Fra i modi in cui si possono sperimentare forme di creatività legate
alla comunicazione della scienza, l’ambito teatrale offre possibilità
piuttosto ampie, seppur non facili, in quanto offre strumenti, quali
la creazione del testo, la presenza viva dell’attore, l’uso di parole
e silenzi, di luci e costumi e dello spazio scenico per creare una performance
che lega strettamente scienza e arte. Come esempio di questa possibilità
vorrei citare il caso del progetto “Il
cielo nuovo – una narrazione poetica sulle scoperte astronomiche galileiane”.
Questo progetto è stato prima di tutto un progetto di carattere culturale
che si è concretizzato in un’attività sperimentale di comunicazione
sulla storia della scienza di tipo narrativo, prodotta dal Museo di
Storia della Scienza, di Firenze, oggi Museo Galileo, nell’ambito del
progetto europeo Cultura 2000, World View Network (2004), dedicato ai
cinque personaggi storici che contribuirono in modo fondamentale alla
costruzione di una nuova visione dell’universo: Nicolò Copernico, Johann
Kepler, Tycho Brahe, Galileo Galilei e Isaac Newton.
Il progetto de “Il cielo nuovo” era nato con lo scopo di trasmettere
gli elementi fondamentali delle prime scoperte astronomiche galileiane
e il clima culturale in cui avvennero attraverso un linguaggio
poetico. Nella costruzione del testo (che si configura in un monologo
di 50 minuti), si era partiti da elementi molto concreti appartenenti
alla storia della scienza e del pensiero scientifico in un momento di
trasformazione cruciale e di rottura con la tradizione come è simbolicamente
e non solo simbolicamente rappresentato dal 1610, anno di pubblicazione
del Sidereus Nuncius. Si è passati poi a una trasfigurazione poetico-narrativa
che rende peculiare la forma di comunicare questi contenuti culturali
al pubblico.
L’idea iniziale è stata quella di ambientare la scena a Venezia, immediatamente
dopo la pubblicazione del Sidereus Nuncius.
L’autore del testo,Tommaso Correale Santacroce, ha scelto come protagonista
un abile artigiano del vetro, Merlo. Si tratta di un personaggio con
una grande capacità manuale nel costruire lenti, e sufficientemente
colto da poter leggere il Sidereus Nuncius, il libretto che Galileo
fece stampare a Venezia in cinquecento copie e che andò immediatamente
esaurito, suscitando stupore e curiosità in tutta Europa per i suoi
contenuti rivoluzionari.
Lo stesso libro, insieme a ammirazione, suscitò forti opposizioni, proprio
perché in esso vi erano annunciate cose nuove, basate sull’osservazione
del cielo attraverso il cannocchiale, che contenevano un potenziale
“sovversivo” in quanto andavano contro il sapere costituito e conservato
pressoché immutabile dalla tradizione. Nel Sidereus Nuncius, Galileo
annuncia di aver visto la superficie della luna, non affatto perfetta
come era nel modello cosmologico aristotelico-tolemaico, ma scabra e
montuosa, “fatta di terra”. Annuncia di aver visto la miriade di stelle
della Via Lattea e i satelliti di Giove, quattro corpi celesti orbitanti
intorno al pianeta.
Di tutte queste cose racconta Merlo, lasciando emergere i pericoli e
i presupposti di profondo cambiamento che suscita l’annuncio di questi
elementi alla base di una nuova immagine dell’universo. I pericoli sono
da una parte storicamente oggettivi (l’ostilità dell’Inquisizione, per
esempio) e dall’altra riguardano una dimensione più esistenziale che
ha a che fare con i rischi a cui si sottopone ciò e chi va contro-corrente.
E Merlo è pienamente un personaggio contro-corrente: non appartiene
a élite protette, soffre di epilessia, è molto abile nell’arte della
lavorazione del vetro ma è mancino e “fa le cose a modo suo” e anche
se le fa bene, questo fare a modo suo gli suscita le antipatie di molti.
E’ amico di frate Sarpi, che pur essendo il consulente teologico del
governo della Serenissima, è inviso ai membri dell’Inquisizione, tanto
che, solo tre anni prima, era stato fatto oggetto di un attentato.
Merlo è affascinato dalla figura di Galileo ed è interessato alla nuova
cosmologia. E’ curioso e vuole sapere e soprattutto vuole incontrare
Galileo, di cui ha seguito qualche lezione all’università, e che ha
visto a Venezia, nell’arsenale mentre discuteva con i proti. Ci riuscirà.
Sarà un breve incontro, ma carico di emozione. Dopodiché costruirà egli
stesso il cannocchiale. Lo farà alla fine del racconto, che si concluderà
con l’osservazione del cielo, della luna e delle stelle. E il finale
rimarrà aperto… Se il cielo è così, se non è più quello perfetto di
Tolomeo, se il sole sta al centro e i pianeti ruotano intorno, allora
perché non cadono su di noi? Perché “stanno su”? E chi ha lanciato,
all’inizio, i pianeti? E quello che si vede attraverso il cannocchiale,
è vero?
L’interesse nel creare questo progetto è legato anche al modo in cui
è stato strutturato, cioè partendo da una selezione di pochi elementi
“scientifici”, che sono poi quelli contenuti nel racconto scientifico
narrato nel Sidereus Nuncius, e da un’approfondita indagine di carattere
storico volta a scendere nella complessità del clima dell’epoca creatosi
intorno alle scoperte galileiane, con una prospettiva “dal basso”.
La difficoltà del lavoro è stata quella di tradurre tutto questo in
una forma espressiva (che include la parola e la scena) che potesse
arrivare a tutti. Non è infatti stata fatta alcuna scelta di pubblico
a priori, anche se gli appuntamenti del mattino del ciclo di rappresentazioni
fatte al museo erano specialmente rivolti alle scuole, a partire dalla
seconda media in su. Si è lavorato, piuttosto, partendo dal punto di
vista che le idee, e il senso, tradotto con cura in forma artistica,
ha la caratteristica di “arrivare” a tutti, attraverso diversi livelli
di possibilità di comprensione e di coinvolgimento. Il testo, nella
sua interpretazione, si presta infatti a molti gradi di ascolto.
In sostanza, si è trattato di un tentativo sperimentale non solo nel
fatto di intrecciare scienza e teatro, ma di far uscire contenuti profondi
e basilari della nostra cultura (così come lo è stato tutto il processo
di cambiamento di prospettiva che è disceso dal lavoro galileiano in
campo astronomico) per portarli verso tutti noi, individualmente e collettivamente,
che a questa cultura apparteniamo.
In questo senso credo che un testo privo di fronzoli e altamente poetico
al tempo stesso, che parte dalla “materialità” delle cose, e dalla semplicità
e essenza dei contenuti, interpretato su una scena semplice e essenziale
essa stessa, da un attore che risponde in pieno e arricchisce con una
straordinaria interpretazione gli elementi strutturali di questo progetto,
costituisca un risultato del tutto positivo rispetto ai presupposti
con cui si è lavorato. La risposta del pubblico è stata in sintonia
con le aspirazioni e lo spirito con cui è stato elaborato il progetto.
Durante le repliche che sono state fatte al museo, e nelle ulteriori
occasioni in cui è stato rappresentato nel tempo, lo spettacolo si è
rivelato di forte impatto.
La sua dimensione raccolta (il pubblico infatti non può superare in
generale più di cinquanta persone per spettacolo), l’efficacia del testo,
la capacità dell’attore e la forza della semplicità dell’intera realizzazione
hanno infatti sempre suscitato un grande interesse che si è esplicitato
in una forma di ascolto molto silenziosa, attenta e partecipe.
Tra gli altri aspetti interessanti di questa realizzazione individuerei
la possibilità di mobilità di questo spettacolo che è partito dal museo,
e si è trasferito poi in teatri e manifestazioni culturali di diversa
cifra caratteristica, dimostrando la capacità di coinvolgere pubblici
molto differenziati. E soprattutto il non poter essere incasellato in
una dimensione “ristretta” e settoriale, ma avere le potenzialità per
contenuti, modalità espressive e struttura di progetto di essere trasportato
in molti “luoghi” differenti.
Silvana Barbacci laureata in ingegneria elettronica all'Università
di Firenze (1995), ha conseguito il Master in comunicazione della scienza
(2001) presso la SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati)
di Trieste con una tesi dal titolo "Un caleidoscopio magico: la scienza
a teatro". Svolge da allora attività di consulenza nella progettazione,
sviluppo e gestione di iniziative di diffusione della cultura scientifica,
anche a carattere internazionale, con un particolare interesse per la
dimensione storica. Ha sviluppato nel tempo un'attività di ricerca sui
rapporti tra arte e scienza, anche attraverso la realizzazione di progetti
sperimentali e ha pubblicato vari articoli in questo ambito.