Archivio
Attivo Arte Contemporanea Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni
5/c 22100 Como
CANTO
ARTICO Spazza il vento acrocori e falesie – pochi steli, muschi e licheni, pallida steppa – ne abbiamo fatte di passeggiate così, avvolti nei nostri neri mantelli, verso deserti di ghiaccio nella visione fredda e grigia dell’Oceano. Nel silenzio siderale dei più oscuri pensieri, devoti a quella stessa Stanchezza che ci ha generati negli anni atroci e dissipati di Fine Millennio, noi i perduti, gli erranti, gli errati, i vili, i rabbiosi principi del Crepuscolo, i fiori aridi e spenti di un’alba sinistra e sterile, asciutta e metallica come queste pietre, come queste rocce severe e fosche, ombrosi muri, capisaldi e presidi della Morte, nostra Signora e Regina. Fu il silenzio delle pietre, l’arcano mutismo dei sassi, quella divina intangibilità, quella sacra immobilità, quella metafisica inerzia a conquistarci, già fanciulli, a chiuderci per sempre al gioco ingannevole del Sole. Le pietre parlavano segretamente, cantavano nel vento, col vento, raccontavano antichi miti, inventavano per noi storie e leggende, avevano il volto e il profilo spietato degli eroi che in sogno visitavamo, che nel sonno ci visitavano. Le pietre evocavano, invocavano, altari della terra, gli Eroi, presenze di fuoco solidificato, vampe evanescenti, fruscianti presenze. Erano pietre, gli eroi, nostri angeli custodi. Fuggivamo da scuola per intrattenerci con loro. Le pietre ci parlavano di templi maestosi, di magici recinti e apotropaici peri- metri, sciamanici siti, fantascientifiche torri, avveniristici grattacieli. Le nostre preferite erano le pietre levigate dal vento, dalle onde o corrose dal sale, quelle senza muschio, senza traccia vegetale come pugni serrati in una morsa di avara e arcigna sterilità. Quante volte il nostro palmo le ha toccate per riceverne grazia e benedizione,tocco d’energia cosmica! le abbiamo accarezzate come schiene di ninfe o ippogrifi - pietre, sgabelli e troni di fate e silvestri divinità, pietre come sarcofagi di sopite regine, magiche geometrie, pietre come germogli, gusci e semi, serbatoi d’astrali influssi, reliquie di ciclopiche creature e giganti celesti, frammenti di sospese perfezioni, di sovrumani palazzi e spaziali fortezze. Appoggio la mano sulla roccia: tutto è partito da qui, da questa pietra che nonostante il clima di qui tra un po’ sarà tiepida poi calda, morbida. Palpiterà come un dorso di segugio, una schiena femminile di velluto, una pietra, quasi carne in una vibrazione sottile dal basso verso l’alto, dal sottosuolo, attraverso la pietra, la sacra pietra, pietrificata anima, pietrificata vita. Un sasso, uno spirito, un sospiro.
OVIDIO, METAMORFOSI,
VI, vv. 301-312 Orba resedit exanimes inter natos natasque virumque deriguitque malis: nullos movet aura capillos, in vultu color est sine sanguine, lumina maestis stant inmota genis ; nihil est in imagine vivum. Ipsa quoque interius cum duro lingua palato congelat, et venae desistunt posse moveri; nec flecti cervix nec bracchia reddere motus nec pes ire potest; intra quoque viscera saxum est. Flet tamen et validi circumdata turbine venti in patriam rapta est; ibi fixa cacumine montis liquitur, et lacrimas etiam nunc mormora manant.
Eccola, tutta sola, tra figli, figlie e marito, tutti morti, irrigidita dal dolore. Non un capello muove l’aria, sul volto un pallore, immobile lo sguardo sulle guance tristi. Nulla più di vivo nella sua immagine. La lingua stessa, nel palato indurito, si è congelata e più non pulsano le vene, braccia e piedi più non si muovono. E’ sasso anche nelle viscere. Piange, però e un potente turbine nella sua patria la trasporta, confitta lì, sulla cima di un monte, a piangere di lacrime che ancora oggi il marmo trasuda.
Luigi Picchi
è nato a Como l’8 dicembre 1969, si è laureato nel 1993
in Lettere moderne all’Università Cattolica del S. Cuore di Milano,
con una tesi su Ettore Cozzani (estratto pubblicato in Otto/Novecento,
XIX, 1, 1995). Il Copyright ©
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