternate, virtualmente enucleanti.
Così Presta prenderà in considerazione diverse scale di spazio-tempo le cui tipologie possono differire in modo essenziale.
Ora dipinge tele di formato ovale, trapezoidale, circolare, con rientranze, peripli, prolungamenti strutturali del tutto insoliti e talvolta aberranti.
Un modo per depassare il tradizionale dipinto di cavalletto, per affrancarsi dalla superficie regolare deputata alla pinacoteca o al salotto borghese.
Un modo di incrementare la differenziazione biologica e sociale del suo agire con il colore.
Anche il principio di sequenzialità che determina la costante formale dei dipinti di Salvador Presta è caratterizzato dalla straordinaria riduzione delle dimensioni e delle esigenze energetiche delle componenti elementari e del parallelismo strutturale delle sue organizzazioni cromescenti.
Nelle apparentemente monocordi sequenze cesurate dei dipinti di Presta è contenuto il linguaggio e la grammatica della vita e delle sue interazioni con l’ambiente.
Qui assistiamo a una frammentazione dell’immaginario che si ripartisce in tessere uniformali animate da colori pulsanti, talvolta preziosistici ma non fatui.
Presta fa di un sogno un progetto che reintroduce la rivoluzione nella storia.
In queste superfici irregolari lo spazio, dal quale scompaiono leggi e necessità, è reso qualitativo e ogni metamorfosi si svolge in rispondenza al bisogno di sorpresa, di novità, di un vichiano incredibile possibile.
Presta non si limita a una attività combinatoria, semplicemente giustapponendo delle segmentazioni uniformali a itinerario parallelo, obliquo, oppure ortogonale, ma ne comprende anche l’alterazione, la crescita e la decrescita, la generazione e la corruzione dei movimenti qualitativi.
L’aura fiabesca dei dipinti di Presta si svolge, talvolta, su superfici anomale e asimmetriche con propagazioni e riflessioni del movimento ritmico secondo schemi ondulatori espansivi per cui ogni sequenza cromatica appare percorsa da serie multiple di vibrazioni armoniche.
I tagli rientranti e i trafori a sagomatura regolare, liberamente disposti lungo il perimetro esterno delle tele a supporto del dipinto, possono sembrare antitesi della struttura e della sistematicità percettiva dell’opera.
Per Presta costituiscono, invece, una emancipazione dal solenne e dall’oppressione uniformale per una variabilità ambientale innaturale e diversamente segnaletica.
Sequenze cromatiche che gradualmente si materializzano di luce tessuta.
Presta porta il colore a livello di sogno e del sogno fa realtà festosa e fastosa.
Il dipingere dell’immigrato da Buenos Aires è caratterizzato da una tensione espressiva che si attua in un gioco di corrispondenze assai stretto tra i vari aspetti che in esse sono distinguibili.
Il gusto della brevità qui diventa tecnica della concisione nella costruzione formale e spessore dei mutamenti semantici operati da Salvador Presta.
Le preferenze accordate a determinati tipi di intervallo si intrecciano e si compongono vettorialmente.
La progressione concettuale si è fatta segnaletica progressione formale secondo un ritmo che non potrebbe essere più regolare e proprio nella regolarità di questo ritmo si può riconoscere la chiarezza con cui opera Presta, traducendo in precisi valori spaziotemporali il senso fondamentale della certezza e della fede che lo anima.
L’occulto motivo estetico della sensazione che genera il finito dall’infinito, per isolare e autenticare i valori nella loro purezza lineare, permette a Presta di costruire ineffabili verificatori di luce tessuta.
Le sequenze formali, a percorso equidistanziato, dei dipinti di Presta sono totalità prima di essere misura e successione. La pittura di questo operatore cromoplastico italoargentino propone una extralogica del tutto verificabile, una vigilata rivalutazione dell’emozionale che il concretismo e il cinevisualismo avevano annullato per superare il conflitto tra logos e patos.
La sintesi espressiva di Presta si realizza a due a tre dimensioni: pitture su tela e cromostrutture di metallo trattato a smalti policromi.
Attraverso queste due possibilità comunicazionali, Presta promuove la coessenzialità di spazio e di tempo legati, ovviamente, alla corporeità e al sensus sui.
Presta dà la precedenza alla qualità, facendo della misura la qualità della quantità.
Nell’ambito di un costante movimento inerziale le relazioni base e quelle derivate si sostengono a vicenda come complessa traduzione simultanea del percepito progredendo verso un ordinamento semplificatore, verso una esemplare sintesi unitaria dove il colore si promuove atmosfera gravitazionale di esaltata festosità. Qui le leggi dell’intervallo sottostanno a una semplificazione ordinatrice e a una unificazione della molteplicità del dato.
In termini semiologici la pittura di Presta, come le sue recenti cromostrutture cesurate di corpi elementari in equilibrio spaziale aleatorio, sono combinatorie e metalogiche. In questa ricerca ininterrotta di forme semplici e costanti alle quali si possono ricondurre tutta la ricchissima molteplicità spaziale e temporale di strutture minimali, Presta si coinvolge pienamente costruendo l’armatura della totalità dell’esistente e introducendo nella corrente del divenire direzioni polisemiche.
La conferma empirica di una forma non può garantirne anche la validità ontologica, mentre Salvador Presta intende affermare uno spazio visivo neutro, contrapposto al suo contenuto.
Non è vuota arte combinatoria di logistica ascendenza ma si tratta di condensazione gravitazionale del colore formato come traccia del continuo.
Sequenze enigmatiche di determinazioni quantitative di forme elementari come punti di connessione spirituale di una tipologia visiva evoluzionistica.
Metamorfosi all’interno di un campo ottico metastabile per accertare l’assoluto irraggiungibile.
Queste forme fuggevoli, dove il finito tende all’infinito, si illuminano di fiabesca, primaverile, cromescenza. uno stato di mescolanza. di accelerazione e di inerzia del campo ottico che prelude al plenilunio di una strana e opprimente bellezza.
Costellazioni di forme segmentate, sottili e flautate, che nascono dal silenzio con tutte le ambiguità che ne conseguono. Mondi miraggi come reiterazioni frammentate che ritmano la luce.
Una schiera ordinata di attimi pulsanti che orientano alla felicità e alla perfezione senza atteggiamenti estetizzanti o soluzioni leziose o altezzose.
Questa azione cromoplastica è una incessante tensione verso lo stato della coscienza che si svolge con lucida consapevolezza autoqualificante.
Mentre la teoresi dei vertici diafani e degli anfratti oscuri dell’irrazionale pare allontanare dall’inoggettivita costruita, l’opera di presta ne è la più felice e ricca assertrice.
Carlo Belloli
Milano, ottobre 1989



L’arte di Salvador Presta

Difficile raccogliere in un intervento di respiro per necessità limitato come questo un arco di lavoro cronologicamente così ampio, dai primi anni settanta a oggi, che Salvador Presta ha voluto riunire per l’occasione, complesso render conto della costanza e del mutamento che l’opera ha assunto nelle sue diverse stagioni, soprattutto legate, e sarà questo un nodo non indifferente del discorso, alla varietà dei materiali e dei linguaggi utilizzati, dalla bidimensione della pittura alla tridimensionalità della scultura, all’oggetto da parete o da soffitto, e questo nella sostanzia le invarianza del percorso espressivo.
Problema singolare se vogliamo, quello di potere con facilità entrare nel merito dell’illusorietà della tridimensione che la pittura per definizione contrae, anche quando dichiara la propria incapacità a “illustrare” ma eventualmente a ostendere l’ombra e la luce sulla superficie, ma anche nel volume, e quindi nel movimento, nel complesso gioco legato alla lettura dell’oggetto nelle facce reali della profondità, o infine nella situazione ambigua di un rilievo vincolato alla parete, quando l’oggetto, se pure risponde ai criteri dello spazio, nello stesso tempo denuncia la propria appartenenza, o la propria dipendenza dalla parate che lo ospita e ne determina la collocazione.
Si vuol sottolineare del lavoro di Presta questa abilità a migrare da questo a quel linguaggio, in sintonia con le esperienze più avanzate o coraggiose dell’arte contemporanea... d’altra parte la cornice, i limiti dell’oggetto e l’articolazione del suo interno sono i poli dialettici su cui, nella diversità degli esiti, Presta gioca la sua vicenda espressiva in quanto nulla di sicuro, di a priori è dato: non esistono tabelle cromatiche, anche le più sofisticate, come non esistono forme assunte precedentemente rispetto all’opera. Proprio il filo, disegnato nel reticolo, in ferro o in plexiglass, che delimita il campo e unisce e singole figure del discorso, aggrega e trattiene secondo le logiche dalla composizione graduale, da questa a quella soglia, spesso con un andamento ciclico, un immaginario cerchio che concettualmente unisce inizio e fine del racconto, il legame fisico ma anche virtuale e mentale propone e sostiene l’architettura dell’oggetto e la sua fisionomia, l’estemporanea associazione di sequenza scalari disciplinate dalla variazione cromatica. Il ragionamento verte allora intorno al contorno e alla figura, sapendo che in questo modo, con queste parole di fatto distinguiamo quanto Presta tende invece ad associare, a connettere nella varietà delle soluzioni proposte; ma se la parola può dire una cosa per volta, l’immagine invece conosce una lettura complessiva e una lettura discrezionata, ravvicinata e analitica delle sue parti con un effetto dialettico che lo strumento verbale non conosce se non per allusione.
Protagonisti del lavoro sono quindi il tutto e la parti: la figura perimetrale, se vogliamo l’ingombro e il perimetro dell’oggetto che in questi anni Presta ha inseguito, è assolutamente variabile, dall’ellisse dei reticoli monocromi dei primi anni settanta alla figura standard del quadrato in cui viene però impegnato l’esercizio della pittura a mano libera in una significativa gara fra inadeguatezza alla precisione del pennello e esattezza della figura risultante, alla diversificata sagomatura del supporto, una figura piena in questo frangente in cui Presta riprende l’esperienze Madì già frequentata in Argentina, alla soluzione della struttura in ferro che, sfondo o reticolo, costituisce il supporto necessario, a volte con funzione vicaria a volte con quella protagonista, nei confronti della serie cromatica, all’abbassamento del suo impatto visivo con l’impiego del perspex e del filo di nylon delle opere più recenti, in cui la struttura di contorno costituisce una sorta di spettro essenziale per la comprensione del tutto.
Si assiste in altri termini a una sorta di relazione dialettica fra la sostanziale “chiusura” della serie cromatica, dei quadrati come dei cubi, un esaurimento solo apparente ma capace di una forte coesione fra i diversi elementi per il limitato intervallo cromatico esistente, e all’opposto la forte tensione dinamica, nella soluzione di un disequilibrio, di una allusione alla forma in movimento o alla sua provvisorietà nel campo contenente o nella struttura portante.
Alberto Veca
Milano, febbraio 1992

 

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