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COSMOGONIE
il grande mistero dell’universo esplorato da
PAOLO BARLUSCONI
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LA GENESI DELL’UNIVERSO
di Luigi Viazzo

LEGGENDE DEL CONTINENTE AMERICANO
di Luigi Viazzo


 

LA GENESI DELL'UNIVERSO

La teoria più accreditata sulla nascita dell’universo si richiama ad un termine in lingua inglese la cui traduzione da immediatamente l’idea del fenomeno che è oggetto dello studio di fisici ed astronomi: “la grande esplosione” - il Big-Bang – che diede il via all’evoluzione del cosmo.
Prima del Big-Bang non vi erano né lo spazio né il tempo, la cui esistenza iniziò nel preciso istante in cui avvenne la grande esplosione.
Questa domanda, in realtà, sembra sfociare nella metafisica, in quanto l’universo cominciò la sua esistenza solo dopo il Big-Bang e da quel momento iniziò ad espandersi, creando lo spazio e facendo scorrere il tempo. L’espansione dell’universo – come dimostrò l’astronomo statunitense Edwin Hubble – può fornire la risposta ad un’altra domanda di grande interesse, ovvero sulla sua età che, secondo recenti stime,  si aggirerebbe intorno ai 15 miliardi di anni. La valutazione è stata effettuata misurando la distanza delle galassie più lontane osservabili con i telescopi più potenti.
Per comprendere la situazione precedente al Big-Bang è necessario ricollegarsi alla cosiddetta teoria dell’universo inflazionario.
Il punto di partenza è la fisica delle particelle elementari che permette di studiare il super microcosmo ad altissima temperatura precedente il Big-Bang dove erano presenti particelle subatomiche in condizioni di alta energia. Secondo teorie presentate nel corso degli anni ‘80 il “supermicro universo” – dal raggio nullo - si sarebbe espanso, alla nascita, in maniera vertiginosa ed avrebbe aumentato il suo volume di svariati miliardi di volte in una piccolissima frazione di secondo. La presenza di un “vuoto ad alta energia”, precedente al Big-Bang avrebbe permesso questa incredibile espansione.
Secondo la teoria dell’universo inflazionario il cosmo fu soggetto a un’improvvisa espansione ad opera di questa energia del vuoto.
Nella frazione di secondo successiva al Big-Bang si verificarono grandi cambiamenti. L’universo si espanse rapidamente da dimensioni infinitesime a qualche centimetro, grazie alla già ricordata “inflazione” - dall’inglese inflation ossia gonfiamento. Questa espansione produsse una quantità di energia radiante e di particolari particelle elementari, come i “quark” e gli “antiquark”. La sua temperatura era a quel punto era ancora milioni di volte più calda di quanto sia oggi il nucleo del Sole (circa 15 milioni di gradi centigradi) e solo successivamente, continuando la propria espansione, iniziò a raffreddarsi. Nel primo secondo dopo il Big-Bang, la temperatura si ridusse a 10 milioni di gradi centigradi e in quella fase l’universo era dominato da radiazioni e particelle leggere, come gli elettroni e le loro antiparticelle, detti positroni.
Quando le particelle di materia e di antimateria si incontrano, si distruggono reciprocamente - in gergo tecnico si annichiliscono - e producono in questo modo una certa quantità di energia. Questo fenomeno si verificò anche alla nascita dell’universo, ma la quantità di materia doveva essere superiore in quanto oggi costituisce il cosmo, dove l’antimateria è praticamente assente.
Il prodotto di questo annichilimento furono energia e particelle elementari quali i neutrini.
Trascorsi circa due minuti dal “grande botto” i protoni e i neutroni cominciarono a combinarsi tra loro, dando origine a nuclei di elio.
Dopo questa nascita “pirotecnica”, non si verificarono significativi mutamenti nel corso dei successivi 300.000 anni.
Il costante raffreddamento dell’universo raggiunse una temperatura di soli 3300° C - sulla superficie del Sole si registrano circa 5000° C - che permise agli elettroni di legarsi ai nuclei di idrogeno ed elio per dare origine ai primi atomi.
A quel punto la materia cominciò ad addensarsi, sotto la spinta della forza di gravità e così, circa un miliardo di anni più tardi, le prime stelle e galassie si formarono.
La radiazione emessa dall’universo primordiale, denominata come “radiazione cosmica di fondo” fu scoperta nel 1964 e costituisce la migliore prova della teoria del Big-Bang. È in pratica l’eco di quella grande esplosione giunto fino ai giorni nostri.
La radiazione, che possedeva una quantità di energia enorme, ora che la temperatura dell’universo è scesa a 270° C sotto lo zero, e divenuta naturalmente molto più debole.

 


 

LEGGENDE DEL CONTINENTE AMERICANO

Nelle culture dei nativi americani, oltre ai miti legati alle singole costellazioni, risultano davvero interessanti le cosmogonie, ossia le concezioni con cui venivano spiegate l’origine e la struttura dell’universo. Per gli abitanti del ‘Nuovo Mondo’ l’universo era composto dal firmamento, dalla Terra (che costituiva il centro del creato) ed il mondo dell’oltretomba. Gli astri erano considerati degli esseri viventi che facevano da tramite fra il cielo e le creature viventi. Le stelle influenzavano la vita quotidiana, ma, a loro volta, erano influenzati dagli uomini. Al centro dell’universo dei Navajo vi era l’hogan, la casa di famiglia. I progenitori di questo popolo, secondo le leggende, erano giunti, attraverso uno strettissimo passaggio, nel nostro mondo dopo averne visitati altri tre. Giunti sulla TERRA, così bella per la tanta luce che la illuminava, avevano qui fissato la loro dimora definitiva. Per quanto riguarda, invece, la struttura del cosmo, il dio dell’arcobaleno custodiva il cielo, rischiarato dalla VIA LATTEA, mentre due giovani guerrieri trasportavano la LUNA ed il SOLE nel loro cammino celeste. Oltre il cielo si aprivano i territori governati dal Grande Vento e dal Tuono.
I Maya avevano una concezione dell’universo inscritto in una grande piramide che poggiava sul dorso di un grande coccodrillo che nuotava nel mezzo del mare cosmico. Quattro divinità, poi, sostenevano il firmamento, che era raffigurato come un grande drago a due teste, il cui corpo era una grande striscia celeste su cui erano incise le stelle. Fra cielo e terra, poi, si muovevano il SOLE, la LUNA, e la brillante luce di VENERE. L’origine del SOLE e di VENERE, tra l’altro,  era ricollegata mito dei due gemelli che avevano sconfitto i signori della morte, in una partita a palla, e che si erano poi trasformati nei due citati corpi celesti. Per quanto riguarda gli Incas, secondo la leggenda, provenivano da tre caverne molto profonde, o, secondo un altro mito, dalle profondità del lago TITICACA che si trova al confine fra PERÙ e BOLIVIA. Il re inca era poi considerato il figlio del SOLE che dominava sull’universo al centro del quale si trovava il tempio di CUZCO dedicato alla divinità solare. Dal tempio del SOLE, tra l’altro,  fluivano i cheques, ossia le linee che lo collegavano ai luoghi sacri. Figura centrale del cosmo era la VIA LATTEA che si muoveva nel cielo, per poi tuffarsi poi nell’oltretomba. Sulla sua superficie trasportava le costellazioni, fra cui le più conosciute rappresentavano un serpente, un rospo, un uccello tinamù, una femmina di lama col suo piccolo ed una volpe. Fra il firmamento e la TERRA volteggiavano il SOLE e la LUNA.

ACQUARIO: gli Aztechi ed i Toltechi vedevano in questo gruppo di astri (simbolo dell’acqua), il Dio Quetzalcoatl che giunse nel continente americano dai mari orientali.

BALENA: le popolazioni indigene del BRASILE settentrionale, vedevano in queste stelle un giaguaro, la personificazione del dio del tuono.

CANE MAGGIORE: nella zona di polveri oscure, che si trova al confine con la costellazione della CROCE AUSTRALE, gli Incas scorgevano un serpente.

CAPRICORNO: gli Aztechi lo conoscevano come Cipactli, divinità associata alla figura del narvalo, cetaceo dal dente canino sinistro allungato come l’appendice di un unicorno.

CENTAURO: le stelle più luminose della costellazione (Toliman ed Agena) rappresentavano per i popoli mesoamericani gli occhi della Grande Pecora.

CORONA BOREALE: i pellerossa Shawnee conoscevano l’asterismo come la sorella celeste.

CROCE AUSTRALE: la celebre nebulosa oscura, conosciuta come il Sacco di Carbone e che si trova all’interno della costellazione, rappresentava una pernice.

GEMELLI: i Maya chiamavano gli astri dell’asterismo (insieme alle stelle settentrionali della costellazione di ORIONE), Citaltlachlti, il ‘campo per il gioco della palla’.

LEPRE: gli Incas conobbero questa stella come una bellissima vergine che si innamorò del Dio Luna e si legò a lui per l’eternità.

LIRA: conosciuta dagli antichi Peruviani come l’ariete a caccia dello stormo celeste.

ORIONE: la parte centrale della costellazione, formata dalle tre stelle che danno vita alla cintura di ORIONE, era conosciuta come Mamalhuaztli, i bastoncini che si infiammavano quando venivano strofinati.

ORSA MAGGIORE: anche gli Indiani del Nord America riconoscevano in questo gruppo di un’orsa. Rimane il dubbio se si tratti di una pura coincidenza, o di una leggenda tramandata dai loro antenati che attraversarono lo stretto di BERING verso il continente americano. Comunque sia, i nativi americani vedevano, nelle tre stelle del timone del Grande Carro, i cacciatori che inseguivano un’orsa (rappresentata dalle prime quattro stelle della costellazione), che riuscì a fuggire alla cattura, girando sempre intorno al polo nord celeste.

ORSA MINORE: gli Indiani del Nord America narravano che un gruppo di guerrieri, perdutosi nella foresta, scorse nell’Orsa Minore una fanciulla che indicava loro il cammino per ritrovare la via di casa. Gli Aztechi conoscevano questi astri col nome di Examan Ek, la ‘stella del nord’.

TORO: le popolazioni dell’AMERICA DEL SUD vedevano in queste stelle un tapiro, un animale simile al maiale, che vive  nelle foreste dell’America meridionale. Nella costellazione del TORO brillano, poi, gli astri dell’ammasso stellare Pleiadi, che gli Indios del Sud America studiavano per prevedere l’arrivo del freddo e della pioggia. Il popolo mesoamericano Nahva le chiamava questi astri Tianquitzli, ovvero la ‘piazza del mercato’. Questi astri, con Aldebaran (stella più luminosa della costellazione del TORO), segnavano col loro passaggio allo zenit (la verticale dell’osservatore) alla mezzanotte di un anno particolare, l’inizio di un giro di calendario che nella cronologia mesoamericana cadeva ogni 52 anni. Per i Maya le Pleiadi erano chiamate Tzab (i sonagli del serpente), mentre per gli Incas erano il Collca (il magazzino) che, con le lontane stelle Toliman ed Agena del CENTAURO, formavano la costellazione del Catachillay. Gli Incas attribuivano, poi, grande importanza alla loro levata e tramonto eliaco (ossia il loro sorgere e tramontare contemporaneamente al SOLE), poiché lo ricollegavano ai fenomeni legati all’agricoltura. Non a caso, infatti, una finestra  del Torreon di MACCHU-PICCHU è orientata sul punto in cui sorgevano le Pleiadi. Ancora riguardo a questo ammasso stellare, vero protagonista della mitologia mesoamericana, si riferisce il mito legato al Dio Zipacnà, una delle divinità maya legate ai terremoti ed ai vulcani. Il dio era seduto, un giorno, sulla riva di un ruscello, quando vide quattrocento ragazzi che trasportavano un grande tronco d’albero, che volevano utilizzare come trave principale della loro casa. Zipacnà si offrì di trasportarlo da solo e riuscì nell’impresa. I quattrocento ragazzi provarono allora provarono una grande invidia nei suoi confronti, e così gli tesero un tranello: gli chiesero, infatti, di scavare una grande buca per porvi le fondamenta della loro casa. La divinità iniziò la sua opera, mentre i fratelli aspettavano che l’avesse compiuta per fargli cadere addosso il grande tronco. Il dio, però, costruì un’altra buca dove si nascose quando il tronco si abbatté nel fosso. I quattrocento ragazzi festeggiarono la loro vittoria con una solenne ubriacatura, che li fece piombare in un sonno profondo. Zipacnà, allora, uscì dalla buca e li uccise. I quattrocento ragazzi furono poi posti in cielo nell’ammasso delle Pleiadi. Nel TORO, poi, si incontra un altro bell’ammasso stellare, le  Iadi, che gli indigeni dell’AMAZZONIA conoscevano come la fronte di un toro, o anche come la mascella di un bue.

SCORPIONE: le stelle della coda di questo aracnide erano conosciute col nome di Collca (vedi anche PLEIADI) ed anche verso di esse puntava una finestra  del citato Torreon di MACCHU-PICCHU.

VIA LATTEA: nell’antica tradizione del villaggio MISMINAY, in Perù, si narrava che la Via Lattea portasse l’acqua dall’oceano cosmico, su cui la Terra galleggia, e invia la pioggia sul nostro pianeta. Le “macchie oscure” nella Via Lattea, dovute a nubi di polvere interstellare, erano chiamate collettivamente dagli Andini Pachatira, ed erano conosciute come singole costellazioni (il Piccolo Lama, il Rospo e il Serpente). Per i pellirosse, la Via Lattea era il sentiero delle anime.

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