da: "LA LUNA" 1933 di ALFONSO FRESA (pagina a cura di Michele Caldarelli.)

Alfonso
Fresa, laureato
nel 1926 presso l'Istituto Navale di Napoli, iniziò la carriera
scientifica, nel 1927. La sua attività scientifica ha
riguardato soprattutto la cartografia e fisica lunare dando alle
stampe il volume La
Luna (Milano, Hoepli, 1933), conquistandosi la stima del mondo
scientifico internazionale. Divenne,
dal 1961 al 1963, presidente della International Lunar Association.
Si occupò di divulgazione astronomica e di questioni attinenti
alla cronologia ed al calendario.
Riportiamo
uno stralcio del suo libro "La Luna" ma non della parte
scientifica che suggeriamo, al lettore di questa pagina, di
consultare sul libro stesso presente in moltissime biblioteche e
pubblicato in più edizioni. La
parte di cui ci occupiamo qui è quella più curiosa, "lunatica"
nel riportare le cialtronerie letterarie
CAPITOLO
XIII
da:
LE
INCOGNITE DELLA LUNA
Nel
parlare del movimento di rotazione della Luna intorno al proprio
asse, al principio del Cap. II si è dimostrata la causa per cui il
nostro satellite ci presenta sempre la stessa faccia. Risultando
invisibile l'emisfero opposto, nulla dipreciso si può formulare
sulla sua conformazione topografica, quantunque gli utopisti abbiano
inventato,sulla natura di esso, delle teorie molto singolari; avendo
supposto persino che l'emisfero in d i scussione debba presentare una
superfìcie concava. Riscontriamo
questo nello scrittore spagnuolo DON LORENZO ERVAS Y PANDURO quando
parla della fine del mondo, essendo convinto che questa generale
disgrazia verrebbe causata da un semplice voltafaccia del nostro
satellite. Facendo, infatti, la Luna un mezzo giro intorno al suo
asse, essa verrebbe a presentare alla Terra la parte opposta,
supposta concava, la quale agendo da specchio ustorio concentrerebbe
sul nostro pianeta i raggi del Sole, bruciando in tal modo ogni cosa. Tale
idea non poteva scaturire solo che dalla mente di qualche utopista. È
inutile stare a dimostrare l'infondatezza di tale ipotesi. Per
il fenomeno delle librazioni (pag. 33) è possibile vedere più della
metà dell'intera superficie della Luna: se si potesse osservarla dal
centro della Terra, noi vedremmo 569 parti su 1000, ma in realtà
dalla superficie del nostro pianeta noi discerniamo qualche cosa di
più (576 parti), vale a dire, su 38 milioni di chilometri quadrati
dell'intera superficie lunare ben 22 milioni se ne presentano ai
nostri occhi. Per
quanto siano fallaci le ipotesi concernenti la faccia opposta della
Luna, si può sempre congetturare che questa non debba essere
sostanzialmente difforme da quella che da lungo tempo ci riflette i
raggi del Sole. [...] Il
problema dell'abitabilità del nostro satellite, se poteva essere
giustificato in altri tempi, dopo la scoperta del cannocchiale e la
spiegazione di quasi tutti i fenomeni della Luna, è stato, se non
abbandonato del tutto, messo da parte dagli studiosi. I
Pitagorici, per quanto riporta PLUTARCO, ammettevano nella Luna —
oltre alle montagne ed ai mari — animali, piante e persino uomini
organizzati come gli abitanti della Terra. [...] Ma
l'indegno mistificatore dei risultati della spedizione Herschel al
Capo di Buona Speranza, riusciva a scoprire, unicamente colla sua
fantasia, pianure coltivate e vegetali variamente rappresentati,
compresi gli abitanti, distinti in Vespertilli, Androseleniti e
Castori. La
memoria, piena di particolari esposti con sottigliezza produsse una
grande eco in tutto il mondo, anche perchè GIOVANNI HERSCHEL era
degno continuatore della fama di suo padre GUGLIELMO. Essa fu
tradotta in diverse lingue ed in Italia venne pubblicata a Milano e a
Napoli.
Nel
primo e nel secondo frammento l'autore si sofferma su divagazioni
astronomiche, facendo anche qualche considerazione di carattere
selenografico. Nel
terzo frammento va avidamente alla ricerca della «creatura
intelligente» e trova «creature degne di essere sceverate per le
forme e consuetudi niloro»; queste, come è stato già detto, furono
classificate in Seleniti, Vespertilli e Castori, dei quali dà una
descrizione somatica particolareggiata. Nella descrizione che fa tra
le prime due specie abbiamo un esempio molto evidente. «Il
suo angolo facciale non è tanto sviluppato quanto quello del
Selenite. La sua testa è piatta, il suo collo sottile e lungo; e se
diamo un'occhiata all'apparenza fisiognomica in generale, la
troveremo ben lungi dal presentare quei segni di dominio, che sono
l'appannaggio della razza selenitica propriamente detta». Il
castoro anch'esso bipede «offre grandissima analogia col castoro
terrestre: ed anche con esso lo si confonderebbe, se non camminasse
sui due piedi, se più piccolo fosse, e se il Creatore dato non gli
avesse due braccia per eseguir la parte ch'egli esercita
nell'industria lunare». Nella
memoria si parla anche delle abitazioni le quali più che case sono
«abituri di forma spesso ottagona o conica, capaci di contenere da
duecento a trecento individui. Tali abitazioni sono talora separate
fra loro da larghi spazi sparsi di alberi...» sotto i quali gruppi
di Seleniti fanciulli furono visti sollazzarsi, sorvegliati da un
Vespertillo. Fu
scoperto finalmente che «il Vespertillo era lo schiavo del Selenite.
Noi vedemmo Vespertilli lavorare nelle terre, non mai i Seleniti.
Questi ultimi esercitavano su di essi una certa sorveglianza, non
individualmente ma aggruppati in comitati ambulanti. Da
ciò concludemmo che la proprietà delle terre poteva essere in
comune». Intanto
i Seleniti si dilettano di caccia, e di pesca; e poiché si servono
esclusivamente delle dita per pescare il più delle volte vengono
morsi. «Malgrado la nostra umanità noi fummo ben contenti un giorno
che ciò accadesse a un pescatore da noi per molto tempo osservato, e
la cui immagine nettissima si delineava sul nostro obbiettivo.
Infatti noi andammo debitori a tale accidente della scoperta che il
sangue dell'uomo lunare rosso non è come il nostro, ma d'un bianco
latteo: la larghezza della ferita ne fé versare tal quantità, da
toglierci ogni dubbio su tal proposito». E
poiché la guerra non è sconosciuta lassù, feroci mischie avvengono
tra Vespertilli e Seleniti, colla differenza però che «se accadeva
che un Selenite soccombesse tosto i Vespertilli eran sopra al corpo,
facendolo a pezzi, ciò che ne lasciò presumere che essi erano
andro-selenifagi ». Più avanti figura la descrizione di un
cannibalesco banchetto. Invece
i Seleniti (che rappresentano la razza più civile) sono amanti della
danza e della musica: «l'orchestra componevasi, oltre le voci, di
due istrumenti formati ognuno di undici canne che ponevan capo ad un
tamburo o serbatoio comune aperto allasommità. Undici sonatori
applicati alle bocche di questa canna ci parvero soffiarvi entro con
violenza». Non
volendo tirarla troppo per le lunghe basta solo accennare che con
altrettanta esposizione di particolari, nel quinto frammento, si
parla delle Cerimonie nuziali; e dei Culti e religioni nel settimo;
mentre nel sesto frammento l'argomento sulle abitazioni è ampiamente
sviscerato, oltre ad un'accurata descrizione di particolari nelle
decorazioni. [...]
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