L’AEROSTATICA
E LO SVILUPPO DELLA SCIENZA MODERNA
dal
libro: Aerostati - Veloci come il vento, leggeri più dell'aria
di: Marco
Majrani
Edizioni dell'Ambrosino, 1999
(per gentile concessione dell’autore)
[...]
I
PRIMI TENTATIVI
Forse
l'aerostatica nacque duemila anni or sono, nelle lande desertiche
del Perù meridionale. Nel giugno 1938, lo scienziato americano Paul
Kosok, archeologo e geofisico della Long Island University di New
York, esaminando i resti degli antichi sistemi di irrigazione precolombiani,
scoprì la gigantesca figura di un uccello, tracciata sul terreno nella
vallata del Rio Nazca. L'immagine era stata disegnata come se si fosse
dovuta vedere dall'alto, in quanto a livello del terreno essa appariva
difficilmente identificabile. Successive ricerche evidenziarono nella
zona un'incredibile dovizia di figure e di linee perfettamente rettilinee,
lunghe anche 10-20 km, tecnicamente molto difficili o quasi impossibili
da realizzare in mancanza di un controllo aereo. Interpellata da Kosok
per una consulenza, l'archeologa e matematica tedesca Maria Reiche,
che in quegli anni viveva in Perù, fu talmente affascinata dalle linee
di Nazca, che dal 1939 dedicò la sua intera vita allo studio delle
misteriose figure. La Reiche riuscì a datarne l'epoca, tra 2.800 e
1.400 anni or sono, e a fornire convincenti spiegazioni del perché
gli indios avessero creato tali disegni. Tuttavia, nonostante gli
studi continuati fino al 1998, quando morì ultranovantenne, la studiosa
non volle o non seppe trarre conclusioni su come i disegni fossero
stati tecnicamente realizzati. Nel museo archeologico di Lima sono
conservati diversi oggetti di terracotta antichi di 2000 anni, sui
quali appaiono disegni che raffigurano inequivocabilmente dei rudimentali
palloni ad aria calda, di forma tetraedrica. Nel 1975, alcuni studiosi
della International Explorer Society, fabbricarono una mongolfiera
utilizzando esclusivamente materiali che già gli indios di Nazca conoscevano,
secondo i modelli raffigurati sulle terrecotte. La forma tetraedrica
è la sola che si possa ottenere semplicemente piegando un unico pezzo
di materiale, senza giunture. La cesta venne realizzata utilizzando
fasci di totóra, la canna palustre del lago Titicaca, dagli stessi
artigiani della tribù Uros che fabbricarono il Kon Tiki, la famosa
barca con la quale Thor Heyerdahl navigò per quattromila miglia da
Lima alle Isole della Società. Il pallone, chiamato Condor I, di circa
2300 mc di volume, fu affidato al pilota inglese Julian Nott e gonfiato
sotto la guida di Doc Crane, specialista di "palloni a fumo",
ovviamente usando legna, lana di lama e altri combustibili non tecnologici
e tipici del luogo. L'aerostato, privo di qualsiasi strumentazione
di volo, salì maestosamente con due persone a bordo fino a 570 metri
di quota e ridiscese senza danni venti minuti dopo, mentre dalla navicella
veniva gettata la zavorra caricata prima del decollo.
[...]
Per
citare situazioni più vicine alla nostra cultura, lo stesso Archimede,
nel 212 a.C. espresse il concetto dell'"aria rarefatta",
correlato al suo famoso "principio". All'inizio del 1200,
Albertus Magnus, detto anche Alberto da Colonia, teologo e filosofo
tedesco (1193-1280), che compì i suoi studi a Padova, dove nel 1223
divenne domenicano, nel suo "De Mirabilibus Naturae" suggerì
un metodo per far volare un involucro di papiro riempito con zolfo,
carbone e sale. Alberto Magno fu santificato nel 1931 da Papa Pio
XI. Ruggero Bacone, scienziato e filosofo inglese (1214-1294) ipotizzò
un grande globo di rame "estremamente fine" che potrebbe
essere riempito con "etere atmosferico" o "fuoco liquido",
che avrebbe potuto volare nell'aria "come un vascello sull'acqua".
Riprendendo gli stessi concetti, nel 1300, il monaco Alberto di Sassonia
(1316-1390), detto anche Alberto di Helmstedt, e da non confondere
con Albertus Magnus, come studioso della gravitazione e di altri fenomeni
fisici mise a confronto la leggerezza del cosiddetto "fuoco"
o "etere superatmosferico" rispetto a quella dell'aria,
e la leggerezza dell'aria rispetto a quella dell'acqua, per dedurne
che, riempiendo di tal fuoco una nave, questa avrebbe potuto galleggiare
sulla superficie di separazione tra fuoco ed aria, così come un'ordinaria
nave, ripiena d'aria, galleggia sull'acqua.
Forse Leonardo da Vinci fu il primo a intuire il potere ascensionale
dell'aria calda. Infatti, Benvenuto Cellini, nella sua autobiografica
"Vita", racconta che passeggiando sulla riva del Tevere,
durante gli anni trascorsi a Roma (1513), Leonardo gonfiava con il
fiato delle sottilissime vesciche animali e le faceva volare. Lo stesso
episodio viene citato anche nelle "Vite degli artefici"
di Giorgio Vasari.
Nel XV secolo, Giovanni da Fontana, commentatore scientifico italiano,
riferisce l'idea di un ignoto inventore che "progettò di costruire,
per mezzo di spesso tessuto e anelli di legno, una piramide di grandi
dimensioni... alla cui base un uomo stesse seduto bruciando frammenti
di pece o sego o di altro materiale infiammabile per produrre un fuoco
intenso e durevole al fine di creare una grande produzione di denso
fumo". Questa si può considerare come la prima esauriente descrizione
di un pallone ad aria calda, anche se frutto di immaginazione e non
corrispondente a una macchina realmente costruita. Per di più, Giovanni
da Fontana arriva a spiegare che "il fuoco avrebbe riscaldato
l'aria all'interno della piramide facendola diventare più leggera
e rarefatta", creando la forza di sollevamento necessaria per
sollevare la piramide e l'uomo. E' curioso che questo concetto, assolutamente
corretto, fu successivamente dimenticato dagli scienziati contemporanei
dei Montgolfier, all'epoca dei primi voli umani alla fine del Settecento.
D'altra parte la storia della scienza è ricca di simili episodi.
L'argomento venne ripreso nel 1657 dal dotto tedesco Kaspar Schott,
nel suo libro "Magia universale", ma il vero precursore
teorico dei principi dell'aerostatica si può considerare un italiano,
il gesuita bresciano Francesco Lana (1631-1687), che nel 1670, nel
suo libro "Prodromo ovvero saggio di alcune inventioni nuove
promesso all'Arte Maestra" descrive una nave che vola sostenuta
da quattro sfere di cuoio o di rame nelle quali sia stato fatto il
vuoto. Dice Lana che, grazie a questo velivolo, gli uomini "..potranno
servirsi delle vele e dei remi a loro piacere per andare velocissimamente
in ogni luogo fino sopra alle montagne più alte". Il gesuita
misurò ingegnosamente il peso dell'aria, valutandolo 1/640 del peso
dell'acqua, valore molto vicino a quello reale (1/733). Lana forse
elaborò le idee di Ruggero Bacone e Albertus Magnus anche alla luce
del risultato di un famoso esperimento realizzato nel 1650 dal fisico
tedesco Otto Von Guericke (1602-1686), inventore della pompa atmosferica.
Come scrive nella sua opera "Experimenta nova...de vacuo spatio",
Von Guericke tagliò a metà una sfera di rame, mise a combaciare le
due semisfere e tolse l'aria dal loro interno, quindi dimostrò che
neppure la forza contrapposta di due cavalli era in grado di separarle.
Ineccepibile il metodo teoricamente proposto da Lana per svuotare
dell'aria le sfere: esse venivano riempite di acqua e sigillate, quindi
il liquido veniva fatto uscire dal basso mediante un lungo tubo, creando
un vuoto barometrico come nei barometri di Torricelli, inventati una
trentina di anni prima. Purtroppo, però, per resistere alla pressione
atmosferica, le pareti delle sfere sarebbero dovute essere troppo
spesse e di conseguenza, il loro peso sarebbe stato eccessivo per
consentire il volo. Interessanti e pertinenti le considerazioni di
Lana sulla navigazione aerea, su come governare la nave, regolando
la quantità di zavorra, e perfino sulla fisiologia della respirazione
umana fino ai livelli dell'"atmosfera irrespirabile". Padre
Lana, preoccupato e sgomento per le potenzialità offensive della sua
stessa invenzione, si augurava però che mai nessuno giungesse veramente
a costruire una siffatta nave.
[...]
INIZIA
L'ERA DEL VOLO UMANO
Joseph
ed Étienne Montgolfier (o "de" Montgolfier), rispettivamente
dodicesimo e quindicesimo dei sedici figli di Pierre Montgolfier,
appartenevano a una famiglia di ricchi fabbricanti di stoffe e carta.
La loro azienda nella frazione Vidalon di Annonay, presso Lione, vantava
oltre trecento anni di tradizione ed era fornitrice di re Luigi XVI.
L'industria esiste ancora oggi, con il nome di "Montgolfier &
Canson". Come la maggior parte degli uomini facoltosi dell'era
illuministica, i due fratelli erano piuttosto colti. Joseph, il più
anziano dei due, in particolare, si interessava molto di scienze e
dei problemi legati al volo, era a conoscenza della scoperta dell'idrogeno
e sapeva anche come il gas poteva essere prodotto. Probabilmente aveva
letto degli esperimenti di Cavallo, e infatti più volte tentò di gonfiare
con idrogeno degli involucri di carta o stoffa, ma l'eccessiva porosità
di questi materiali non consentiva di intrappolare il fugacissimo
gas. La sera del 5 novembre 1782, mentre si trovava ad Avignone, osservando
la cenere salire tra le volute di fumo del caminetto, ebbe un'idea.
Prese un foglio di carta, lo piegò in modo che potesse trattenere
il fumo, e lo pose sopra il fuoco. Il piccolo aerostato - possiamo
chiamarlo così - salì ondeggiando nel camino. Eccitato per la scoperta,
scrisse al fratello Étienne ad Annonay: "Prepara una gran quantità
di taffetà (seta lucida) e delle corde: ti mostrerò la cosa più strabiliante
del mondo!". Joseph era un uomo geniale e dotato di grande fantasia.
Nella sua vita, egli inventò numerose apparecchiature: la pompa idraulica,
alcune macchine per il taglio e la produzione della carta, un tipo
di calorimetro e perfino un apparecchio per disseccare la frutta.
Tornato ad Annonay, Joseph iniziò i primi esperimenti con l'aiuto
del fratello. Temendo che l'invenzione potesse essere copiata da altri,
i primi tentativi furono svolti in gran segreto. Tuttavia, i fratelli
informarono ben presto l'Accademia delle Scienze. In una lettera del
14 dicembre 1782, indirizzata all'amico Nicolas Desmarest, chimico
e mineralogista, i Montgolfier, quasi dimostrando di possedere capacità
divinatorie sul futuro, scrivevano: "... Voi conoscete la nostra
casa, abbiamo preparato la nostra macchina nel giardino nuovo; prima
che potessimo darle tutta la forza ascensionale di cui può essere
dotata, la macchina ha rotto la corda con la quale l'avevamo assicurata,
si è innalzata a 100 o 150 tese d'altezza ed è ricaduta sulla cima
di una delle creste collinari che attorniano la nostra valle. Tutto
ciò è avvenuto in un minuto e mezzo, per cui voi potete avere un'idea
dell'altezza da essa raggiunta...vi preghiamo di voler annunciare
all'Accademia la prossima costruzione di una macchina che potrebbe
essere utile per lanciare segnali sul mare a grande distanza... per
trasmettere messaggi da una città assediata, per fare esperienze sui
fulmini...".
Il 6 maggio 1783, un modesto involucro di seta, gonfiato all'aperto
sopra un falò, salì fino ad un'altezza di circa 20 metri, librandosi
per una ventina di minuti, trattenuto da una corda. A bordo du una
rudimentale navicella si trovava un gatto "che miagolò insistentemente
ma non soffrì". Dopo un certo numero di prove sempre più incoraggianti,
i Montgolfier organizzarono la prima esibizione pubblica della loro
scoperta, in concomitanza con una riunione dodecennale dei notabili
della regione. Era il 4 giugno del 1783 (non il 5 giugno, come riportano
numerosi testi, ma il giorno precedente, come testimonia un documento
ufficiale originale trasmesso all'Accademia delle Scienze e proveniente
dall'epistolario dei Montgolfier), quando, dinanzi a una folla di
qualche centinaio di curiosi radunatasi davanti al Convento des Cordeliers,
nella piazza principale della cittadina, un pallone sferico di 11
metri di diametro, gonfiato sopra un fuoco di paglia e lana e fabbricato
con seta e carta, si innalzò fino a circa 180 metri di quota e, dopo
aver percorso due chilometri in dieci minuti, ridiscese dolcemente
al suolo, nonostante la pioggia. Per il gonfiaggio furono sufficienti
due uomini, ma ce ne vollero otto per trattenerlo fino al momento
in cui Joseph Montgolfier diede l'ordine di lasciarlo andare. Il fuoco
produsse un gran fumo nero e un pessimo odore, ma dinanzi al risultato
questi piccoli inconvenienti passarono quasi inosservati. Il pallone,
fu gonfiato con aria calda, raggiungendo una temperatura interna di
87.5 °C. In nove minuti e mezzo, la "macchina" salì a oltre
mille metri di altezza e andò ad atterrare a oltre due chilometri
di distanza, posandosi con dolcezza su una vigna.
[...]
Nel
1845, lo storico italiano Cesare Cantù, nella sua "Storia Universale",
sintetizza così questi primi eventi: "All'umano ardire parvero
tolti tutti i limiti quando i fratelli Montgolfier alzarono in aria
palloni rarefacendone l'aria con un braciere sottoposto. Il fisico
Charles e il meccanico Robert vi adattarono un gas più leggiero, l'idrogene,
e alla tela sostituirono il taffetà; e allorché dal Campo di Marte
essi libraronsi in aria, i cannoni annunziarono che la scienza aveva
preso possesso dei campi dell'aria".
Da sottolineare anche il bel gesto compiuto da Charles, che poco prima
di decollare, vedendo Joseph Montgolfier tra gli spettatori, gli andò
incontro con un piccolo pallone gonfiato con idrogeno, dicendogli
con deferenza: "è per voi, signore, per indicarci la strada dei
cieli". Montgolfier allora lanciò il pallone-guida, tra le ovazioni
della moltitudine presente. Un bell'esempio di sportività e fair-play
che meriterebbe anche oggi un maggior numero di imitatori. Il lancio
di palloncini-guida è oggi consueto durante le gare e i raduni dei
moderni palloni ad aria calda.
La cavalleresca competizione tra mongolfiera e pallone a gas, detto
anche "charlière", appassionò notevolmente il pubblico,
risolvendosi quasi subito a favore di quest'ultimo. Infatti, come
vedremo, il dominio quasi incontrastato degli aerostati a gas durerà
poi fino al 1960, quando tecnologie e materiali ben più avanzati consentiranno
il ritorno in grande stile del pallone ad aria calda.
[...]
L'OTTOCENTO:
L'AEROSTATICA AL SERVIZIO DELLA SCIENZA
L'Ottocento
fu il secolo nel quale si assistette al consolidamento e alla diffusione
dell'aerostatica nel mondo, quasi esclusivamente con l'utilizzo di
palloni a gas. Grandi primati furono realizzati, ma vi furono anche
numerose vittime, causate essenzialmente dalla scarsa conoscenza dei
fenomeni atmosferici. Al pari di tutte le grandi scoperte dell'uomo,
i palloni trovarono anche largo impiego come strumenti bellici, senza
peraltro diventare le spaventose macchine da guerra paventate da Lana
e Franklin.
Anche e soprattutto nell'Ottocento, molti studiosi compirono ascensioni
in pallone per verificare la validità delle loro teorie e per compiere
osservazioni scientifiche. Nel 1841, a Parigi e a Londra nacquero
le società per la conoscenza della fisica atmosferica, che si avvalevano
essenzialmente di aerostati per i loro studi. Tra le prime ascensioni
ad esclusivo scopo scientifico, ci furono quelle ad Amburgo e a San
Pietroburgo del fisico francese Étienne G. Robertson, che il 18 luglio
1803 salì a circa 7.400 metri di quota, compiendo osservazioni sull'elettricità
e credendo di rilevare un'attenuazione degli effetti del campo magnetico
terrestre all'aumentare della quota, forse tratto in inganno dalle
oscillazioni dell'aerostato che imprimevano anomale rotazioni all'ago
della bussola. Tale risultato fu duramente contestato - a ragione
- dall'astronomo Laplace e dal fisico-chimico Joseph Gay-Lussac (1778-1850).
Lo stesso Gay Lussac, insieme con il collega Jean-Baptiste Biot il
16 settembre 1804 salì a 7.016 metri di quota, registrando le reazioni
di alcuni animali che portò con sé per verificarne il comportamento
nell'atmosfera rarefatta e compiendo anch'egli osservazioni sul campo
magnetico naturale. Tali studi gettarono anche le basi per successivi
approfondimenti sulla fisiologia della respirazione umana e sugli
effetti dell'ipossia, la carenza di ossigeno, evidenziandone i pericoli.
Quasi contemporaneamente, il grande esploratore e naturalista Alexander
von Humboldt, durante una scalata fin presso la vetta del Chimborazo,
nelle Ande ecuadoriane, e Gay-Lussac con le sue ascensioni aerostatiche,
dimostrarono inoltre che nell'atmosfera le reciproche proporzioni
di ossigeno e azoto non variavano con la quota. Questa scoperta fu
basilare per lo studio del comportamento delle miscele gassose.
[...]
Anche
l'astronomo Camille Flammarion (1842-1925) compì numerose ascensioni
scientifiche negli anni dal 1867, soprattutto a bordo del glorioso
pallone "L'Imperial" di Eugène Godard, già usato come aerostato
militare nella Guerra di Indipendenza italiana del 1859. Delle sue
ascensioni, Flammarion ci ha lasciato minuziose descrizioni nella
sua monumentale opera "L'atmosphere".
[...]
L'ERA
DEI DIRIGIBILI
Come
già si è detto, il punto debole principale degli aerostati sferici
è costituito dalla mancanza quasi assoluta di manovrabilità. Per questo
motivo, fin dai primi anni, i progettisti cercarono in tutti i modi
di rendere "dirigibili" i loro palloni. Dal francese Blanchard
al connazionale Giffard, una vasta rassegna di sistemi di vele, pale,
eliche e altri marchingegni furono applicati agli sferici, nel tentativo
- vano - di costringerli a volare secondo i desideri del pilota e
non secondo i capricci dell'atmosfera. Stampe e disegni del tempo
ci mostrano un'incredibile quantità di macchine volanti sempre più
fantasiose e sempre più somiglianti a vascelli. Tra le più ingenue
e divertenti ricordiamo la macchina progettata nel 1855 da Terzuolo,
nella Iquale la propulsione era assicurata da una vela che veniva
gonfiata grazie a un complesso sistema di mantici e trombe; il pallone-pesce
del barone Scott, del 1789, e il pallone di Madame Tessiore, del 1845,
trainato da un grosso uccello rapace, un gipeto ammaestrato. Tuttavia,
tra le tante idee strampalate, già nel 1785, il generale Jean Baptiste
Meusnier disegnò una nave dirigibile a forma oblunga, intuendo che
per poter essere veramente "dirigibili", gli aerostati avrebbero
dovuto possedere una prua e una poppa come le navi. Il brillante ingegnere
già l'anno precedente aveva ideato il "ballonet", involucro
interno dell'aerostato con funzioni di mantenimento della pressione
interna e della forma propria dell'aeronave. Di questo progetto ci
è pervenuta una magnifica serie di tavole acquarellate, conservate
al Musée de l'Air e de l'Espace di Le Bourget (Parigi).
Il primo numero della prestigiosa rivista Scientific American, datato
New York, 28 agosto 1845, riporta il geniale progetto di un aerostato-aliante,
che grazie ad un'ala rigida e un sistema di timoni avrebbe potuto
planare nella direzione voluta dopo essere salito ad alta quota grazie
alla spinta di sollevamento fornita dall'idrogeno. Si tratta di uno
dei primi veri dirigibili, o forse dei primi alianti, che teoricamente
avrebbe potuto raggiungere una velocità di 180 km/h. L'autore del
progetto, che purtroppo non trovò finanziatori, era un "Italian
gentleman", il bolognese Muzzio Muzzi, che ideò due "proto-dirigibili"
chiamati "Nave aerortoploa" e "Nave rettiremiga".
L'unico tentativo di volo, il 5 novembre 1831, fallì per una lacerazione
dell'involucro. Quasi certamente Muzzi ispirò due geniali inventori:
Joseph Pine (detto Pline) e soprattutto l'americano Solomon Andrews.
[...]
I
PRIMI DIRIGIBILI A PROPULSIONE
Il
primo, vero dirigibile a propulsione, che si mostrò in grado di compiere
delle rudimentali manovre fu progettato e costruito da Henri Giffard,
che lo fece volare il 24 settembre 1852. Aveva forma di pallone da
rugby, era lungo 44 m e aveva un diametro di 12 m, per un volume di
2500 mc. Era dotato di un motore a vapore del peso di 150 kg, in grado
di sviluppare 3 cavalli di potenza, per far ruotare a 110 giri al
minuto un'elica a tre pale di 3,40 metri di diametro. Giffard non
riuscì a compiere ulteriori progressi, ma progettò - senza costruirlo
per mancanza di fondi - un colossale dirigibile di 220.000 mc in grado
di trasportare un motore da 80 CV, con involucro rigido e indeformabile,
idea che sarebbe stata ripresa molto più tardi. Realisticamente, dopo
la prima ascensione, Giffard dichiarò: "non mi sono neppure sognato
di andare contro vento, possibilità che i miei calcoli già escludevano
a priori, ma ho eseguito con buoni risultati diverse manovre di deviazione
laterale".
[...]
Con
l'invenzione del motore a scoppio leggero da parte di Daimler, nel
1886, derivato anche dal primo motore a scoppio funzionante a miscela
aria-gas, brevettato nel 1854 dagli italiani Eugenio Barsanti e Felice
Matteucci, i dirigibili cominciarono realmente ad essere tali, potendo
finalmente sfruttare dei propulsori con un migliore rapporto peso/potenza.
L'uso dell'alluminio elettrolitico, la cui produzione iniziò nel 1887,
in sostuituzione del ferro e del legno, consentì di alleggerire anche
le strutture di queste aeronavi, che poterono essere dotate di un'"armatura"
rigida o semirigida, migliorando la aerodinamicità del mezzo, la sua
resistenza alle correnti atmosferiche avverse e alle variazioni di
temperatura esterna.
Fu un ricco brasiliano di discendenza francese, Alberto Santos-Dumont,
a montare per primo i nuovi motori sui suoi dirigibili, che finalmente
si dimostrarono macchine efficienti. Santos-Dumont, nei primi anni
del nostro secolo, divenne una celebrità a Parigi, compiendo imprese
aviatorie audaci e rocambolesche, e usando il dirigibile anche per
recarsi al suo bar preferito! Nel 1901 a Parigi Santos Dumont dimostrò
le doti di manovrabilità del suo dirigibile n°6 decollando da Saint-Cloud
dopo aver compiuto un giro attorno alla cima della Tour Eiffel. Il
tempo impiegato fu di 29 minuti e 30 secondi.
Ma ormai, gli aerostati vedevano apparire sul loro cammino un nuovo
e ben più agguerrito rivale: l'aeroplano. Il 17 dicembre 1903, infatti,
i fratelli Wright volavano per la prima volta su una macchina più
pesante dell'aria. Lo stesso Santos-Dumont costruì un aeroplano con
il quale compì numerosi voli a partire dal 1906. Nel 1908, l'ingegnere
italiano G. Arturo Crocco, appena ventisettenne, inventò il dirigibile
semi-rigido con trave portante snodata e articolata, perfezionando
le esperienze effettuate di un altro pioniere italiano, Almerigo Da
Schio, che nel 1905 aveva effettuato diversi voli con un'aeromobile
di sua costruzione.
[...]
Il
padre dei grandi dirigibili dotati di completa struttura rigida di
alluminio che iniziarono a solcare i cieli nei primi anni del 1900
fu senza dubbio il conte tedesco Ferdinand Von Zeppelin (1838-1917),
personaggio quasi mitico, dotato di enorme genio e carisma. Il primo
aeromobile progettato da Von Zeppelin fu varato il 2 luglio del 1900,
quando il progettista aveva 62 anni di età. Dal 1900 al 1906, il Conte
rimediò una lunga serie di insuccessi: i dirigibili LZ 1, 2, 3 andarono
distrutti nei voli di collaudo, Nel 1908, il dirigibile LZ 4 volò
per 12 ore sulla Svizzera, e per 24 ore dal Lago di Costanza a Mainz,
prima di finire semidistrutto per un atterraggio forzato durante il
tragitto di ritorno. Analoga fu la sorte dell'LZ 5 nel 1909, come
pure quella dei tre LZ successivi. Nonostante tutti questi insuccessi,
l'incredibile caparbietà di Von Zeppelin fu ampiamente premiata nei
decenni successivi, quando le sue "creature" conquistarono
una lunga serie di records.
Il primato di altezza dei dirigibili rigidi fu raggiunto nel 1917
dello Zeppelin L 55, che toccò i 7.300 metri di quota. Il primato
fu successivamente avvicinato dai 7000 m del dirigibile italiano semirigido
N3, costruito da Umberto Nobile.
Gli studi di aerodinamica effettuati per i dirigibili furono poi successivamente
applicati anche alle automobili e ai treni: l'Audi 2 litri e la Mercedes
200 del 1934 furono progettate dall'ingegner Paul Jaray della Zeppelin,
mentre nel 1930 un treno sperimentale con motore ad elica e a forma
di aeronave raggiunse i 230 km/h lungo il percorso Amburgo-Berlino.
I
DIRIGIBILI TRANSOCEANICI
L'avvento
dell'aereo non frenò lo sviluppo dei dirigibili, che divennero sempre
più grossi e veloci, attraversando l'Atlantico da New York o da Rio
de Janeiro all'Europa e diventando mezzi passeggeri di linea in grado
di trasportare molto comodamente cento persone dall'Europa all'America
in due giorni e mezzo, viaggiando a velocità attorno ai 100 km/ora.
A quel tempo, gli aerei non erano ancora in grado di competere su
tratte così lunghe e comunque anche negli anni trenta potevano trasportare
pochi passeggeri. Il primo servizio transatlantico di linea effettuato
con aeroplani fu inaugurato solo nel 1939, ma i velivoli dovevano
fare due scali tecnici, alle Bermude e alle Azzorre. Dall'8 al 29
agosto 1929, il Graf-Zeppelin LZ 127 portò a termine il primo giro
aereo del mondo in sole quattro tappe, con 288 ore di volo totali,
portando 20 passeggeri e 41 uomini di equipaggio. La tratta Friedrichshafen-Tokyo,
di 11.247 km, richiese 101 ore. Questo dirigibile tedesco, durante
la sua attività, compì 435 crociere, di cui 104 traversate oceaniche
e un giro del mondo, percorrendo 1.200.000 km in 17.177 ore di volo,
trasportando 34.000 passeggeri e 275 tonnellate di posta ad una velocità
di crociera di 128 km/h. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale,
i dirigibili avevano complessivamente già trasportato 37.250 passeggeri
senza lamentare neppure una vittima, fornendo quindi un servizio di
notevole sicurezza e affidabilità. Per quanto riguarda i costi, nel
1937, il prezzo del biglietto di sola andata per i 70 passeggeri dell'Hindenburg
era di 400 dollari, paragonabile ad un costo attuale di 3000 dollari,
accessibile a persone del ceto medio-alto, mentre nel 1928 lo stesso
biglietto per i 20 passeggeri del Graf Zeppelin costava 2.250 dollari
del tempo, circa 20.000 dollari attuali!
A bordo di questi veri transatlantici del cielo il trattamento era
davvero eccellente: famosi chef preparavano i pasti con eccellenti
vini e liquori. Le sale erano arredate con eleganza, i pavimenti coperti
da tappeti persiani. A bordo c'erano sale di ritrovo, librerie, sale
di scrittura, una saletta per fumatori pressurizzata e isolata e passeggiate
panoramiche con grandi vetrate che consentivano di ammirare il paesaggio.
Il rumore a bordo era scarsissimo, tanto che si potevano sentire i
cani abbaiare sulla terraferma. In sala da pranzo, un musicista al
pianoforte - di alluminio - allietava i passeggeri. Per i facoltosi
passeggeri doveva essere veramente un'esperienza indimenticabile.
[...]
UMBERTO
NOBILE: AEROSTATICA, SCIENZA ED ESPLORAZIONE
Umberto
Nobile (1885-1978) è da ritenere uno dei più valorosi e audaci aeronauti
ed esploratori italiani. Anch'egli costruttore di dirigibili, da poco
tornato dagli Stati Uniti, dove aveva lavorato ad Akron alla progettazione
di grandi aeronavi, nel 1925 fu incaricato dall'aeroclub di Norvegia
di ideare e realizzare un aerostato in grado di compiere la prima
traversata transpolare, al comando di Roald Amundsen. Il dirigibile,
un semirigido di 19.000 mc, lungo 106 m, equipaggiato con tre motori
da 250 HP di potenza e capace di volare a 115 km/h di velocità, fu
costruito in Italia e battezzato N 1 Norge. Dopo alcuni voli di collaudo
in Italia, compiuti dal 27 febbraio al 29 marzo 1926, il 10 aprile
Nobile salpò da Ciampino al timone della sua aeronave, con rotta verso
la Norvegia. Dalla Baia del Re nelle isole Svalbard, l'11 maggio 1926,
Nobile decollò con l'inseparabile cagnetta Titina, Amundsen, Ellsworth
e altre 13 persone per il lungo volo senza scalo che si sarebbe concluso
a Teller, in Alaska, alle 7.30 del 13 maggio. Il Polo Nord venne sorvolato
all'1.30 del 12 maggio. All'arrivo a Teller, Nobile fu informato del
fatto che l'aviatore americano Richard Byrd era riuscito a sorvolare
il Polo con il suo Fokker tre giorni prima del Norge. Byrd, partito
come il Norge dalla Baia del Re, vi aveva fatto ritorno dopo 15 ore
e 30 minuti di volo. Settant'anni dopo, una ricerca effettuata presso
l'Università statale dell'Ohio, dove sono conservati i documenti di
volo, ha dimostrato inequivocabilmente che in realtà Byrd non raggiunse
il Polo, ma dovette tornare indietro a causa di una perdita d'olio
quando si trovava a circa 200 km dal traguardo. Sicuramente in buona
fede Byrd dichiarò di aver conseguito il successo, fu portato in trionfo
per le strade di New York e il Presidente Coolidge lo nominò ammiraglio,
tuttavia oggi sappiamo che i calcoli dell'aviatore erano errati. Anche
l'esploratore Robert Peary, che quasi tutti i libri indicano come
il primo uomo a conquistare il Polo Nord, pur dichiarando di aver
raggiunto i 90° in realtà toccò nel 1906 gli 87°06' e nel 1909 gli
87°75' di latitudine. Peary compì la sua seconda spedizione usando
19 slitte e 133 cani. Simili errori di valutazione della propria posizione
oggi potrebbero sembrare ingiustificabili, ma in quel tempo gli strumenti
di misurazione delle coordinate geografiche erano piuttosto imprecisi,
e la continua deriva della banchisa poteva alterare notevolmente i
risultati dei calcoli, soprattutto quando l'approccio avveniva via
terra. Di conseguenza, grazie anche a più affidabili strumenti di
navigazione, Nobile e i suoi compagni furono i primi a raggiungere
inequivocabilmente il punto di latitudine 90° e il Norge fu anche
la prima macchina volante a sorvolare il Polo Boreale.
Nonostante i contemporanei ignorassero il primato assoluto del Norge,
il successo della spedizione valse comunque a Nobile un'immensa fama,
anche per aver dimostrato che l'area polare era costituita da un immenso
oceano ghiacciato e non da un continente, come molti allora ritenevano.
Nel 1926 il Comandante fu invitato negli USA per una serie di conferenze,
e nel gennaio 1927 si recò in Giappone per assemblare e collaudare
in volo il dirigibile N 3, acquistato dalla Marina Imperiale Giapponese.
Nel 1928, in disaccordo con Mussolin, il quale avrebbe preferito l'effettuazione
di un volo transatlantico verso l'America Latina, Nobile decise di
ritentare l'impresa polare, questa volta nell'ambito di una spedizione
interamente italiana, finanziata dal Comune di Milano e con il patrocinio
della Reale Società Geografica Italiana, a bordo di un secondo dirigibile,
l'N 4 o dirigibile Italia, di 18.500 mc, quasi gemello del Norge ma
predisposto anche per effettuare atterreggi sul pack. Dopo aver compiuto
due voli di esplorazione, che diedero risultati cartografici di grande
importanza per la conoscenza di terre allora quasi sconosciute, durante
il terzo volo, dopo aver sorvolato la Groenlandia settentrionale,
Nobile raggiunse il Polo per la seconda volta a bordo di un dirigibile.
Era il 24 maggio 1928. Durante il volo di ritorno alle Svalbard, lungo
la stessa rotta percorsa all'andata, dopo aver resistito a 30 ore
di tempesta, alle 10.33 del 25 maggio l'Italia precipitò sul pack
a causa del maltempo, a circa 200 miglia dalla terra di Nord-Est.
La cabina di pilotaggio venne staccata dall'involucro, dieci dei sedici
uomini a bordo furono sbalzati dall'aeronave, che, improvvisamente
alleggerita, riprese il volo scomparendo per sempre con sei occupanti.
I nove superstiti - uno era morto nell'impatto - issarono una tenda
che fu colorata di rosso utilizzando anilina e tentarono di mettersi
in contatto radio, utilizzando una trasmittente ritrovata miracolosamente
intatta tra i ghiacci e montata dal radiotelegrafista Giuseppe Biagi
con materiali di fortuna. Il segnale di soccorso fu captato il 3 giugno
da un radioamatore russo. Prese allora il via una imponente spedizione
di soccorso, cui parteciparono navi e aerei di molte nazionalità,
che costò la vita a diversi aviatori, tra i quali lo stesso Amundsen,
che precipitò con l'idrovolante nel mare di Barents con altre cinque
persone. Il capitano degli Alpini Gennaro Sora esplorò con due compagni
e con una muta di 9 cani dal 18 giugno al 13 luglio a piedi il pack
alla ricerca dei naufraghi; le guide del CAI Albertini e Matteoda
effettuarono un analogo tentativo con 10 cani e due conducenti dal
23 giugno al 7 luglio. Il 19 giugno, il tenente colonnello Umberto
Maddalena con il suo idrovolante S 55, riuscì a localizzare la "Tenda
Rossa", senza però riuscire ad atterrare. Il 22 giugno, Maddalena
e il maggiore Penzo, a bordo di un secondo idrovolante, lanciarono
viveri e generi di conforto sul pack. Il 24 giugno, Einar Lundborg,
luogotenente pilota della Marina svedese, atterrò con il suo Fokker
vicino alla "Tenda Rossa", portando in salvo per primi Nobile
e la cagnetta Titina, mascotte anche di questa spedizione, adducendo
ordini superiori che gli imponevano di recuperare per primo il comandante
per organizzare meglio le successive operazioni di soccorso. Nobile
avrebbe voluto che fosse caricato per primo il capo meccanico Natale
Cecioni, come lui gravemente ferito ad una gamba, ma il pilota svedese
fu irremovibile. Portato al sicuro Nobile, Lundborg ritornò subito
per recuperare altri naufraghi, ma il suo aereo capottò sul pack durante
il secondo atterraggio, danneggiandosi irrimediabilmente. Il pilota
fu illeso ma anch'egli rimase prigioniero dei ghiacci. Seguirono molti
giorni di maltempo e solo il 12 luglio, 48 giorni dopo il disastro,
i sette compagni ancora in vita - il meteorologo Malmgren era deceduto
dopo essere partito il 30 maggio a piedi con gli ufficiali navigatori
Mariano e Zappi alla ricerca di soccorsi - furono tratti in salvo
dal rompighiaccio sovietico Krassin. La Tenda Rossa, andando alla
deriva con i ghiacci galleggianti, si era spostata di oltre 100 km
a sud-est del punto della caduta del dirigibile.
Questa triste vicenda, che nel mondo ebbe un'enorme risonanza, appannò
la fama di Nobile, che trascorse il resto della sua lunga vita oppresso
dai rimorsi e impegnato in dure polemiche per difendere la correttezza
del suo operato, a molti apparso non ineccepibile. Alcuni non perdonano
a Nobile il fatto di essere salito per primo sull'aereo del soccorritore,
lasciando l'equipaggio sul pack per altre tre settimane. Infatti,
nel secondo volo, l'aereo capottò sul ghiaccio, diventando inutilizzabile.
Il codice della marineria prevede che, sebbene in gravi condizioni,
un comandante debba sempre essere l'ultimo a ricevere il soccorso.
Ricordiamo che Nobile aveva una gamba fratturata con principi di cancrena
e rimandiamo i lettori all'ampia bibliografia relativa, la cui consultazione
è indispensabile per esprimere un giudizio obbiettivo. Sul caso del
dirigibile Italia nell'autunno del 1928 fu istituita una Commissione
d'Inchiesta che concluse i suoi lavori il 5 marzo 1929, esprimendo
un parere di censura sulla condotta di Nobile, che, amareggiato, si
dimise della Regia Aeronautica e andò in volontario esilio in Francia,
Prussia e Russia, dove diresse altre spedizioni esplorative nelle
regioni polari, questa volta a bordo del rompighiaccio Malyghin, e
dove dal 1932 al 1936 progetto e costruì cinque dirigibili. Nel 1937,
il dirigibile V-6 da lui costuito, di 18.500 mc, volò da Mosca ad
Arcangelo senza scalo per 130 ore, al comando del suo allievo capitano
Pankoff, stabilendo un record mondiale di durata in volo per qualsiasi
categoria di dirigibile. Durante il soggiorno russo, Nobile progettò
anche un dirigibile semirigido di 55.000 mc, un rigido di 100.000
mc e un hangar rotante. Tornato in Italia alla fine del 1936, non
avendo trovato lavoro, espatriò nuovamente, dirigendosi questa volta
negli Stati Uniti, dove dal 1939 al 1942 tenne una cattedra al Dipartimento
di Ingegneria Aeronautica dell'Università Cattolica di Chicago. Dopo
il 25 luglio 1942, alla caduta del Fascismo, Nobile tornò definitivamente
in Italia, dove tra il 1946 e il 1948, come Deputato indipendente,
partecipò all'Assemblea Costituente.
Il programma della spedizione polare era essenzialmente scientifico,
e spaziava nei campi oceanografico, geografico, geomagnetico, gravimetrico,
cartografico, biologico e meteorologico. Furono fatte ricerche sulla
propagazione delle onde elettromagnetiche, sull'elettricità e la radioattività
dell'atmosfera e sul campo magnetico terrestre, misure delle profondità
marine, della salinità, del contenuto di plancton e della temperatura
delle acque, oltre a osservazioni sulla deriva dei ghiacci e determinazioni
della concentrazione batterica nell'aria a varie altezze e latitudini.
Per lo svolgimento di questo intenso programma scientifico, a bordo
dell'Italia si trovavano tre noti ricercatori, Aldo Pontremoli, studioso
di fisica terrestre, Francesco Behounek, fisico cecoslovacco e Finn
Malmgren, meteorologo svedese. Dei tre, il solo Behounek fece ritorno.
Per concludere, a prescindere dalle polemiche, innegabilmente Nobile
fu uno dei più importanti ricercatori dell'epoca. L'esito tragico
della sua ultima grande impresa gettò un'ombra sull'importanza dei
suoi studi scientifici, ponendoli in secondo piano o addirittura condannandoli
all'oblìo.
[...]
PRESENTE
E FUTURO DELL'AEROSTATICA
PALLONI NELLA STRATOSFERA E OLTRE
LA RINASCITA DEL PALLONE AD ARIA CALDA
Dopo
un lunghissimo periodo di dominio pressoché totale degli aerostati
ad idrogeno, dovuto essenzialmente a motivi tecnologici, solo intorno
al 1920 si ebbero sporadici tentativi di rivalutare il pallone ad
aria calda, utilizzando per l'alimentazione della fiamma gas di alcol
o benzina. Il 25 settembre 1937, i viennesi Marek ed Emmer, a bordo
di una mongolfiera di 2.600 mc, raggiunsero 9.374 m di quota. Il combustibile
usato fu gas di petrolio. I due aeronauti, considerati come i veri
precursori degli attuali piloti di mongolfiere, effettuarono oltre
duecento ascensioni. L'involucro del loro aerostato era formato da
quaranta fusi di tessuto ignifugo. Il bruciatore era doppio ed era
alimentato da una pompa elettrica. Si trattava dunque di dispositivi
e di materiali simili a quelli utilizzati oggi.
La Seconda Guerra Mondiale segnò una stasi dell'aerostatica per scopi
non militari. Solo nel 1947, negli USA, Don Piccard, figlio di Jean
Félix, fratello gemello del celebre scienziato e aeronauta Auguste
Piccard, riprese a volare a bordo di palloni a gas. Ma in quegli anni,
la difficoltà di ottenere dell'idrogeno e il suo costo elevato rappresentarono
un grosso ostacolo. Il 18 novembre 1948, James A. Contos di Akron
(Ohio) costruì e volò con un pallone ad aria calda equipaggiato con
un bruciatore alimentato con una miscela di propano e kerosene. Nello
stesso periodo, l'americano Paul (Ed) Yost si trovava in Europa, dove
lavorava per la General Mills allo sviluppo di un progetto basato
su palloni stratosferici a gas che venivano usati ufficialmente per
scopi scientifici ma più probabilmente anche per scopi spionistici.
Yost lavorò anche alla realizzazione e al lancio di speciali palloni
che recavano messaggi di propaganda politica anti-comunista e che
venivano liberati nei pressi della Cortina di Ferro che divideva le
due Germanie. Per questo scopo, nel 1953, Yost realizzò dei palloni
di 8.000 piedi cubici con involucro di polietilene e con uno speciale
bruciatore idraulico, in grado di sollevare un carico utile di 18.2
kg. Nell'arco di poche settimane, incoraggiato dai risultati, Yost
costruì anche un pallone di 765 mc, in grado di sollevare un uomo.
Se gli studi di Yost durante gli albori della "Guerra Fredda"
furono fondamentali, lo sviluppo del moderno pallone ad aria calda
ebbe anche origine da uno studio effettuato per rallentare la caduta
del paracadute, durante la guerra di Corea del 1954. Se si fosse riusciti
a riscaldare l'aria all'interno di un paracadute più capiente, mediante
un piccolo bruciatore collegato a un serbatoio di gas liquefatto,
la spinta ascensionale dell'aria calda avrebbe considerevolmente rallentato
la discesa dell'aviatore. La difficile realizzazione di un simile
progetto fece accantonare l'idea, ma riportò l'aria calda all'attenzione
degli esperti.
All'inizio degli anni sessanta, grazie anche al miglioramento dei
materiali e alle nuove tecnologie, il pallone ad aria calda tornò
ad essere preso in considerazione come mezzo sportivo. La creazione
di tessuti sintetici forti e leggeri, le nuove tecniche di controllo
del volo e la realizzazione di un sistema di efficienti bruciatori
alimentati a propano, aprirono una nuova era per la mongolfiera.
Ulteriori studi furono stimolati dall'ONR (Office of Naval Research)
della Marina degli Stati Uniti, che, per ottenere un pratico sistema
di avvistamento in mare, consultò i progettisti di palloni sonda della
Raven Industries di Sioux Falls, South Dakota, azienda fondata nel
1956 da Yost, tornato negli USA, e da altri tre soci. La Raven, che
già si era distinta nella costruzione di palloni a elio di polietilene
destinati al trasporto di strumenti scientifici e uomini nell'alta
atmosfera, alla fine degli anni cinquanta stipulò un contratto per
la realizzazione di un piccolo pallone ad aria calda da utilizzare
nell'addestramento di piloti osservatori. La Marina richiese che la
spinta di sollevamento fosse offerta dall'aria calda perché c'era
la necessità di un pallone riutilizzabile che fosse poco costoso e
facile da far funzionare. I palloni a gas avrebbero avuto un costo
di esercizio assai maggiore, quindi vennero scartati. Il 18 ottobre
1955 a Horon, nel South Dakota, Yost effettuò un primo volo vincolato
a bordo di un pallone realizzato dall'ONR, con un bruciatore alimentato
a kerosene. Negli anni seguenti, la Raven creò l'aerostato "Vulcoon",
dal nome di Vulcano, mitica divinità del fuoco. Dopo un breve volo
di prova, il 10 ottobre 1960 a Bruning (Nebraska), l'attività moderna
della mongolfiera ebbe virtualmente inizio a Sioux Falls (South Dakota)
il 22 ottobre 1960, il giorno in cui Ed Yost si sollevò dal terreno
con un pallone da 1150 mc e volò per circa trenta minuti, giungendo
fino a 2.700 m di quota sulla località di Strato-Bowl e percorrendo
4,8 km. I Vulcoon erano costruiti con nylon e laminati di gomma al
silicone. Erano alti 15,2 m, avevano un diametro di 12,2 m e costavano
3.500 $. Le bombole alimentavano un bruciatore d'acciaio attraverso
una valvola che era usata per il controllo della fiamma. Nel gennaio
1962, dopo aver prodotto e venduto un certo numero di Vulcoon, Yost,
Don Piccard e il giovane studente di fisica Tracy Barnes organizzarono
a St.Paul (Minnesota) il primo raduno per far conoscere i nuovi palloni
(Minnesota Winter Carnival). Volarono Yost, Piccard e Kenser a bordo
di palloni Vulcoon e Barnes a bordo di un pallone autocostruito, cimentandosi
anche in una gara: fu indicato un bersaglio a 10,5 km di distanza.
Vinse Barnes, atterrando a 183 metri dall'obbliettivo, mentre Yost
fu secondo, arrivando a 2,5 km. Possiamo considerare questa come la
prima gara per aerostati ad aria calda mai disputata. Dopo il meeting,
anche Barnes, che nel 1961 aveva costruito personalmente il suo primo
pallone, abbandonò una più tranquilla prospettiva professionale per
diventare pilota e costruttore di palloni. Il 13 aprile 1963 Ed Yost
e Don Piccard, a bordo di un pallone di 1700 mc sostentato esclusivamente
grazie all'aria calda, denominato "Channel Champ" compirono
il primo attraversamento della Manica, nel tempo di 3 ore e 17 minuti,
decollando da Rye e atterrando a Gravelines, presso Dunkerque, dopo
un volo di 80 km. A bordo doveva salire anche il famoso storico dell'aeronautica
Charles Dolfuss ma non fu possibile per motivi di peso. Nello stesso
anno si disputò la prima edizione degli US National Championship,
con la vittoria di Dick Pollard. Nonostante questi incoraggianti risultati,
validi anche da un punto di vista competitivo, che dimostravano l'affidabilità
degli aerostati ad aria calda, l'interesse della U.S. Navy per il
nuovo mezzo si affievolì ben presto, annullando ulteriori impegni
di ricerca. Gli ingegneri della Raven, pur nel comprensibile disappunto,
intuirono però che una versione sportiva del modello militare avrebbe
avuto un buon mercato potenziale. Convinti di ciò, verso il 1965,
Yost e gli altri due progettisti, Don Piccard e Barnes, ripresero
separatamente le sperimentazioni, e nel 1967/68 la Federal Aviation
Administration statunitense (FAA) approvò le nuove aeronavi. I tre
allora crearono gli embrioni di quella che oggi negli USA è un'industria
prosperosa. Nel settembre 1965 a Reno, nel Nevada, la terza edizione
dei campionati nazionali per palloni ad aria calda, ebbe undici partecipanti.
L'evento fu celebrato dal prestigioso National Geographic Magazine,
che nel marzo 1966 pubblicò un esauriente resoconto.
Il più antico raduno che continua anche ai giorni nostri con la partecipazione
di una cinquantina di palloni, è il cosiddetto "Whamobass",
che si svolge dal 1965 in California. Il nome è in realtà una sigla
che deriva dalle iniziali di Whiskey Hills Atherton Meulo Oaks Ballooning
and Sport Society.
Negli stessi anni, un ingegnere inglese amante del volo a vela, William
Malpas, si trovava in California, dove prese contatti con il mondo
dei palloni ad aria calda. Entusiasta del nuovo mezzo per volare,
al suo ritorno in Inghilterra, coinvolse alcuni amici, tra i quali
l'ingegnere informatico Don Cameron e il fotografo Tom Sage, nel progetto
di realizzazione di un pallone di questo tipo. Il primo volo dell'aerostato,
battezzato "Bristol Belle", ebbe luogo il 9 luglio 1967.
Negli anni immediatamente successivi, in Gran Bretagna sorsero due
manifatture di palloni ad aria calda: la Thunder (fondata nel 1972),
poi fusa con la Colt nel 1977, e la Omega Balloons (fondata nel 1968
e nel 1970 scissa in Western Balloons e Cameron Balloons). Quest'ultima,
sia per l'intraprendenza e la creatività del suo fondatore, Don Cameron,
sia per la qualità e il livello tecnologico delle realizzazioni, rappresenta
oggi per l'aeronauta ciò che la Rolls Royce rappresenta per l'automobilista.
Recentemente, la Cameron Balloons ha assorbito la Thunder & Colt,
rafforzando il suo ruolo dominante.
Nel 1969, Ed Yost, Don Kersten e Peter Pellegrino fondarono la Balloon
Federation of America, con lo scopo "Promuovere, sviluppare e
aiutare l'arte del volo aerostatico". Nell'arco di dieci anni,
dal 1968 al 1978, il parco sportivo statunitense crebbe da una dozzina
di palloni a circa cinquecento. Oggi, negli USA sono in attività oltre
ottomila palloni ad aria calda, e i piloti con brevetto della FAA
sono circa cinquemila. In Europa volano circa tremila mongolfiere.
Questi dati sono molto approssimativi, in quanto sono in continua
espansione e non esiste un completo catalogo internazionale di questo
tipo di aeronavi.
Lo scetticismo però continuò per anni a dominare la scena, tanto è
vero che uno dei libri di aerostatica più importanti, "The Romance
of Ballooning", edito nel 1971, concludeva il breve capitolo
sui palloni ad aria calda affermando che "L'esistenza di queste
moderne mongolfiere avrà breve durata, come accadde nel diciottesimo
secolo, per gli evidenti svantaggi rispetto ai palloni a gas".
Il grande fisico Niels Bohr diceva: "Fare previsioni è molto
difficile, soprattutto quando esse riguardano il futuro!".
[...]
PROGETTI
INNOVATIVI
Tra
i progetti degli anni '70 e '80, alcuni tuttora in fase di studio
e sperimentazione, ricordiamo l'Inflataplane della Goodyear, un aereo
monoposto .. gonfiabile, del 1975; l'Aerocrane, la "gru aerea",
un abbinamento tra aerostato ad elio e motori da elicottero, in grado
di sollevare 70 tonnellate di peso e di trasportarle a 75 km/h, e
l'analogo Heavylifter, con una capacità di sollevamento di ben 250
t, superiore a quella di qualunque elicottero, in grado di decollo
e atterraggio sul posto; l'Aereon e il Megalifter, due abbinamenti
tra aereo e dirigibile, con velocità fino a 370 km/h, autonomia di
15.000 km, capacità di carico utile di 250 t e possibilità di decollo
e atterraggio su piste brevissime, e infine lo Skyship, del 1975,
un dirigibile rigido a forma di disco volante in grado di viaggiare
a oltre 200 km/h. Tutti questi veicoli si basano sul principio che
un carico eccezionalmente pesante può essere trasportato per via aerea
a bassa velocità e a basso costo solo con mezzi di questo tipo, dove
il gas elio rimane sigillato all'interno di un resistente involucro
rigido e aerodinamico, realizzato con moderne leghe leggere a base
di carbonio, resine e plastiche speciali. In alcuni progetti originali
degli anni '70 era addirittura considerato l'uso di propulsori a energia
nucleare. Più recentemente, è stato messo in fase sperimentale lo
Stingray, una sorta di "tappeto volante" gonfiato, un aereo-dirigibile
del peso di una tonnellata e con un'apertura alare di 13 metri, in
grado di viaggiare a 130 kmh a 500 m di quota. Già collaudato con
due persone a bordo per oltre 200 voli, è considerato la base per
la realizzazione di un modello in grado di trasportare 14 passeggeri.
Interessante anche il progetto francese MIR (Montgolfière infra-rouge),
promosso dal CNES (Centre National d'études spatiales). Come si deduce
dalla sigla MIR, si tratta di un pallone ad aria calda cilindrico
non pilotato, in grado di volare a quote assai superiori agli 11.000
metri, dove la temperatura esterna è di circa -56 °C. Nell'aria così
fredda, è sufficiente una piccola differenza di temperatura interna
per consentire il sostentamento dell'aerostato. Tale differenza è
garantita dall'irraggiamento solare durante il giorno, e dalla radiazione
infrarossa proveniente dal suolo durante la notte, Per captare questa
radiazione, la base dell'involucro è trasparente, e l'interno è rivestito
di alluminio riflettente che le dà un comportamento assimilabile a
quello di un vaso Dewar (comunemente detto "thermos"). La
MIR ha 40 m di diametro e 35 m di altezza. Tra l'11 dicembre 1982
e l'1 febbraio 1983, la MIR fu la prima mongolfiera a compiere il
giro del mondo, naturalmente senza aeronauti a bordo, aprendo la strada
a una nuova generazione di palloni scientifici particolarmente economici,
destinati a missioni di lunga durata. La quota di crociera della MIR
è compresa tra i 28 e i 20 km di altezza. Qualora essa scenda sotto
i 18 km, un meccanismo automatico ne provoca l'esplosione, per evitare
che l'aerostato vagante possa intralciare la navigazione aerea.
I
DIRIGIBILI DI OGGI E DEL FUTURO
Forse
nei prossimi anni assisteremo al ritorno in grande stile dei dirigibili.
Il congresso organizzato nel 1995 dal Museo dell'Aeronautica Caproni
di Trento (Italia), "Technologies and capabilities of new dirigibles"
diede precise indicazioni in questo senso. In tutto il mondo, molti
esperti aeronautici stanno oggi cercando di trovare la via per riproporre
questi mezzi di grande fascino, le cui possibilità di impiego sono
ancora in parte da scoprire e non certo limitate al mondo della pubblicità.
I problemi più grossi da risolvere sono quelli relativi alla creazione
delle indispensabili infrastrutture (hangar, piloni di attracco, centri
di manutenzione, centri di raccolta delle merci, ecc.) per consentire
un ritorno in grande stile agli usi civili di queste aeronavi. Il
governo peruviano ha avviato da tempo un serio studio di fattibilità
per utilizzare piccoli dirigibili a scopo turistico, per condurre
i visitatori in zone archeologiche remote e difficili da raggiungere.
Il moderno dirigibile sta trovando interessanti applicazioni nel campo
delle riprese televisive di eventi sportivi, come è stato nel caso
delle Olimpiadi di Barcellona del 1992, quando il dirigibile a elio
della Virgin ha realizzato inquadrature altrimenti impossibili da
ottenere. Infatti, un dirigibile non vibra, consente riprese a 360
gradi e può rimanere quasi in stallo sopra un punto preciso.
Nel campo dei dirigibili da trasporto, già il 28.8.1992 i Russi presentarono
il dirigibile Rossiya, prototipo del più recente Thermoplane ALA 600,
un aerostato a forma di disco, che a causa della crisi economica dell'ex
URSS non è ancora stato realizzato. Il Thermoplane conterrà aria calda
e 48 palloni gonfiati con idrogeno, reso meno infiammabile grazie
all'aggiunta di un composto segreto. Avrà un diametro di 198 m, un'altezza
di 70 e potrà viaggiare a 220 km/h, trasportando fino a 600 tonnellate
di carico utile su una distanza di 5.000 km. L'aerostato, del quale
dovrebbero essere costruiti venti esemplari, sarà impiegato nel trasporto
di merci nelle regioni più remote della Siberia, non servite da strade
né da aeroporti, nel soccorso delle popolazioni in caso di catastrofi
naturali e nel controllo antincendio delle foreste. Si valuta che
il costo di esercizio, a parità di peso trasportato, sarà 20 volte
più economico di quello con elicotteri, 6 volte di quello con aerei
e 3 volte di quello mediante autocarri. A tutt'oggi è stato costruito
un prototipo di dimensioni inferiori. Il progetto è diretto dai professori
Iury Ishov e Leon Ponyaev presso il Moscow Aviation Institute.
La Airship Developement Corporation di Santa Maria (California), presieduta
da Winfield Arata, ha presentato alcuni progetti mirati soprattutto
al controllo ambientale, a osservazioni del territorio e al controllo
delle frontiere. L'azienda produce quattro modelli di dirigibile ad
elio, due rigidi e due non rigidi, utilizzando nuovi materiali di
alto livello tecnologico, già utilizzati anche nella fabbricazione
delle barche da regata.
Interessanti i dirigibili solari radio-controllati "Lotte 1,
2 e 3", realizzati dall'Università di Stoccarda (Germania), che
suggeriscono la possibilità di usare anche questo tipo di motore per
airships di nuova concezione. Un prototipo di 16.6 m di lunghezza
con un volume totale di 109 mc, in grado di trasportare un carico
utile di oltre 20 kg, ha attraversato tutto il continente australiano
da nord a sud in tappe successive. Il progettista, il giovane ingegner
Ingolf Schäfer organizzò nel 1996 un raid per dirigibili ad energia
solare in Australia di oltre 3.000 km. Le nuove batterie solari Litio-Selenio
garantiscono una potenza di energia prodotta superiore a tutte le
altre.
L'Airship Industries da tempo ha in produzione lo Skyship 600 Sentinel,
un dirigibile per usi militari con bassi costi di esercizio, basso
consumo e altissima autonomia, in grado di assicurare una copertura
radar dieci volte superiore a quella ottenuta con un elicottero. L'Airships
Industries già nel 1983 aveva presentato il suo primo prodotto innovativo,
un dirigibile di 5.131 mc interamente di plastica, tranne il motore,
un aircraft dunque del tutto invisibile ai radar e quindi di notevole
interesse militare. Il derivato Skyship 600 contiene una antenna
radar grande come quella degli aerei AWACS, può svolgere le stesse
funzioni di controllo di una flotta di 5 elicotteri ed è in grado
di individuare un missile Cruise in viaggio a pelo d'acqua. Il carburante
necessario per far volare un elicottero per un giorno è sufficiente
per far volare lo Skyship per un mese. Il suo volo lungo le coste
o sulle metropoli o lungo le zone di confine ha un potere deterrente
contro il crimine, il contrabbando o l'espatrio clandestino che nessun
altro strumento può esercitare. La Westinghose, la US Navy e l'Airships
Industries stanno ora lavorando alla realizzazione del Sentinel 5.000,
che dovrebbe essere quasi pronto. Si tratterà del più grande dirigibile
non rigido prodotto nella storia dell'aviazione. L'involucro, a forma
di sigaro, misurerà 130 m di lunghezza e 32 m di diametro massimo.
Gonfiato a elio, il Sentinel 5.000 sarà mosso da tre motori da 1870
HP ciascuno, potrà viaggiare a 163 km/h e avrà un'autonomia massima
di 60 ore a 74 kmh.
Anche il governo italiano, sempre alle prese con il contrabbando e
con l'immigrazione clandestina dall'Albania e dalla Ex-Jugoslavia
via mare, sta sviluppando un programma di controllo delle coste del
Mare Adriatico mediante quattro aerostati vincolati a 1.300 m di quota.
I radar installati su questi aerostati sarebbero in grado di individuare
un'imbarcazione di 2,5 metri in un raggio di 160 km.
Bruce Blake della Melbourne University (Australia) ha presentati i
progetti di moderni aeromobili con parziale gonfiaggio mediante gas
leggeri, ibridi tra aereo e dirigibile nei quali il 10% della forza
di sollevamento è determinato da un gas, e il restante 90% dalla componente
aerodinamica. I progetti, che prendono il nume di "Australis"
e "Hornet", richiamano esteriormente l'Heavylifter, l'Aereon
e il Megalifter degli anni '70. Sempre più pesante dell'aria, ma di
poco, il progetto del "Divertiplano", un dirigibile ultraleggero
(ULM) del peso di soli 450 kg e con involucro di 404 mc riempito con
elio, equipaggiato con due eliche a orientazione variabile, progettato
dall'Ingegner Giovanni Manzo di Torino (Italia). L'interesse di questo
prototipo è anche dovuto al fatto che potrebbe essere un mezzo di
costo relativamente contenuto e facile da gestire dal punto di vista
burocratico, rientrando nella categoria degli ULM e non degli aeromobili.
La Stewkie Systems di Sherborne (Inghilterra) sta per passare alla
fase esecutiva del progetto AirCruiser, dirigibile ibrido a forma
di ala a delta lunga 60 m larga 53,5 m e alta 16 m, con quattro motori
a elica intubata, in grado di viaggiare a 350 km/h ma anche di viaggiare
quasi in stallo, a velocità bassissime. La struttura portante sarebbe
costituita da tubi di materiale elastico gonfiati a 2 atmosfere di
pressione. Anche l'hangar sarebbe costruito con la medesima tecnica
e materiali dello stesso tipo. L'AirCruiser dovrebbe essere essenzialmente
un mezzo da crociera turistica: i vasti spazi di osservazione per
i passeggeri consentirebbero loro di godere pienamente della visione
del paesaggio.
E per finire la Zeppelin Luftschifftechnik (ZLT) di Frederichshafen
(Germania), fondata nel 1993 per lo sviluppo e la produzione di dirigibili
di nuova tecnologia, ha già realizzato il modello LZ N 07, un dirigibile
da 7.200 mc in grado di trasportare 12 passeggeri più i due piloti.
LZ N 07 è un modello in scala ridotta dei futuri LZ N 17 e LZ N 30,
rispettivamente di 17.000 e 30.000 mc. Quest'ultimo a pieno carico
trasporterà 84 passeggeri a una velocità di crociera di 140 km/h.
Il modello ha una struttura rigida innovativa a sezione triangolare
(chiamata spiritosamente "Toblerone struktur", dal nome
del famoso cioccolato), tre motori a orientazione variabile e un sistema
di navigazione computerizzato, che gli consentirà di effettuare manovre
che mai nessun altro dirigibile ha potuto compiere. Potrà effettuare
una inversione completa di marcia con vento laterale di 5 m/s (10
nodi) in uno spazio di soli 100 m, contro i 250 m necessari per un
dirigibile convenzionale. Lo Zeppelin del futuro avrà impieghi essenzialmente
turistici. A partire dal 2 luglio 1996, il giorno in cui il museo
Zeppelin ha riaperto le porte, i visitatori possono anche effettuare
un volo con questo tipo di aeromobile sul Lago di Costanza. Gli Zeppelin
NT avranno anche impieghi nel campo della ricerca e del rilevamento
scientifico e del controllo ambientale.
L'AEROSTATICA
NEL TERZO MILLENNIO
Nel
corso degli ultimi anni, lo sviluppo tecnologico dei materiali e delle
tecniche legate al lancio dei palloni stratosferici ha suggerito una
serie di interessanti impieghi futuri degli aerostati. Ad esempio,
i palloni sono in grado di compiere analisi dell'alta atmosfera che
nessun altro mezzo è in grado di compiere, inoltre si propongono come
strumenti relativamente economici da utilizzare nelle imprese spaziali
e come mezzi di trasporto pesante. Solo gli aerostati sono in grado
di mantenersi virtualmente immobili nell'aria ad altissima quota,
cosa che nessun aereo o elicottero può fare. Di conseguenza,
alcuni tipi di ricerche, come la raccolta di particelle di polvere
cosmica, che nello spazio viaggiano troppo rapidamente per poter essere
raccolte, l'analisi dei gas inquinanti alle varie quote o le misure
della concentrazione dell'ozono sono possibili esclusivamente utilizzando
palloni stratosferici. Per questo scopo, i centri di lancio di palloni
di questo tipo di Thule (Groenlandia) e di Kiruna (Svezia) lanciano
continuamente palloni di 100.000 mc con 400 kg di carico utile, costituito
da strumenti elettronici di rilevamento.
Un'esperienza molto interessante è stata realizzata nel settembre
1994 dai ricercatori francesi del CNES. Un pallone stratosferico,
lanciato da Fort Sumner, nel Nuovo Messico, ha portato ad un'altezza
di 38.000 metri un potente telescopio di due metri, del peso di tre
tonnellate, chiamato Pronaos (dalle iniziali di Programme national
d'astronomie submillimetrique). Lo strumento è in grado di effettuare
analisi delle radiazioni elettromagnetiche di lunghezza d'onda compresa
tra 100 micron e 1 millimetro, radiazioni che al suolo è impossibile
osservare perché filtrate dall'atmosfera. Il telescopio è rimasto
in quota per 28 ore compiendo 17 ore di analisi sulla radiazione di
fondo dell'universo e sulle zone nelle quali si concentrano i gas
interstellari per formare nuove stelle. Le radiazioni submillimetriche
sono prodotte infatti da materia che si trova a temperature comprese
tra 12 e 35 gradi Kelvin (cioè tra -261 e -238 gradi °C). Le indagini
sulla concentrazione di questo tipo di materia potrebbero consentire
di precisare l'età dell'Universo e di risolvere il problema della
"materia mancante", cioè dire se l'Universo continuerà per
sempre la sua espansione (Universo "aperto") o se esso invece
è destinato a contrarsi nel futuro (Universo chiuso o "pulsante").
Il progetto, che prevede una missione ogni diciotto mesi è attualmente
fermo per mancanza di fondi ma ha dimostrato che si possono utilizzare
giganteschi palloni stratosferici nella ricerca astronomica perché
questo tipo di aerostato è in grado di trasportare nella stratosfera
alcune tonnellate di carico utile, cosa che nessun altro mezzo volante
è in grado di fare. L'unico strumento oggi in grado di effettuare
ricerche in questo campo è il satellite americano COBE, lanciato nel
1989. E' chiaro però che un pallone ha costi ben diversi rispetto
ad un satellite, inoltre consente di recuperare ogni volta l'attrezzatura.
Il progetto Pronao è costato in totale circa 3 miliardi di lire, ed
ogni lancio richiede un investimento di mezzo miliardo, assai meno
del costo di un missile militare Cruise.
Nel novembre 1998 dal centro spaziale Marshall della Nasa, a Washington,
diretto da John Horack, è stato lanciato un pallone stratosferico
con il compito di recuperare polveri cosmiche di origine cometaria
e meteoritica a grande altezza. Un secondo lancio è stato effettuato
nell'aprile del 1999. Forse un pallone ci potrà spiegare anche il
segreto delle comete.
Tra le novità più curiose, un ingegnere francese, Jean-Paul Domen,
ha proposto un nuovo tipo di mongolfiera, chiamata "Bulle d'Orage",
cioè "Bolla di temporale". In essa, l'energia necessaria
per mantenere in volo l'aerostato è fornita dallo sviluppo nel suo
interno di un fenomeno temporalesco in miniatura. All'aria calda,
infatti, Domen ha pensato di aggiungere del vapore acqueo, che si
condensa progressivamente all'interno del pallone durante l'ascensione,
provocando sviluppo di calore. La condensazione, infatti, è un processo
esotermico, che all'interno dei cumolinembi temporaleschi provoca
la formazione di correnti calde ascensionali la cui velocità può raggiungere
i 100 metri al secondo. Domen ha già effettuato alcuni esperimenti,
con la collaborazione del CNES (Centre National d'études spatiales),
facendo salire fino a 11.500 m di quota un pallone con 42 kg di carico
utile (strumentazione elettronica). L'aerostato è stato gonfiato a
terra con aria a 30°C, immettendo vapore acqueo fino a ottenere una
saturazione del 75%. Giunto a 2500 m di quota, l'abbassamento della
temperatura esterna ha prodotto la condensazione di una parte del
vapore acqueo, che ha raggiunto il livello di saturazione del 100%:
questo fenomeno ha consentito a 4500 m di quota di mantenere la temperatura
interna dell'aerostato a 17°C con una temperatura esterna di -11°C.
Il divario termico di 28°C ha consentito al pallone di continuare
a salire a 2 m/sec fino a 11.500 m. Dunque, con un semplice gonfiaggio
a terra con aria calda e umida, e senza più utilizzare bruciatori
né gas più leggeri dell'aria, l'aerostato del CNES ha dimostrato che
esiste possibilità teorica di mandare nella stratosfera un carico
qualsiasi, sfruttando un fenomeno naturale che non può essere soggetto
a panne di alcun genere. Si pensa che in futuro Bulle d'Orage potrà
essere usata per trasportare nella stratosfera un veicolo aerospaziale
in grado poi di mettere in orbita dei satelliti. Si tratta di riprendere
l'idea dei razzi BATO, lanciati nel 1957, dei quali abbiamo parlato
precedentemente. Domen aveva già indicato una data per il lancio di
un satellite con l'aiuto di una Bulle d'Orage, il 5 ottobre 1997,
nel quarantesimo anniversario del lancio dello Sputnik sovietico,
il primo satellite artificiale della Terra, ma purtroppo il tentativo
è stato rinviato.
Un pallone stratosferico, lanciato nel 1998 per un progetto di ricerca
promosso dal prestigioso Max Planck Institut für Kernphysik di Heidelberg
(Germania), ha potuto accertare che un ruolo fondamentale per lo sviluppo
del "buco dell'ozono" sopra l'Antartide viene svolto dalla
presenza di acido nitrico nelle particelle che danno origine alle
nubi stratosferiche polati. A bordo dell'aerostato è stata sistemata
una "lente aerodinamica" che ha permesso di convogliare
gli aerosol dell'alta atmosfera in sottili fasci fatti poi evaporare
nella camera di uno spettrometro di massa. L'analisi ha accertato
che le particelle liquide contenevano acqua e acido nitrico in rapporto
di circa 10 a 1.
In campo aerospaziale, ottimi risultati furono ottenuti da aerostati
liberati nella densissima e corrosiva atmosfera di Venere. Il progetto
fu realizzato nel 1985 grazie a una collaborazione franco-sovietica,
su progetto dello scienziato francese Jacques Blamont. Le due sonde
Vega, dopo aver sfiorato la cometa di Halley, entrarono in orbita
attorno al pianeta, lasciando cadere due capsule ad apertura automatica,
che a 60 km di altezza si aprirono lasciando uscire due palloni ad
elio autogonfiabili. Gli aerostati avevano un diametro di circa 8
metri e portavano 30 kg di strumenti ciascuno. Ultimato l'autogonfiaggio,
i palloni si stabilizzarono a circa 56 km di quota, compiendo misure
e analisi dell'atmosfera venusiana, un fluido molto denso la cui pressione
al suolo è circa 100 volte quella dell'atmosfera terrestre e la cui
temperatura è di 460°C, sufficiente a fondere metalli come lo zinco.
Gli aerostati rimasero attivi per quattro giorni, viaggiando sospinti
da venti - o forse sarebbe meglio dire da "correnti" - fino
a 360 km/h di velocità dalla zona illuminata a quella buia di Venere,
la cui rotazione su se stesso è retrograda e richiede ben 243 giorni,
18 giorni in più del tempo che il pianeta impiega per compiere una
intera rivoluzione attorno al Sole. Quindi, l'acido solforico presente
nell'atmosfera in elevatissime concentrazioni "digerì"
gli involucri, che erano stati fabbricati con cinque strati sovrapposti
di Mylar.
Gli incoraggianti successi ottenuti su Venere, hanno indotto gli specialisti
aerospaziali a studiare il modo di utilizzare dei palloni anche per
le future imprese di esplorazione della atmosfera e della superficie
di Giove e di Titano, il satellite maggiore di Saturno, dotato di
un'atmosfera ad alta percentuale di azoto, che si presta per indagini
mediante aerostati. Giove non possiede una superficie solida, per
cui i palloni avrebbero il compito di penetrare il più possibile in
profondità nella sua densa atmosfera, fino a rimanere schiacciati
dalla pressione. Il progetto più avanzato riguarda però Marte. Sul
"pianeta rosso" la situazione è diversa rispetto a Venere:
l'atmosfera è molto rarefatta, avendo una pressione alla superficie
di solo 7.6 millibar, e la temperatura media è assai più bassa, essendo
di -15°C all'equatore. Di conseguenza, per volare a bassa quota su
Marte, occorrono aerostati sul tipo dei palloni stratosferici a pressione
zero, di grandi dimensioni e con involucro di Mylar sottilissimo,
ben diversi da quelli utilizzati nella densissima atmosfera di Venere.
Il progetto MATE (Mars Aerobot Technology Experiment), ispirato ancora
da Blamont, dovrebbe diventare realtà nei primi anni dopo il 2000,
forse nel 2003, e si avvarrà della collaborazione tra scienziati francesi,
russi e americani, cui si aggiungerà un contributo di strumentazioni
italiane. I palloni da impiegare su Marte avranno forma cilindrica,
saranno alti 45 m e larghi 15, con un volume di circa 2.200 mc. Da
ognuno di essi penzolerà una guiderope, anch'essa zeppa di strumenti,
concettualmente simile ai cavi di rimorchio inventati da Zambeccari
nel lontano 1803, alla quale sarà appesa una gondola con gli strumenti
di rilevamento. L'insieme peserà solo 65 kg, nella ridotta gravità
marziana, pari a due quinti di quella terrestre. I palloni, una volta
liberati, inizieranno a volare a circa 4.000 m di quota, a una velocità
di circa 35 km/h. Verso sera, con il raffreddamento dell'elio, gli
aerostati scenderanno verso il suolo, ma la guiderope toccherà per
prima il suolo, rallentando la caduta e iniziando a strisciare sulla
superficie. La mattina successiva, il nuovo riscaldamento del gas
ne provocherà la dilatazione, riportando in volo il sistema. Si pensa
che gli aerostati potranno operare per circa 45 giorni, prima di perdere
la loro forza di sollevamento: durante questo periodo invieranno una
enorme quantità di dati su temperatura, pressione, umidità dell'atmosfera,
studieranno il campo magnetico, analizzeranno il terreno con la loro
"coda" penzolante e realizzeranno una serie di fotografie
ravvicinate della superficie. I dati saranno trasmessi alla sonda-madre
russa, che rimarrà in orbita, e alla vecchia sonda americana Mars
Observer, che sarà ancora efficientemente in orbita fin verso la fine
del secolo. Già nel 1990, alcuni prototipi di questi palloni spaziali
furono collaudati nel deserto Mojave, in California e in Lituania,
presso Kaunas. La guiderope è stata realizzata a spese della Planetary
Society americana, un ente privato i cui membri, cittadini qualsiasi,
hanno deciso di autotassarsi per sostenere i progetti di esplorazione
marziana. E così, anche nel segno dell'aerostatica, verrà presto compiuta
una grande impresa di ricerca scientifica che vedrà per la prima volta
un'unione di forze e di contributi intellettuali tra nazioni fino
a poco tempo fa divise e reciprocamente ostili.
[...]
Note biografiche
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