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L’AEROSTATICA E LO SVILUPPO DELLA SCIENZA MODERNA
dal libro: Aerostati - Veloci come il vento, leggeri più dell'aria
di:
Marco Majrani
Edizioni dell'Ambrosino, 1999
(per gentile concessione dell’autore)

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I PRIMI TENTATIVI

Forse l'aerostatica nacque duemila anni or sono, nelle lande desertiche del Perù meridionale. Nel giugno 1938, lo scienziato americano Paul Kosok, archeologo e geofisico della Long Island University di New York, esaminando i resti degli antichi sistemi di irrigazione precolombiani, scoprì la gigantesca figura di un uccello, tracciata sul terreno nella vallata del Rio Nazca. L'immagine era stata disegnata come se si fosse dovuta vedere dall'alto, in quanto a livello del terreno essa appariva difficilmente identificabile. Successive ricerche evidenziarono nella zona un'incredibile dovizia di figure e di linee perfettamente rettilinee, lunghe anche 10-20 km, tecnicamente molto difficili o quasi impossibili da realizzare in mancanza di un controllo aereo. Interpellata da Kosok per una consulenza, l'archeologa e matematica tedesca Maria Reiche, che in quegli anni viveva in Perù, fu talmente affascinata dalle linee di Nazca, che dal 1939 dedicò la sua intera vita allo studio delle misteriose figure. La Reiche riuscì a datarne l'epoca, tra 2.800 e 1.400 anni or sono, e a fornire convincenti spiegazioni del perché gli indios avessero creato tali disegni. Tuttavia, nonostante gli studi continuati fino al 1998, quando morì ultranovantenne, la studiosa non volle o non seppe trarre conclusioni su come i disegni fossero stati tecnicamente realizzati. Nel museo archeologico di Lima sono conservati diversi oggetti di terracotta antichi di 2000 anni, sui quali appaiono disegni che raffigurano inequivocabilmente dei rudimentali palloni ad aria calda, di forma tetraedrica. Nel 1975, alcuni studiosi della International Explorer Society, fabbricarono una mongolfiera utilizzando esclusivamente materiali che già gli indios di Nazca conoscevano, secondo i modelli raffigurati sulle terrecotte. La forma tetraedrica è la sola che si possa ottenere semplicemente piegando un unico pezzo di materiale, senza giunture. La cesta venne realizzata utilizzando fasci di totóra, la canna palustre del lago Titicaca, dagli stessi artigiani della tribù Uros che fabbricarono il Kon Tiki, la famosa barca con la quale Thor Heyerdahl navigò per quattromila miglia da Lima alle Isole della Società. Il pallone, chiamato Condor I, di circa 2300 mc di volume, fu affidato al pilota inglese Julian Nott e gonfiato sotto la guida di Doc Crane, specialista di "palloni a fumo", ovviamente usando legna, lana di lama e altri combustibili non tecnologici e tipici del luogo. L'aerostato, privo di qualsiasi strumentazione di volo, salì maestosamente con due persone a bordo fino a 570 metri di quota e ridiscese senza danni venti minuti dopo, mentre dalla navicella veniva gettata la zavorra caricata prima del decollo.

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Per citare situazioni più vicine alla nostra cultura, lo stesso Archimede, nel 212 a.C. espresse il concetto dell'"aria rarefatta", correlato al suo famoso "principio". All'inizio del 1200, Albertus Magnus, detto anche Alberto da Colonia, teologo e filosofo tedesco (1193-1280), che compì i suoi studi a Padova, dove nel 1223 divenne domenicano, nel suo "De Mirabilibus Naturae" suggerì un metodo per far volare un involucro di papiro riempito con zolfo, carbone e sale. Alberto Magno fu santificato nel 1931 da Papa Pio XI. Ruggero Bacone, scienziato e filosofo inglese (1214-1294) ipotizzò un grande globo di rame "estremamente fine" che potrebbe essere riempito con "etere atmosferico" o "fuoco liquido", che avrebbe potuto volare nell'aria "come un vascello sull'acqua". Riprendendo gli stessi concetti, nel 1300, il monaco Alberto di Sassonia (1316-1390), detto anche Alberto di Helmstedt, e da non confondere con Albertus Magnus, come studioso della gravitazione e di altri fenomeni fisici mise a confronto la leggerezza del cosiddetto "fuoco" o "etere superatmosferico" rispetto a quella dell'aria, e la leggerezza dell'aria rispetto a quella dell'acqua, per dedurne che, riempiendo di tal fuoco una nave, questa avrebbe potuto galleggiare sulla superficie di separazione tra fuoco ed aria, così come un'ordinaria nave, ripiena d'aria, galleggia sull'acqua.
Forse Leonardo da Vinci fu il primo a intuire il potere ascensionale dell'aria calda. Infatti, Benvenuto Cellini, nella sua autobiografica "Vita", racconta che passeggiando sulla riva del Tevere, durante gli anni trascorsi a Roma (1513), Leonardo gonfiava con il fiato delle sottilissime vesciche animali e le faceva volare. Lo stesso episodio viene citato anche nelle "Vite degli artefici" di Giorgio Vasari.
Nel XV secolo, Giovanni da Fontana, commentatore scientifico italiano, riferisce l'idea di un ignoto inventore che "progettò di costruire, per mezzo di spesso tessuto e anelli di legno, una piramide di grandi dimensioni... alla cui base un uomo stesse seduto bruciando frammenti di pece o sego o di altro materiale infiammabile per produrre un fuoco intenso e durevole al fine di creare una grande produzione di denso fumo". Questa si può considerare come la prima esauriente descrizione di un pallone ad aria calda, anche se frutto di immaginazione e non corrispondente a una macchina realmente costruita. Per di più, Giovanni da Fontana arriva a spiegare che "il fuoco avrebbe riscaldato l'aria all'interno della piramide facendola diventare più leggera e rarefatta", creando la forza di sollevamento necessaria per sollevare la piramide e l'uomo. E' curioso che questo concetto, assolutamente corretto, fu successivamente dimenticato dagli scienziati contemporanei dei Montgolfier, all'epoca dei primi voli umani alla fine del Settecento. D'altra parte la storia della scienza è ricca di simili episodi.
L'argomento venne ripreso nel 1657 dal dotto tedesco Kaspar Schott, nel suo libro "Magia universale", ma il vero precursore teorico dei principi dell'aerostatica si può considerare un italiano, il gesuita bresciano Francesco Lana (1631-1687), che nel 1670, nel suo libro "Prodromo ovvero saggio di alcune inventioni nuove promesso all'Arte Maestra" descrive una nave che vola sostenuta da quattro sfere di cuoio o di rame nelle quali sia stato fatto il vuoto. Dice Lana che, grazie a questo velivolo, gli uomini "..potranno servirsi delle vele e dei remi a loro piacere per andare velocissimamente in ogni luogo fino sopra alle montagne più alte". Il gesuita misurò ingegnosamente il peso dell'aria, valutandolo 1/640 del peso dell'acqua, valore molto vicino a quello reale (1/733). Lana forse elaborò le idee di Ruggero Bacone e Albertus Magnus anche alla luce del risultato di un famoso esperimento realizzato nel 1650 dal fisico tedesco Otto Von Guericke (1602-1686), inventore della pompa atmosferica. Come scrive nella sua opera "Experimenta nova...de vacuo spatio", Von Guericke tagliò a metà una sfera di rame, mise a combaciare le due semisfere e tolse l'aria dal loro interno, quindi dimostrò che neppure la forza contrapposta di due cavalli era in grado di separarle. Ineccepibile il metodo teoricamente proposto da Lana per svuotare dell'aria le sfere: esse venivano riempite di acqua e sigillate, quindi il liquido veniva fatto uscire dal basso mediante un lungo tubo, creando un vuoto barometrico come nei barometri di Torricelli, inventati una trentina di anni prima. Purtroppo, però, per resistere alla pressione atmosferica, le pareti delle sfere sarebbero dovute essere troppo spesse e di conseguenza, il loro peso sarebbe stato eccessivo per consentire il volo. Interessanti e pertinenti le considerazioni di Lana sulla navigazione aerea, su come governare la nave, regolando la quantità di zavorra, e perfino sulla fisiologia della respirazione umana fino ai livelli dell'"atmosfera irrespirabile". Padre Lana, preoccupato e sgomento per le potenzialità offensive della sua stessa invenzione, si augurava però che mai nessuno giungesse veramente a costruire una siffatta nave.

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INIZIA L'ERA DEL VOLO UMANO

Joseph ed Étienne Montgolfier (o "de" Montgolfier), rispettivamente dodicesimo e quindicesimo dei sedici figli di Pierre Montgolfier, appartenevano a una famiglia di ricchi fabbricanti di stoffe e carta. La loro azienda nella frazione Vidalon di Annonay, presso Lione, vantava oltre trecento anni di tradizione ed era fornitrice di re Luigi XVI. L'industria esiste ancora oggi, con il nome di "Montgolfier & Canson". Come la maggior parte degli uomini facoltosi dell'era illuministica, i due fratelli erano piuttosto colti. Joseph, il più anziano dei due, in particolare, si interessava molto di scienze e dei problemi legati al volo, era a conoscenza della scoperta dell'idrogeno e sapeva anche come il gas poteva essere prodotto. Probabilmente aveva letto degli esperimenti di Cavallo, e infatti più volte tentò di gonfiare con idrogeno degli involucri di carta o stoffa, ma l'eccessiva porosità di questi materiali non consentiva di intrappolare il fugacissimo gas. La sera del 5 novembre 1782, mentre si trovava ad Avignone, osservando la cenere salire tra le volute di fumo del caminetto, ebbe un'idea. Prese un foglio di carta, lo piegò in modo che potesse trattenere il fumo, e lo pose sopra il fuoco. Il piccolo aerostato - possiamo chiamarlo così - salì ondeggiando nel camino. Eccitato per la scoperta, scrisse al fratello Étienne ad Annonay: "Prepara una gran quantità di taffetà (seta lucida) e delle corde: ti mostrerò la cosa più strabiliante del mondo!". Joseph era un uomo geniale e dotato di grande fantasia. Nella sua vita, egli inventò numerose apparecchiature: la pompa idraulica, alcune macchine per il taglio e la produzione della carta, un tipo di calorimetro e perfino un apparecchio per disseccare la frutta.
Tornato ad Annonay, Joseph iniziò i primi esperimenti con l'aiuto del fratello. Temendo che l'invenzione potesse essere copiata da altri, i primi tentativi furono svolti in gran segreto. Tuttavia, i fratelli informarono ben presto l'Accademia delle Scienze. In una lettera del 14 dicembre 1782, indirizzata all'amico Nicolas Desmarest, chimico e mineralogista, i Montgolfier, quasi dimostrando di possedere capacità divinatorie sul futuro, scrivevano: "... Voi conoscete la nostra casa, abbiamo preparato la nostra macchina nel giardino nuovo; prima che potessimo darle tutta la forza ascensionale di cui può essere dotata, la macchina ha rotto la corda con la quale l'avevamo assicurata, si è innalzata a 100 o 150 tese d'altezza ed è ricaduta sulla cima di una delle creste collinari che attorniano la nostra valle. Tutto ciò è avvenuto in un minuto e mezzo, per cui voi potete avere un'idea dell'altezza da essa raggiunta...vi preghiamo di voler annunciare all'Accademia la prossima costruzione di una macchina che potrebbe essere utile per lanciare segnali sul mare a grande distanza... per trasmettere messaggi da una città assediata, per fare esperienze sui fulmini...".
Il 6 maggio 1783, un modesto involucro di seta, gonfiato all'aperto sopra un falò, salì fino ad un'altezza di circa 20 metri, librandosi per una ventina di minuti, trattenuto da una corda. A bordo du una rudimentale navicella si trovava un gatto "che miagolò insistentemente ma non soffrì". Dopo un certo numero di prove sempre più incoraggianti, i Montgolfier organizzarono la prima esibizione pubblica della loro scoperta, in concomitanza con una riunione dodecennale dei notabili della regione. Era il 4 giugno del 1783 (non il 5 giugno, come riportano numerosi testi, ma il giorno precedente, come testimonia un documento ufficiale originale trasmesso all'Accademia delle Scienze e proveniente dall'epistolario dei Montgolfier), quando, dinanzi a una folla di qualche centinaio di curiosi radunatasi davanti al Convento des Cordeliers, nella piazza principale della cittadina, un pallone sferico di 11 metri di diametro, gonfiato sopra un fuoco di paglia e lana e fabbricato con seta e carta, si innalzò fino a circa 180 metri di quota e, dopo aver percorso due chilometri in dieci minuti, ridiscese dolcemente al suolo, nonostante la pioggia. Per il gonfiaggio furono sufficienti due uomini, ma ce ne vollero otto per trattenerlo fino al momento in cui Joseph Montgolfier diede l'ordine di lasciarlo andare. Il fuoco produsse un gran fumo nero e un pessimo odore, ma dinanzi al risultato questi piccoli inconvenienti passarono quasi inosservati. Il pallone, fu gonfiato con aria calda, raggiungendo una temperatura interna di 87.5 °C. In nove minuti e mezzo, la "macchina" salì a oltre mille metri di altezza e andò ad atterrare a oltre due chilometri di distanza, posandosi con dolcezza su una vigna.

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Nel 1845, lo storico italiano Cesare Cantù, nella sua "Storia Universale", sintetizza così questi primi eventi: "All'umano ardire parvero tolti tutti i limiti quando i fratelli Montgolfier alzarono in aria palloni rarefacendone l'aria con un braciere sottoposto. Il fisico Charles e il meccanico Robert vi adattarono un gas più leggiero, l'idrogene, e alla tela sostituirono il taffetà; e allorché dal Campo di Marte essi libraronsi in aria, i cannoni annunziarono che la scienza aveva preso possesso dei campi dell'aria".
Da sottolineare anche il bel gesto compiuto da Charles, che poco prima di decollare, vedendo Joseph Montgolfier tra gli spettatori, gli andò incontro con un piccolo pallone gonfiato con idrogeno, dicendogli con deferenza: "è per voi, signore, per indicarci la strada dei cieli". Montgolfier allora lanciò il pallone-guida, tra le ovazioni della moltitudine presente. Un bell'esempio di sportività e fair-play che meriterebbe anche oggi un maggior numero di imitatori. Il lancio di palloncini-guida è oggi consueto durante le gare e i raduni dei moderni palloni ad aria calda.
La cavalleresca competizione tra mongolfiera e pallone a gas, detto anche "charlière", appassionò notevolmente il pubblico, risolvendosi quasi subito a favore di quest'ultimo. Infatti, come vedremo, il dominio quasi incontrastato degli aerostati a gas durerà poi fino al 1960, quando tecnologie e materiali ben più avanzati consentiranno il ritorno in grande stile del pallone ad aria calda.

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L'OTTOCENTO: L'AEROSTATICA AL SERVIZIO DELLA SCIENZA

L'Ottocento fu il secolo nel quale si assistette al consolidamento e alla diffusione dell'aerostatica nel mondo, quasi esclusivamente con l'utilizzo di palloni a gas. Grandi primati furono realizzati, ma vi furono anche numerose vittime, causate essenzialmente dalla scarsa conoscenza dei fenomeni atmosferici. Al pari di tutte le grandi scoperte dell'uomo, i palloni trovarono anche largo impiego come strumenti bellici, senza peraltro diventare le spaventose macchine da guerra paventate da Lana e Franklin.
Anche e soprattutto nell'Ottocento, molti studiosi compirono ascensioni in pallone per verificare la validità delle loro teorie e per compiere osservazioni scientifiche. Nel 1841, a Parigi e a Londra nacquero le società per la conoscenza della fisica atmosferica, che si avvalevano essenzialmente di aerostati per i loro studi. Tra le prime ascensioni ad esclusivo scopo scientifico, ci furono quelle ad Amburgo e a San Pietroburgo del fisico francese Étienne G. Robertson, che il 18 luglio 1803 salì a circa 7.400 metri di quota, compiendo osservazioni sull'elettricità e credendo di rilevare un'attenuazione degli effetti del campo magnetico terrestre all'aumentare della quota, forse tratto in inganno dalle oscillazioni dell'aerostato che imprimevano anomale rotazioni all'ago della bussola. Tale risultato fu duramente contestato - a ragione - dall'astronomo Laplace e dal fisico-chimico Joseph Gay-Lussac (1778-1850). Lo stesso Gay Lussac, insieme con il collega Jean-Baptiste Biot il 16 settembre 1804 salì a 7.016 metri di quota, registrando le reazioni di alcuni animali che portò con sé per verificarne il comportamento nell'atmosfera rarefatta e compiendo anch'egli osservazioni sul campo magnetico naturale. Tali studi gettarono anche le basi per successivi approfondimenti sulla fisiologia della respirazione umana e sugli effetti dell'ipossia, la carenza di ossigeno, evidenziandone i pericoli. Quasi contemporaneamente, il grande esploratore e naturalista Alexander von Humboldt, durante una scalata fin presso la vetta del Chimborazo, nelle Ande ecuadoriane, e Gay-Lussac con le sue ascensioni aerostatiche, dimostrarono inoltre che nell'atmosfera le reciproche proporzioni di ossigeno e azoto non variavano con la quota. Questa scoperta fu basilare per lo studio del comportamento delle miscele gassose.

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Anche l'astronomo Camille Flammarion (1842-1925) compì numerose ascensioni scientifiche negli anni dal 1867, soprattutto a bordo del glorioso pallone "L'Imperial" di Eugène Godard, già usato come aerostato militare nella Guerra di Indipendenza italiana del 1859. Delle sue ascensioni, Flammarion ci ha lasciato minuziose descrizioni nella sua monumentale opera "L'atmosphere".

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L'ERA DEI DIRIGIBILI

Come già si è detto, il punto debole principale degli aerostati sferici è costituito dalla mancanza quasi assoluta di manovrabilità. Per questo motivo, fin dai primi anni, i progettisti cercarono in tutti i modi di rendere "dirigibili" i loro palloni. Dal francese Blanchard al connazionale Giffard, una vasta rassegna di sistemi di vele, pale, eliche e altri marchingegni furono applicati agli sferici, nel tentativo - vano - di costringerli a volare secondo i desideri del pilota e non secondo i capricci dell'atmosfera. Stampe e disegni del tempo ci mostrano un'incredibile quantità di macchine volanti sempre più fantasiose e sempre più somiglianti a vascelli. Tra le più ingenue e divertenti ricordiamo la macchina progettata nel 1855 da Terzuolo, nella Iquale la propulsione era assicurata da una vela che veniva gonfiata grazie a un complesso sistema di mantici e trombe; il pallone-pesce del barone Scott, del 1789, e il pallone di Madame Tessiore, del 1845, trainato da un grosso uccello rapace, un gipeto ammaestrato. Tuttavia, tra le tante idee strampalate, già nel 1785, il generale Jean Baptiste Meusnier disegnò una nave dirigibile a forma oblunga, intuendo che per poter essere veramente "dirigibili", gli aerostati avrebbero dovuto possedere una prua e una poppa come le navi. Il brillante ingegnere già l'anno precedente aveva ideato il "ballonet", involucro interno dell'aerostato con funzioni di mantenimento della pressione interna e della forma propria dell'aeronave. Di questo progetto ci è pervenuta una magnifica serie di tavole acquarellate, conservate al Musée de l'Air e de l'Espace di Le Bourget (Parigi).
Il primo numero della prestigiosa rivista Scientific American, datato New York, 28 agosto 1845, riporta il geniale progetto di un aerostato-aliante, che grazie ad un'ala rigida e un sistema di timoni avrebbe potuto planare nella direzione voluta dopo essere salito ad alta quota grazie alla spinta di sollevamento fornita dall'idrogeno. Si tratta di uno dei primi veri dirigibili, o forse dei primi alianti, che teoricamente avrebbe potuto raggiungere una velocità di 180 km/h. L'autore del progetto, che purtroppo non trovò finanziatori, era un "Italian gentleman", il bolognese Muzzio Muzzi, che ideò due "proto-dirigibili" chiamati "Nave aerortoploa" e "Nave rettiremiga". L'unico tentativo di volo, il 5 novembre 1831, fallì per una lacerazione dell'involucro. Quasi certamente Muzzi ispirò due geniali inventori: Joseph Pine (detto Pline) e soprattutto l'americano Solomon Andrews.

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I PRIMI DIRIGIBILI A PROPULSIONE

Il primo, vero dirigibile a propulsione, che si mostrò in grado di compiere delle rudimentali manovre fu progettato e costruito da Henri Giffard, che lo fece volare il 24 settembre 1852. Aveva forma di pallone da rugby, era lungo 44 m e aveva un diametro di 12 m, per un volume di 2500 mc. Era dotato di un motore a vapore del peso di 150 kg, in grado di sviluppare 3 cavalli di potenza, per far ruotare a 110 giri al minuto un'elica a tre pale di 3,40 metri di diametro. Giffard non riuscì a compiere ulteriori progressi, ma progettò - senza costruirlo per mancanza di fondi - un colossale dirigibile di 220.000 mc in grado di trasportare un motore da 80 CV, con involucro rigido e indeformabile, idea che sarebbe stata ripresa molto più tardi. Realisticamente, dopo la prima ascensione, Giffard dichiarò: "non mi sono neppure sognato di andare contro vento, possibilità che i miei calcoli già escludevano a priori, ma ho eseguito con buoni risultati diverse manovre di deviazione laterale".

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Con l'invenzione del motore a scoppio leggero da parte di Daimler, nel 1886, derivato anche dal primo motore a scoppio funzionante a miscela aria-gas, brevettato nel 1854 dagli italiani Eugenio Barsanti e Felice Matteucci, i dirigibili cominciarono realmente ad essere tali, potendo finalmente sfruttare dei propulsori con un migliore rapporto peso/potenza. L'uso dell'alluminio elettrolitico, la cui produzione iniziò nel 1887, in sostuituzione del ferro e del legno, consentì di alleggerire anche le strutture di queste aeronavi, che poterono essere dotate di un'"armatura" rigida o semirigida, migliorando la aerodinamicità del mezzo, la sua resistenza alle correnti atmosferiche avverse e alle variazioni di temperatura esterna.
Fu un ricco brasiliano di discendenza francese, Alberto Santos-Dumont, a montare per primo i nuovi motori sui suoi dirigibili, che finalmente si dimostrarono macchine efficienti. Santos-Dumont, nei primi anni del nostro secolo, divenne una celebrità a Parigi, compiendo imprese aviatorie audaci e rocambolesche, e usando il dirigibile anche per recarsi al suo bar preferito! Nel 1901 a Parigi Santos Dumont dimostrò le doti di manovrabilità del suo dirigibile n°6 decollando da Saint-Cloud dopo aver compiuto un giro attorno alla cima della Tour Eiffel. Il tempo impiegato fu di 29 minuti e 30 secondi.
Ma ormai, gli aerostati vedevano apparire sul loro cammino un nuovo e ben più agguerrito rivale: l'aeroplano. Il 17 dicembre 1903, infatti, i fratelli Wright volavano per la prima volta su una macchina più pesante dell'aria. Lo stesso Santos-Dumont costruì un aeroplano con il quale compì numerosi voli a partire dal 1906. Nel 1908, l'ingegnere italiano G. Arturo Crocco, appena ventisettenne, inventò il dirigibile semi-rigido con trave portante snodata e articolata, perfezionando le esperienze effettuate di un altro pioniere italiano, Almerigo Da Schio, che nel 1905 aveva effettuato diversi voli con un'aeromobile di sua costruzione.

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Il padre dei grandi dirigibili dotati di completa struttura rigida di alluminio che iniziarono a solcare i cieli nei primi anni del 1900 fu senza dubbio il conte tedesco Ferdinand Von Zeppelin (1838-1917), personaggio quasi mitico, dotato di enorme genio e carisma. Il primo aeromobile progettato da Von Zeppelin fu varato il 2 luglio del 1900, quando il progettista aveva 62 anni di età. Dal 1900 al 1906, il Conte rimediò una lunga serie di insuccessi: i dirigibili LZ 1, 2, 3 andarono distrutti nei voli di collaudo, Nel 1908, il dirigibile LZ 4 volò per 12 ore sulla Svizzera, e per 24 ore dal Lago di Costanza a Mainz, prima di finire semidistrutto per un atterraggio forzato durante il tragitto di ritorno. Analoga fu la sorte dell'LZ 5 nel 1909, come pure quella dei tre LZ successivi. Nonostante tutti questi insuccessi, l'incredibile caparbietà di Von Zeppelin fu ampiamente premiata nei decenni successivi, quando le sue "creature" conquistarono una lunga serie di records.
Il primato di altezza dei dirigibili rigidi fu raggiunto nel 1917 dello Zeppelin L 55, che toccò i 7.300 metri di quota. Il primato fu successivamente avvicinato dai 7000 m del dirigibile italiano semirigido N3, costruito da Umberto Nobile.
Gli studi di aerodinamica effettuati per i dirigibili furono poi successivamente applicati anche alle automobili e ai treni: l'Audi 2 litri e la Mercedes 200 del 1934 furono progettate dall'ingegner Paul Jaray della Zeppelin, mentre nel 1930 un treno sperimentale con motore ad elica e a forma di aeronave raggiunse i 230 km/h lungo il percorso Amburgo-Berlino.

I DIRIGIBILI TRANSOCEANICI

L'avvento dell'aereo non frenò lo sviluppo dei dirigibili, che divennero sempre più grossi e veloci, attraversando l'Atlantico da New York o da Rio de Janeiro all'Europa e diventando mezzi passeggeri di linea in grado di trasportare molto comodamente cento persone dall'Europa all'America in due giorni e mezzo, viaggiando a velocità attorno ai 100 km/ora. A quel tempo, gli aerei non erano ancora in grado di competere su tratte così lunghe e comunque anche negli anni trenta potevano trasportare pochi passeggeri. Il primo servizio transatlantico di linea effettuato con aeroplani fu inaugurato solo nel 1939, ma i velivoli dovevano fare due scali tecnici, alle Bermude e alle Azzorre. Dall'8 al 29 agosto 1929, il Graf-Zeppelin LZ 127 portò a termine il primo giro aereo del mondo in sole quattro tappe, con 288 ore di volo totali, portando 20 passeggeri e 41 uomini di equipaggio. La tratta Friedrichshafen-Tokyo, di 11.247 km, richiese 101 ore. Questo dirigibile tedesco, durante la sua attività, compì 435 crociere, di cui 104 traversate oceaniche e un giro del mondo, percorrendo 1.200.000 km in 17.177 ore di volo, trasportando 34.000 passeggeri e 275 tonnellate di posta ad una velocità di crociera di 128 km/h. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, i dirigibili avevano complessivamente già trasportato 37.250 passeggeri senza lamentare neppure una vittima, fornendo quindi un servizio di notevole sicurezza e affidabilità. Per quanto riguarda i costi, nel 1937, il prezzo del biglietto di sola andata per i 70 passeggeri dell'Hindenburg era di 400 dollari, paragonabile ad un costo attuale di 3000 dollari, accessibile a persone del ceto medio-alto, mentre nel 1928 lo stesso biglietto per i 20 passeggeri del Graf Zeppelin costava 2.250 dollari del tempo, circa 20.000 dollari attuali!
A bordo di questi veri transatlantici del cielo il trattamento era davvero eccellente: famosi chef preparavano i pasti con eccellenti vini e liquori. Le sale erano arredate con eleganza, i pavimenti coperti da tappeti persiani. A bordo c'erano sale di ritrovo, librerie, sale di scrittura, una saletta per fumatori pressurizzata e isolata e passeggiate panoramiche con grandi vetrate che consentivano di ammirare il paesaggio. Il rumore a bordo era scarsissimo, tanto che si potevano sentire i cani abbaiare sulla terraferma. In sala da pranzo, un musicista al pianoforte - di alluminio - allietava i passeggeri. Per i facoltosi passeggeri doveva essere veramente un'esperienza indimenticabile.

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UMBERTO NOBILE: AEROSTATICA, SCIENZA ED ESPLORAZIONE

Umberto Nobile (1885-1978) è da ritenere uno dei più valorosi e audaci aeronauti ed esploratori italiani. Anch'egli costruttore di dirigibili, da poco tornato dagli Stati Uniti, dove aveva lavorato ad Akron alla progettazione di grandi aeronavi, nel 1925 fu incaricato dall'aeroclub di Norvegia di ideare e realizzare un aerostato in grado di compiere la prima traversata transpolare, al comando di Roald Amundsen. Il dirigibile, un semirigido di 19.000 mc, lungo 106 m, equipaggiato con tre motori da 250 HP di potenza e capace di volare a 115 km/h di velocità, fu costruito in Italia e battezzato N 1 Norge. Dopo alcuni voli di collaudo in Italia, compiuti dal 27 febbraio al 29 marzo 1926, il 10 aprile Nobile salpò da Ciampino al timone della sua aeronave, con rotta verso la Norvegia. Dalla Baia del Re nelle isole Svalbard, l'11 maggio 1926, Nobile decollò con l'inseparabile cagnetta Titina, Amundsen, Ellsworth e altre 13 persone per il lungo volo senza scalo che si sarebbe concluso a Teller, in Alaska, alle 7.30 del 13 maggio. Il Polo Nord venne sorvolato all'1.30 del 12 maggio. All'arrivo a Teller, Nobile fu informato del fatto che l'aviatore americano Richard Byrd era riuscito a sorvolare il Polo con il suo Fokker tre giorni prima del Norge. Byrd, partito come il Norge dalla Baia del Re, vi aveva fatto ritorno dopo 15 ore e 30 minuti di volo. Settant'anni dopo, una ricerca effettuata presso l'Università statale dell'Ohio, dove sono conservati i documenti di volo, ha dimostrato inequivocabilmente che in realtà Byrd non raggiunse il Polo, ma dovette tornare indietro a causa di una perdita d'olio quando si trovava a circa 200 km dal traguardo. Sicuramente in buona fede Byrd dichiarò di aver conseguito il successo, fu portato in trionfo per le strade di New York e il Presidente Coolidge lo nominò ammiraglio, tuttavia oggi sappiamo che i calcoli dell'aviatore erano errati. Anche l'esploratore Robert Peary, che quasi tutti i libri indicano come il primo uomo a conquistare il Polo Nord, pur dichiarando di aver raggiunto i 90° in realtà toccò nel 1906 gli 87°06' e nel 1909 gli 87°75' di latitudine. Peary compì la sua seconda spedizione usando 19 slitte e 133 cani. Simili errori di valutazione della propria posizione oggi potrebbero sembrare ingiustificabili, ma in quel tempo gli strumenti di misurazione delle coordinate geografiche erano piuttosto imprecisi, e la continua deriva della banchisa poteva alterare notevolmente i risultati dei calcoli, soprattutto quando l'approccio avveniva via terra. Di conseguenza, grazie anche a più affidabili strumenti di navigazione, Nobile e i suoi compagni furono i primi a raggiungere inequivocabilmente il punto di latitudine 90° e il Norge fu anche la prima macchina volante a sorvolare il Polo Boreale.
Nonostante i contemporanei ignorassero il primato assoluto del Norge, il successo della spedizione valse comunque a Nobile un'immensa fama, anche per aver dimostrato che l'area polare era costituita da un immenso oceano ghiacciato e non da un continente, come molti allora ritenevano. Nel 1926 il Comandante fu invitato negli USA per una serie di conferenze, e nel gennaio 1927 si recò in Giappone per assemblare e collaudare in volo il dirigibile N 3, acquistato dalla Marina Imperiale Giapponese. Nel 1928, in disaccordo con Mussolin, il quale avrebbe preferito l'effettuazione di un volo transatlantico verso l'America Latina, Nobile decise di ritentare l'impresa polare, questa volta nell'ambito di una spedizione interamente italiana, finanziata dal Comune di Milano e con il patrocinio della Reale Società Geografica Italiana, a bordo di un secondo dirigibile, l'N 4 o dirigibile Italia, di 18.500 mc, quasi gemello del Norge ma predisposto anche per effettuare atterreggi sul pack. Dopo aver compiuto due voli di esplorazione, che diedero risultati cartografici di grande importanza per la conoscenza di terre allora quasi sconosciute, durante il terzo volo, dopo aver sorvolato la Groenlandia settentrionale, Nobile raggiunse il Polo per la seconda volta a bordo di un dirigibile. Era il 24 maggio 1928. Durante il volo di ritorno alle Svalbard, lungo la stessa rotta percorsa all'andata, dopo aver resistito a 30 ore di tempesta, alle 10.33 del 25 maggio l'Italia precipitò sul pack a causa del maltempo, a circa 200 miglia dalla terra di Nord-Est. La cabina di pilotaggio venne staccata dall'involucro, dieci dei sedici uomini a bordo furono sbalzati dall'aeronave, che, improvvisamente alleggerita, riprese il volo scomparendo per sempre con sei occupanti. I nove superstiti - uno era morto nell'impatto - issarono una tenda che fu colorata di rosso utilizzando anilina e tentarono di mettersi in contatto radio, utilizzando una trasmittente ritrovata miracolosamente intatta tra i ghiacci e montata dal radiotelegrafista Giuseppe Biagi con materiali di fortuna. Il segnale di soccorso fu captato il 3 giugno da un radioamatore russo. Prese allora il via una imponente spedizione di soccorso, cui parteciparono navi e aerei di molte nazionalità, che costò la vita a diversi aviatori, tra i quali lo stesso Amundsen, che precipitò con l'idrovolante nel mare di Barents con altre cinque persone. Il capitano degli Alpini Gennaro Sora esplorò con due compagni e con una muta di 9 cani dal 18 giugno al 13 luglio a piedi il pack alla ricerca dei naufraghi; le guide del CAI Albertini e Matteoda effettuarono un analogo tentativo con 10 cani e due conducenti dal 23 giugno al 7 luglio. Il 19 giugno, il tenente colonnello Umberto Maddalena con il suo idrovolante S 55, riuscì a localizzare la "Tenda Rossa", senza però riuscire ad atterrare. Il 22 giugno, Maddalena e il maggiore Penzo, a bordo di un secondo idrovolante, lanciarono viveri e generi di conforto sul pack. Il 24 giugno, Einar Lundborg, luogotenente pilota della Marina svedese, atterrò con il suo Fokker vicino alla "Tenda Rossa", portando in salvo per primi Nobile e la cagnetta Titina, mascotte anche di questa spedizione, adducendo ordini superiori che gli imponevano di recuperare per primo il comandante per organizzare meglio le successive operazioni di soccorso. Nobile avrebbe voluto che fosse caricato per primo il capo meccanico Natale Cecioni, come lui gravemente ferito ad una gamba, ma il pilota svedese fu irremovibile. Portato al sicuro Nobile, Lundborg ritornò subito per recuperare altri naufraghi, ma il suo aereo capottò sul pack durante il secondo atterraggio, danneggiandosi irrimediabilmente. Il pilota fu illeso ma anch'egli rimase prigioniero dei ghiacci. Seguirono molti giorni di maltempo e solo il 12 luglio, 48 giorni dopo il disastro, i sette compagni ancora in vita - il meteorologo Malmgren era deceduto dopo essere partito il 30 maggio a piedi con gli ufficiali navigatori Mariano e Zappi alla ricerca di soccorsi - furono tratti in salvo dal rompighiaccio sovietico Krassin. La Tenda Rossa, andando alla deriva con i ghiacci galleggianti, si era spostata di oltre 100 km a sud-est del punto della caduta del dirigibile.
Questa triste vicenda, che nel mondo ebbe un'enorme risonanza, appannò la fama di Nobile, che trascorse il resto della sua lunga vita oppresso dai rimorsi e impegnato in dure polemiche per difendere la correttezza del suo operato, a molti apparso non ineccepibile. Alcuni non perdonano a Nobile il fatto di essere salito per primo sull'aereo del soccorritore, lasciando l'equipaggio sul pack per altre tre settimane. Infatti, nel secondo volo, l'aereo capottò sul ghiaccio, diventando inutilizzabile. Il codice della marineria prevede che, sebbene in gravi condizioni, un comandante debba sempre essere l'ultimo a ricevere il soccorso. Ricordiamo che Nobile aveva una gamba fratturata con principi di cancrena e rimandiamo i lettori all'ampia bibliografia relativa, la cui consultazione è indispensabile per esprimere un giudizio obbiettivo. Sul caso del dirigibile Italia nell'autunno del 1928 fu istituita una Commissione d'Inchiesta che concluse i suoi lavori il 5 marzo 1929, esprimendo un parere di censura sulla condotta di Nobile, che, amareggiato, si dimise della Regia Aeronautica e andò in volontario esilio in Francia, Prussia e Russia, dove diresse altre spedizioni esplorative nelle regioni polari, questa volta a bordo del rompighiaccio Malyghin, e dove dal 1932 al 1936 progetto e costruì cinque dirigibili. Nel 1937, il dirigibile V-6 da lui costuito, di 18.500 mc, volò da Mosca ad Arcangelo senza scalo per 130 ore, al comando del suo allievo capitano Pankoff, stabilendo un record mondiale di durata in volo per qualsiasi categoria di dirigibile. Durante il soggiorno russo, Nobile progettò anche un dirigibile semirigido di 55.000 mc, un rigido di 100.000 mc e un hangar rotante. Tornato in Italia alla fine del 1936, non avendo trovato lavoro, espatriò nuovamente, dirigendosi questa volta negli Stati Uniti, dove dal 1939 al 1942 tenne una cattedra al Dipartimento di Ingegneria Aeronautica dell'Università Cattolica di Chicago. Dopo il 25 luglio 1942, alla caduta del Fascismo, Nobile tornò definitivamente in Italia, dove tra il 1946 e il 1948, come Deputato indipendente, partecipò all'Assemblea Costituente.
Il programma della spedizione polare era essenzialmente scientifico, e spaziava nei campi oceanografico, geografico, geomagnetico, gravimetrico, cartografico, biologico e meteorologico. Furono fatte ricerche sulla propagazione delle onde elettromagnetiche, sull'elettricità e la radioattività dell'atmosfera e sul campo magnetico terrestre, misure delle profondità marine, della salinità, del contenuto di plancton e della temperatura delle acque, oltre a osservazioni sulla deriva dei ghiacci e determinazioni della concentrazione batterica nell'aria a varie altezze e latitudini. Per lo svolgimento di questo intenso programma scientifico, a bordo dell'Italia si trovavano tre noti ricercatori, Aldo Pontremoli, studioso di fisica terrestre, Francesco Behounek, fisico cecoslovacco e Finn Malmgren, meteorologo svedese. Dei tre, il solo Behounek fece ritorno.
Per concludere, a prescindere dalle polemiche, innegabilmente Nobile fu uno dei più importanti ricercatori dell'epoca. L'esito tragico della sua ultima grande impresa gettò un'ombra sull'importanza dei suoi studi scientifici, ponendoli in secondo piano o addirittura condannandoli all'oblìo.

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PRESENTE E FUTURO DELL'AEROSTATICA
PALLONI NELLA STRATOSFERA E OLTRE
LA RINASCITA DEL PALLONE AD ARIA CALDA

Dopo un lunghissimo periodo di dominio pressoché totale degli aerostati ad idrogeno, dovuto essenzialmente a motivi tecnologici, solo intorno al 1920 si ebbero sporadici tentativi di rivalutare il pallone ad aria calda, utilizzando per l'alimentazione della fiamma gas di alcol o benzina. Il 25 settembre 1937, i viennesi Marek ed Emmer, a bordo di una mongolfiera di 2.600 mc, raggiunsero 9.374 m di quota. Il combustibile usato fu gas di petrolio. I due aeronauti, considerati come i veri precursori degli attuali piloti di mongolfiere, effettuarono oltre duecento ascensioni. L'involucro del loro aerostato era formato da quaranta fusi di tessuto ignifugo. Il bruciatore era doppio ed era alimentato da una pompa elettrica. Si trattava dunque di dispositivi e di materiali simili a quelli utilizzati oggi.
La Seconda Guerra Mondiale segnò una stasi dell'aerostatica per scopi non militari. Solo nel 1947, negli USA, Don Piccard, figlio di Jean Félix, fratello gemello del celebre scienziato e aeronauta Auguste Piccard, riprese a volare a bordo di palloni a gas. Ma in quegli anni, la difficoltà di ottenere dell'idrogeno e il suo costo elevato rappresentarono un grosso ostacolo. Il 18 novembre 1948, James A. Contos di Akron (Ohio) costruì e volò con un pallone ad aria calda equipaggiato con un bruciatore alimentato con una miscela di propano e kerosene. Nello stesso periodo, l'americano Paul (Ed) Yost si trovava in Europa, dove lavorava per la General Mills allo sviluppo di un progetto basato su palloni stratosferici a gas che venivano usati ufficialmente per scopi scientifici ma più probabilmente anche per scopi spionistici. Yost lavorò anche alla realizzazione e al lancio di speciali palloni che recavano messaggi di propaganda politica anti-comunista e che venivano liberati nei pressi della Cortina di Ferro che divideva le due Germanie. Per questo scopo, nel 1953, Yost realizzò dei palloni di 8.000 piedi cubici con involucro di polietilene e con uno speciale bruciatore idraulico, in grado di sollevare un carico utile di 18.2 kg. Nell'arco di poche settimane, incoraggiato dai risultati, Yost costruì anche un pallone di 765 mc, in grado di sollevare un uomo. Se gli studi di Yost durante gli albori della "Guerra Fredda" furono fondamentali, lo sviluppo del moderno pallone ad aria calda ebbe anche origine da uno studio effettuato per rallentare la caduta del paracadute, durante la guerra di Corea del 1954. Se si fosse riusciti a riscaldare l'aria all'interno di un paracadute più capiente, mediante un piccolo bruciatore collegato a un serbatoio di gas liquefatto, la spinta ascensionale dell'aria calda avrebbe considerevolmente rallentato la discesa dell'aviatore. La difficile realizzazione di un simile progetto fece accantonare l'idea, ma riportò l'aria calda all'attenzione degli esperti.
All'inizio degli anni sessanta, grazie anche al miglioramento dei materiali e alle nuove tecnologie, il pallone ad aria calda tornò ad essere preso in considerazione come mezzo sportivo. La creazione di tessuti sintetici forti e leggeri, le nuove tecniche di controllo del volo e la realizzazione di un sistema di efficienti bruciatori alimentati a propano, aprirono una nuova era per la mongolfiera.
Ulteriori studi furono stimolati dall'ONR (Office of Naval Research) della Marina degli Stati Uniti, che, per ottenere un pratico sistema di avvistamento in mare, consultò i progettisti di palloni sonda della Raven Industries di Sioux Falls, South Dakota, azienda fondata nel 1956 da Yost, tornato negli USA, e da altri tre soci. La Raven, che già si era distinta nella costruzione di palloni a elio di polietilene destinati al trasporto di strumenti scientifici e uomini nell'alta atmosfera, alla fine degli anni cinquanta stipulò un contratto per la realizzazione di un piccolo pallone ad aria calda da utilizzare nell'addestramento di piloti osservatori. La Marina richiese che la spinta di sollevamento fosse offerta dall'aria calda perché c'era la necessità di un pallone riutilizzabile che fosse poco costoso e facile da far funzionare. I palloni a gas avrebbero avuto un costo di esercizio assai maggiore, quindi vennero scartati. Il 18 ottobre 1955 a Horon, nel South Dakota, Yost effettuò un primo volo vincolato a bordo di un pallone realizzato dall'ONR, con un bruciatore alimentato a kerosene. Negli anni seguenti, la Raven creò l'aerostato "Vulcoon", dal nome di Vulcano, mitica divinità del fuoco. Dopo un breve volo di prova, il 10 ottobre 1960 a Bruning (Nebraska), l'attività moderna della mongolfiera ebbe virtualmente inizio a Sioux Falls (South Dakota) il 22 ottobre 1960, il giorno in cui Ed Yost si sollevò dal terreno con un pallone da 1150 mc e volò per circa trenta minuti, giungendo fino a 2.700 m di quota sulla località di Strato-Bowl e percorrendo 4,8 km. I Vulcoon erano costruiti con nylon e laminati di gomma al silicone. Erano alti 15,2 m, avevano un diametro di 12,2 m e costavano 3.500 $. Le bombole alimentavano un bruciatore d'acciaio attraverso una valvola che era usata per il controllo della fiamma. Nel gennaio 1962, dopo aver prodotto e venduto un certo numero di Vulcoon, Yost, Don Piccard e il giovane studente di fisica Tracy Barnes organizzarono a St.Paul (Minnesota) il primo raduno per far conoscere i nuovi palloni (Minnesota Winter Carnival). Volarono Yost, Piccard e Kenser a bordo di palloni Vulcoon e Barnes a bordo di un pallone autocostruito, cimentandosi anche in una gara: fu indicato un bersaglio a 10,5 km di distanza. Vinse Barnes, atterrando a 183 metri dall'obbliettivo, mentre Yost fu secondo, arrivando a 2,5 km. Possiamo considerare questa come la prima gara per aerostati ad aria calda mai disputata. Dopo il meeting, anche Barnes, che nel 1961 aveva costruito personalmente il suo primo pallone, abbandonò una più tranquilla prospettiva professionale per diventare pilota e costruttore di palloni. Il 13 aprile 1963 Ed Yost e Don Piccard, a bordo di un pallone di 1700 mc sostentato esclusivamente grazie all'aria calda, denominato "Channel Champ" compirono il primo attraversamento della Manica, nel tempo di 3 ore e 17 minuti, decollando da Rye e atterrando a Gravelines, presso Dunkerque, dopo un volo di 80 km. A bordo doveva salire anche il famoso storico dell'aeronautica Charles Dolfuss ma non fu possibile per motivi di peso. Nello stesso anno si disputò la prima edizione degli US National Championship, con la vittoria di Dick Pollard. Nonostante questi incoraggianti risultati, validi anche da un punto di vista competitivo, che dimostravano l'affidabilità degli aerostati ad aria calda, l'interesse della U.S. Navy per il nuovo mezzo si affievolì ben presto, annullando ulteriori impegni di ricerca. Gli ingegneri della Raven, pur nel comprensibile disappunto, intuirono però che una versione sportiva del modello militare avrebbe avuto un buon mercato potenziale. Convinti di ciò, verso il 1965, Yost e gli altri due progettisti, Don Piccard e Barnes, ripresero separatamente le sperimentazioni, e nel 1967/68 la Federal Aviation Administration statunitense (FAA) approvò le nuove aeronavi. I tre allora crearono gli embrioni di quella che oggi negli USA è un'industria prosperosa. Nel settembre 1965 a Reno, nel Nevada, la terza edizione dei campionati nazionali per palloni ad aria calda, ebbe undici partecipanti. L'evento fu celebrato dal prestigioso National Geographic Magazine, che nel marzo 1966 pubblicò un esauriente resoconto.
Il più antico raduno che continua anche ai giorni nostri con la partecipazione di una cinquantina di palloni, è il cosiddetto "Whamobass", che si svolge dal 1965 in California. Il nome è in realtà una sigla che deriva dalle iniziali di Whiskey Hills Atherton Meulo Oaks Ballooning and Sport Society.
Negli stessi anni, un ingegnere inglese amante del volo a vela, William Malpas, si trovava in California, dove prese contatti con il mondo dei palloni ad aria calda. Entusiasta del nuovo mezzo per volare, al suo ritorno in Inghilterra, coinvolse alcuni amici, tra i quali l'ingegnere informatico Don Cameron e il fotografo Tom Sage, nel progetto di realizzazione di un pallone di questo tipo. Il primo volo dell'aerostato, battezzato "Bristol Belle", ebbe luogo il 9 luglio 1967. Negli anni immediatamente successivi, in Gran Bretagna sorsero due manifatture di palloni ad aria calda: la Thunder (fondata nel 1972), poi fusa con la Colt nel 1977, e la Omega Balloons (fondata nel 1968 e nel 1970 scissa in Western Balloons e Cameron Balloons). Quest'ultima, sia per l'intraprendenza e la creatività del suo fondatore, Don Cameron, sia per la qualità e il livello tecnologico delle realizzazioni, rappresenta oggi per l'aeronauta ciò che la Rolls Royce rappresenta per l'automobilista. Recentemente, la Cameron Balloons ha assorbito la Thunder & Colt, rafforzando il suo ruolo dominante.
Nel 1969, Ed Yost, Don Kersten e Peter Pellegrino fondarono la Balloon Federation of America, con lo scopo "Promuovere, sviluppare e aiutare l'arte del volo aerostatico". Nell'arco di dieci anni, dal 1968 al 1978, il parco sportivo statunitense crebbe da una dozzina di palloni a circa cinquecento. Oggi, negli USA sono in attività oltre ottomila palloni ad aria calda, e i piloti con brevetto della FAA sono circa cinquemila. In Europa volano circa tremila mongolfiere. Questi dati sono molto approssimativi, in quanto sono in continua espansione e non esiste un completo catalogo internazionale di questo tipo di aeronavi.
Lo scetticismo però continuò per anni a dominare la scena, tanto è vero che uno dei libri di aerostatica più importanti, "The Romance of Ballooning", edito nel 1971, concludeva il breve capitolo sui palloni ad aria calda affermando che "L'esistenza di queste moderne mongolfiere avrà breve durata, come accadde nel diciottesimo secolo, per gli evidenti svantaggi rispetto ai palloni a gas". Il grande fisico Niels Bohr diceva: "Fare previsioni è molto difficile, soprattutto quando esse riguardano il futuro!".

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PROGETTI INNOVATIVI

Tra i progetti degli anni '70 e '80, alcuni tuttora in fase di studio e sperimentazione, ricordiamo l'Inflataplane della Goodyear, un aereo monoposto .. gonfiabile, del 1975; l'Aerocrane, la "gru aerea", un abbinamento tra aerostato ad elio e motori da elicottero, in grado di sollevare 70 tonnellate di peso e di trasportarle a 75 km/h, e l'analogo Heavylifter, con una capacità di sollevamento di ben 250 t, superiore a quella di qualunque elicottero, in grado di decollo e atterraggio sul posto; l'Aereon e il Megalifter, due abbinamenti tra aereo e dirigibile, con velocità fino a 370 km/h, autonomia di 15.000 km, capacità di carico utile di 250 t e possibilità di decollo e atterraggio su piste brevissime, e infine lo Skyship, del 1975, un dirigibile rigido a forma di disco volante in grado di viaggiare a oltre 200 km/h. Tutti questi veicoli si basano sul principio che un carico eccezionalmente pesante può essere trasportato per via aerea a bassa velocità e a basso costo solo con mezzi di questo tipo, dove il gas elio rimane sigillato all'interno di un resistente involucro rigido e aerodinamico, realizzato con moderne leghe leggere a base di carbonio, resine e plastiche speciali. In alcuni progetti originali degli anni '70 era addirittura considerato l'uso di propulsori a energia nucleare. Più recentemente, è stato messo in fase sperimentale lo Stingray, una sorta di "tappeto volante" gonfiato, un aereo-dirigibile del peso di una tonnellata e con un'apertura alare di 13 metri, in grado di viaggiare a 130 kmh a 500 m di quota. Già collaudato con due persone a bordo per oltre 200 voli, è considerato la base per la realizzazione di un modello in grado di trasportare 14 passeggeri.
Interessante anche il progetto francese MIR (Montgolfière infra-rouge), promosso dal CNES (Centre National d'études spatiales). Come si deduce dalla sigla MIR, si tratta di un pallone ad aria calda cilindrico non pilotato, in grado di volare a quote assai superiori agli 11.000 metri, dove la temperatura esterna è di circa -56 °C. Nell'aria così fredda, è sufficiente una piccola differenza di temperatura interna per consentire il sostentamento dell'aerostato. Tale differenza è garantita dall'irraggiamento solare durante il giorno, e dalla radiazione infrarossa proveniente dal suolo durante la notte, Per captare questa radiazione, la base dell'involucro è trasparente, e l'interno è rivestito di alluminio riflettente che le dà un comportamento assimilabile a quello di un vaso Dewar (comunemente detto "thermos"). La MIR ha 40 m di diametro e 35 m di altezza. Tra l'11 dicembre 1982 e l'1 febbraio 1983, la MIR fu la prima mongolfiera a compiere il giro del mondo, naturalmente senza aeronauti a bordo, aprendo la strada a una nuova generazione di palloni scientifici particolarmente economici, destinati a missioni di lunga durata. La quota di crociera della MIR è compresa tra i 28 e i 20 km di altezza. Qualora essa scenda sotto i 18 km, un meccanismo automatico ne provoca l'esplosione, per evitare che l'aerostato vagante possa intralciare la navigazione aerea.

I DIRIGIBILI DI OGGI E DEL FUTURO

Forse nei prossimi anni assisteremo al ritorno in grande stile dei dirigibili. Il congresso organizzato nel 1995 dal Museo dell'Aeronautica Caproni di Trento (Italia), "Technologies and capabilities of new dirigibles" diede precise indicazioni in questo senso. In tutto il mondo, molti esperti aeronautici stanno oggi cercando di trovare la via per riproporre questi mezzi di grande fascino, le cui possibilità di impiego sono ancora in parte da scoprire e non certo limitate al mondo della pubblicità. I problemi più grossi da risolvere sono quelli relativi alla creazione delle indispensabili infrastrutture (hangar, piloni di attracco, centri di manutenzione, centri di raccolta delle merci, ecc.) per consentire un ritorno in grande stile agli usi civili di queste aeronavi. Il governo peruviano ha avviato da tempo un serio studio di fattibilità per utilizzare piccoli dirigibili a scopo turistico, per condurre i visitatori in zone archeologiche remote e difficili da raggiungere. Il moderno dirigibile sta trovando interessanti applicazioni nel campo delle riprese televisive di eventi sportivi, come è stato nel caso delle Olimpiadi di Barcellona del 1992, quando il dirigibile a elio della Virgin ha realizzato inquadrature altrimenti impossibili da ottenere. Infatti, un dirigibile non vibra, consente riprese a 360 gradi e può rimanere quasi in stallo sopra un punto preciso.
Nel campo dei dirigibili da trasporto, già il 28.8.1992 i Russi presentarono il dirigibile Rossiya, prototipo del più recente Thermoplane ALA 600, un aerostato a forma di disco, che a causa della crisi economica dell'ex URSS non è ancora stato realizzato. Il Thermoplane conterrà aria calda e 48 palloni gonfiati con idrogeno, reso meno infiammabile grazie all'aggiunta di un composto segreto. Avrà un diametro di 198 m, un'altezza di 70 e potrà viaggiare a 220 km/h, trasportando fino a 600 tonnellate di carico utile su una distanza di 5.000 km. L'aerostato, del quale dovrebbero essere costruiti venti esemplari, sarà impiegato nel trasporto di merci nelle regioni più remote della Siberia, non servite da strade né da aeroporti, nel soccorso delle popolazioni in caso di catastrofi naturali e nel controllo antincendio delle foreste. Si valuta che il costo di esercizio, a parità di peso trasportato, sarà 20 volte più economico di quello con elicotteri, 6 volte di quello con aerei e 3 volte di quello mediante autocarri. A tutt'oggi è stato costruito un prototipo di dimensioni inferiori. Il progetto è diretto dai professori Iury Ishov e Leon Ponyaev presso il Moscow Aviation Institute.
La Airship Developement Corporation di Santa Maria (California), presieduta da Winfield Arata, ha presentato alcuni progetti mirati soprattutto al controllo ambientale, a osservazioni del territorio e al controllo delle frontiere. L'azienda produce quattro modelli di dirigibile ad elio, due rigidi e due non rigidi, utilizzando nuovi materiali di alto livello tecnologico, già utilizzati anche nella fabbricazione delle barche da regata.
Interessanti i dirigibili solari radio-controllati "Lotte 1, 2 e 3", realizzati dall'Università di Stoccarda (Germania), che suggeriscono la possibilità di usare anche questo tipo di motore per airships di nuova concezione. Un prototipo di 16.6 m di lunghezza con un volume totale di 109 mc, in grado di trasportare un carico utile di oltre 20 kg, ha attraversato tutto il continente australiano da nord a sud in tappe successive. Il progettista, il giovane ingegner Ingolf Schäfer organizzò nel 1996 un raid per dirigibili ad energia solare in Australia di oltre 3.000 km. Le nuove batterie solari Litio-Selenio garantiscono una potenza di energia prodotta superiore a tutte le altre.
L'Airship Industries da tempo ha in produzione lo Skyship 600 Sentinel, un dirigibile per usi militari con bassi costi di esercizio, basso consumo e altissima autonomia, in grado di assicurare una copertura radar dieci volte superiore a quella ottenuta con un elicottero. L'Airships Industries già nel 1983 aveva presentato il suo primo prodotto innovativo, un dirigibile di 5.131 mc interamente di plastica, tranne il motore, un aircraft dunque del tutto invisibile ai radar e quindi di notevole interesse militare. Il derivato  Skyship 600 contiene una antenna radar grande come quella degli aerei AWACS, può svolgere le stesse funzioni di controllo di una flotta di 5 elicotteri ed è in grado di individuare un missile Cruise in viaggio a pelo d'acqua. Il carburante necessario per far volare un elicottero per un giorno è sufficiente per far volare lo Skyship per un mese. Il suo volo lungo le coste o sulle metropoli o lungo le zone di confine ha un potere deterrente contro il crimine, il contrabbando o l'espatrio clandestino che nessun altro strumento può esercitare. La Westinghose, la US Navy e l'Airships Industries stanno ora lavorando alla realizzazione del Sentinel 5.000, che dovrebbe essere quasi pronto. Si tratterà del più grande dirigibile non rigido prodotto nella storia dell'aviazione. L'involucro, a forma di sigaro, misurerà 130 m di lunghezza e 32 m di diametro massimo. Gonfiato a elio, il Sentinel 5.000 sarà mosso da tre motori da 1870 HP ciascuno, potrà viaggiare a 163 km/h e avrà un'autonomia massima di 60 ore a 74 kmh.
Anche il governo italiano, sempre alle prese con il contrabbando e con l'immigrazione clandestina dall'Albania e dalla Ex-Jugoslavia via mare, sta sviluppando un programma di controllo delle coste del Mare Adriatico mediante quattro aerostati vincolati a 1.300 m di quota. I radar installati su questi aerostati sarebbero in grado di individuare un'imbarcazione di 2,5 metri in un raggio di 160 km.
Bruce Blake della Melbourne University (Australia) ha presentati i progetti di moderni aeromobili con parziale gonfiaggio mediante gas leggeri, ibridi tra aereo e dirigibile nei quali il 10% della forza di sollevamento è determinato da un gas, e il restante 90% dalla componente aerodinamica. I progetti, che prendono il nume di "Australis" e "Hornet", richiamano esteriormente l'Heavylifter, l'Aereon e il Megalifter degli anni '70. Sempre più pesante dell'aria, ma di poco, il progetto del "Divertiplano", un dirigibile ultraleggero (ULM) del peso di soli 450 kg e con involucro di 404 mc riempito con elio, equipaggiato con due eliche a orientazione variabile, progettato dall'Ingegner Giovanni Manzo di Torino (Italia). L'interesse di questo prototipo è anche dovuto al fatto che potrebbe essere un mezzo di costo relativamente contenuto e facile da gestire dal punto di vista burocratico, rientrando nella categoria degli ULM e non degli aeromobili.
La Stewkie Systems di Sherborne (Inghilterra) sta per passare alla fase esecutiva del progetto AirCruiser, dirigibile ibrido a forma di ala a delta lunga 60 m larga 53,5 m e alta 16 m, con quattro motori a elica intubata, in grado di viaggiare a 350 km/h ma anche di viaggiare quasi in stallo, a velocità bassissime. La struttura portante sarebbe costituita da tubi di materiale elastico gonfiati a 2 atmosfere di pressione. Anche l'hangar sarebbe costruito con la medesima tecnica e materiali dello stesso tipo. L'AirCruiser dovrebbe essere essenzialmente un mezzo da crociera turistica: i vasti spazi di osservazione per i passeggeri consentirebbero loro di godere pienamente della visione del paesaggio.
E per finire la Zeppelin Luftschifftechnik (ZLT) di Frederichshafen (Germania), fondata nel 1993 per lo sviluppo e la produzione di dirigibili di nuova tecnologia, ha già realizzato il modello LZ N 07, un dirigibile da 7.200 mc in grado di trasportare 12 passeggeri più i due piloti. LZ N 07 è un modello in scala ridotta dei futuri LZ N 17 e LZ N 30, rispettivamente di 17.000 e 30.000 mc. Quest'ultimo a pieno carico trasporterà 84 passeggeri a una velocità di crociera di 140 km/h. Il modello ha una struttura rigida innovativa a sezione triangolare (chiamata spiritosamente "Toblerone struktur", dal nome del famoso cioccolato), tre motori a orientazione variabile e un sistema di navigazione computerizzato, che gli consentirà di effettuare manovre che mai nessun altro dirigibile ha potuto compiere. Potrà effettuare una inversione completa di marcia con vento laterale di 5 m/s (10 nodi) in uno spazio di soli 100 m, contro i 250 m necessari per un dirigibile convenzionale. Lo Zeppelin del futuro avrà impieghi essenzialmente turistici. A partire dal 2 luglio 1996, il giorno in cui il museo Zeppelin ha riaperto le porte, i visitatori possono anche effettuare un volo con questo tipo di aeromobile sul Lago di Costanza. Gli Zeppelin NT avranno anche impieghi nel campo della ricerca e del rilevamento scientifico e del controllo ambientale.

L'AEROSTATICA NEL TERZO MILLENNIO

Nel corso degli ultimi anni, lo sviluppo tecnologico dei materiali e delle tecniche legate al lancio dei palloni stratosferici ha suggerito una serie di interessanti impieghi futuri degli aerostati. Ad esempio, i palloni sono in grado di compiere analisi dell'alta atmosfera che nessun altro mezzo è in grado di compiere, inoltre si propongono come strumenti relativamente economici da utilizzare nelle imprese spaziali e come mezzi di trasporto pesante. Solo gli aerostati sono in grado di mantenersi virtualmente immobili nell'aria ad altissima quota, cosa che  nessun aereo o elicottero può fare. Di conseguenza, alcuni tipi di ricerche, come la raccolta di particelle di polvere cosmica, che nello spazio viaggiano troppo rapidamente per poter essere raccolte, l'analisi dei gas inquinanti alle varie quote o le misure della concentrazione dell'ozono sono possibili esclusivamente  utilizzando palloni stratosferici. Per questo scopo, i centri di lancio di palloni di questo tipo di Thule (Groenlandia) e di Kiruna (Svezia) lanciano continuamente palloni di 100.000 mc con 400 kg di carico utile, costituito da strumenti elettronici di rilevamento.
Un'esperienza molto interessante è stata realizzata nel settembre 1994 dai ricercatori francesi del CNES. Un pallone stratosferico, lanciato da Fort Sumner, nel Nuovo Messico, ha portato ad un'altezza di 38.000 metri un potente telescopio di due metri, del peso di tre tonnellate, chiamato Pronaos (dalle iniziali di Programme national d'astronomie submillimetrique). Lo strumento è in grado di effettuare analisi delle radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d'onda compresa tra 100 micron e 1 millimetro, radiazioni che al suolo è impossibile osservare perché filtrate dall'atmosfera. Il telescopio è rimasto in quota per 28 ore compiendo 17 ore di analisi sulla radiazione di fondo dell'universo e sulle zone nelle quali si concentrano i gas interstellari per formare nuove stelle. Le radiazioni submillimetriche sono prodotte infatti da materia che si trova a temperature comprese tra 12 e 35 gradi Kelvin (cioè tra -261 e -238 gradi °C). Le indagini sulla concentrazione di questo tipo di materia potrebbero consentire di precisare l'età dell'Universo e di risolvere il problema della "materia mancante", cioè dire se l'Universo continuerà per sempre la sua espansione (Universo "aperto") o se esso invece è destinato a contrarsi nel futuro (Universo chiuso o "pulsante"). Il progetto, che prevede una missione ogni diciotto mesi è attualmente fermo per mancanza di fondi ma ha dimostrato che si possono utilizzare giganteschi palloni stratosferici nella ricerca astronomica perché questo tipo di aerostato è in grado di trasportare nella stratosfera alcune tonnellate di carico utile, cosa che nessun altro mezzo volante è in grado di fare. L'unico strumento oggi in grado di effettuare ricerche in questo campo è il satellite americano COBE, lanciato nel 1989. E' chiaro però che un pallone ha costi ben diversi rispetto ad un satellite, inoltre consente di recuperare ogni volta l'attrezzatura. Il progetto Pronao è costato in totale circa 3 miliardi di lire, ed ogni lancio richiede un investimento di mezzo miliardo, assai meno del costo di un missile militare Cruise.
Nel novembre 1998 dal centro spaziale Marshall della Nasa, a Washington, diretto da John Horack, è stato lanciato un pallone stratosferico con il compito di recuperare polveri cosmiche di origine cometaria e meteoritica a grande altezza. Un secondo lancio è stato effettuato nell'aprile del 1999. Forse un pallone ci potrà spiegare anche il segreto delle comete.
Tra le novità più curiose, un ingegnere francese, Jean-Paul Domen, ha proposto un nuovo tipo di mongolfiera, chiamata "Bulle d'Orage", cioè "Bolla di temporale". In essa, l'energia necessaria per mantenere in volo l'aerostato è fornita dallo sviluppo nel suo interno di un fenomeno temporalesco in miniatura. All'aria calda, infatti, Domen ha pensato di aggiungere del vapore acqueo, che si condensa progressivamente all'interno del pallone durante l'ascensione, provocando sviluppo di calore. La condensazione, infatti, è un processo esotermico, che all'interno dei cumolinembi temporaleschi provoca la formazione di correnti calde ascensionali la cui velocità può raggiungere i 100 metri al secondo. Domen ha già effettuato alcuni esperimenti, con la collaborazione del CNES (Centre National d'études spatiales), facendo salire fino a 11.500 m di quota un pallone con 42 kg di carico utile (strumentazione elettronica). L'aerostato è stato gonfiato a terra con aria a 30°C, immettendo vapore acqueo fino a ottenere una saturazione del 75%. Giunto a 2500 m di quota, l'abbassamento della temperatura esterna ha prodotto la condensazione di una parte del vapore acqueo, che ha raggiunto il livello di saturazione del 100%: questo fenomeno ha consentito a 4500 m di quota di mantenere la temperatura interna dell'aerostato a 17°C con una temperatura esterna di -11°C. Il divario termico di 28°C ha consentito al pallone di continuare a salire a 2 m/sec fino a 11.500 m. Dunque, con un semplice gonfiaggio a terra con aria calda e umida, e senza più utilizzare bruciatori né gas più leggeri dell'aria, l'aerostato del CNES ha dimostrato che esiste possibilità teorica di mandare nella stratosfera un carico qualsiasi, sfruttando un fenomeno naturale che non può essere soggetto a panne di alcun genere. Si pensa che in futuro Bulle d'Orage potrà essere usata per trasportare nella stratosfera un veicolo aerospaziale in grado poi di mettere in orbita dei satelliti. Si tratta di riprendere l'idea dei razzi BATO, lanciati nel 1957, dei quali abbiamo parlato precedentemente. Domen aveva già indicato una data per il lancio di un satellite con l'aiuto di una Bulle d'Orage, il 5 ottobre 1997, nel quarantesimo anniversario del lancio dello Sputnik sovietico, il primo satellite artificiale della Terra, ma purtroppo il tentativo è stato rinviato.
Un pallone stratosferico, lanciato nel 1998 per un progetto di ricerca promosso dal prestigioso Max Planck Institut für Kernphysik di Heidelberg (Germania), ha potuto accertare che un ruolo fondamentale per lo sviluppo del "buco dell'ozono" sopra l'Antartide viene svolto dalla presenza di acido nitrico nelle particelle che danno origine alle nubi stratosferiche polati. A bordo dell'aerostato è stata sistemata una "lente aerodinamica" che ha permesso di convogliare gli aerosol dell'alta atmosfera in sottili fasci fatti poi evaporare nella camera di uno spettrometro di massa. L'analisi ha accertato che le particelle liquide contenevano acqua e acido nitrico in rapporto di circa 10 a 1.
In campo aerospaziale, ottimi risultati furono ottenuti da aerostati liberati nella densissima e corrosiva atmosfera di Venere. Il progetto fu realizzato nel 1985 grazie a una collaborazione franco-sovietica, su progetto dello scienziato francese Jacques Blamont. Le due sonde Vega, dopo aver sfiorato la cometa di Halley, entrarono in orbita attorno al pianeta, lasciando cadere due capsule ad apertura automatica, che a 60 km di altezza si aprirono lasciando uscire due palloni ad elio autogonfiabili. Gli aerostati avevano un diametro di circa 8 metri e portavano 30 kg di strumenti ciascuno. Ultimato l'autogonfiaggio, i palloni si stabilizzarono a circa 56 km di quota, compiendo misure e analisi dell'atmosfera venusiana, un fluido molto denso la cui pressione al suolo è circa 100 volte quella dell'atmosfera terrestre e la cui temperatura è di 460°C, sufficiente a fondere metalli come lo zinco. Gli aerostati rimasero attivi per quattro giorni, viaggiando sospinti da venti - o forse sarebbe meglio dire da "correnti" - fino a 360 km/h di velocità dalla zona illuminata a quella buia di Venere, la cui rotazione su se stesso è retrograda e richiede ben 243 giorni, 18 giorni in più del tempo che il pianeta impiega per compiere una intera rivoluzione attorno al Sole. Quindi, l'acido solforico presente nell'atmosfera in elevatissime  concentrazioni "digerì" gli involucri, che erano stati fabbricati con cinque strati sovrapposti di Mylar.
Gli incoraggianti successi ottenuti su Venere, hanno indotto gli specialisti aerospaziali a studiare il modo di utilizzare dei palloni anche per le future imprese di esplorazione della atmosfera e della superficie di Giove e di Titano, il satellite maggiore di Saturno, dotato di un'atmosfera ad alta percentuale di azoto, che si presta per indagini mediante aerostati. Giove non possiede una superficie solida, per cui i palloni avrebbero il compito di penetrare il più possibile in profondità nella sua densa atmosfera, fino a rimanere schiacciati dalla pressione. Il progetto più avanzato riguarda però Marte. Sul "pianeta rosso" la situazione è diversa rispetto a Venere: l'atmosfera è molto rarefatta, avendo una pressione alla superficie di solo 7.6 millibar, e la temperatura media è assai più bassa, essendo di -15°C all'equatore. Di conseguenza, per volare a bassa quota su Marte, occorrono aerostati sul tipo dei palloni stratosferici a pressione zero, di grandi dimensioni e con involucro di Mylar sottilissimo, ben diversi da quelli utilizzati nella densissima atmosfera di Venere. Il progetto MATE (Mars Aerobot Technology Experiment), ispirato ancora da Blamont, dovrebbe diventare realtà nei primi anni dopo il 2000, forse nel 2003, e si avvarrà della collaborazione tra scienziati francesi, russi e americani, cui si aggiungerà un contributo di strumentazioni italiane. I palloni da impiegare su Marte avranno forma cilindrica, saranno alti 45 m e larghi 15, con un volume di circa 2.200 mc. Da ognuno di essi penzolerà una guiderope, anch'essa zeppa di strumenti, concettualmente simile ai cavi di rimorchio inventati da Zambeccari nel lontano 1803, alla quale sarà appesa una gondola con gli strumenti di rilevamento. L'insieme peserà solo 65 kg, nella ridotta gravità marziana, pari a due quinti di quella terrestre. I palloni, una volta liberati, inizieranno a volare a circa 4.000 m di quota, a una velocità di circa 35 km/h. Verso sera, con il raffreddamento dell'elio, gli aerostati scenderanno verso il suolo, ma la guiderope toccherà per prima il suolo, rallentando la caduta e iniziando a strisciare sulla superficie. La mattina successiva, il nuovo riscaldamento del gas ne provocherà la dilatazione, riportando in volo il sistema. Si pensa che gli aerostati potranno operare per circa 45 giorni, prima di perdere la loro forza di sollevamento: durante questo periodo invieranno una enorme quantità di dati su temperatura, pressione, umidità dell'atmosfera, studieranno il campo magnetico, analizzeranno il terreno con la loro "coda" penzolante e realizzeranno una serie di fotografie ravvicinate della superficie. I dati saranno trasmessi alla sonda-madre russa, che rimarrà in orbita, e alla vecchia sonda americana Mars Observer, che sarà ancora efficientemente in orbita fin verso la fine del secolo. Già nel 1990, alcuni prototipi di questi palloni spaziali furono collaudati nel deserto Mojave, in California e in Lituania, presso Kaunas. La guiderope è stata realizzata a spese della Planetary Society americana, un ente privato i cui membri, cittadini qualsiasi, hanno deciso di autotassarsi per sostenere i progetti di esplorazione marziana. E così, anche nel segno dell'aerostatica, verrà presto compiuta una grande impresa di ricerca scientifica che vedrà per la prima volta un'unione di forze e di contributi intellettuali tra nazioni fino a poco tempo fa divise e reciprocamente ostili.

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