Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Tattoo (tatuaggio)
Due mostre newyorkesi e altro...*
di Michele Caldarelli

L'intellettualizzazione dell' hic et nunc, la devianza percettiva attuata dalla virtualizzazione del mondo per tramite dei media elettronici, alimenta in modo sempre più globalizzante il disagio esistenziale. È questa la dinamica che innesca il rivivere, in alternativa alla definitiva obliterazione di se stessi, processi arcaici di autocoscienza tesi all'estremo recupero del dissolversi corporeo.
A tale problematica è da riferirsi per certo l'attuale revival della pratica del tatuaggio, un vero boom che conta schiere di tatuati, tatuatori, libri, riviste, raduni, un vero contromondo. Dolore fisico contro anestesia elettronica, tattoo vs software, assistiamo ad una lotta fra devianze estreme, espressione di opposte nature, veri daimones antichi quanto il mondo.
L'arte del tatuaggio è probabile che esista dagli albori della civilta, iscrivibile fra le prime espressioni linguistiche assieme alla comunicazione verbale e ai graffiti rupestri, in modo forse non molto dissimile a come veniva praticata dalle culture barbariche, descritte in epoca romana o nel periodo delle grandi esplorazioni marittime; per certo abbiamo testimonianze archeologiche risalenti almeno a 4000 a.C. Varie e alterne ne sono state nel tempo le sorti e, se in alcune epoche e culture il tatuaggio ha assunto segno distintivo di nobiltà, coraggio o dignità sociale, in altre ha assunto valenze del tutto opposte fino ad essere utilizzato come marchiatura dei fuorilegge o degli schiavi. Con funzione di identificazione e differenziazione, caratteri peculiarmente contrapposi e coesistenti, la marcatura del tatuaggio solleva non pochi interrogativi sulla propria vera natura significante.
La attuale dimensione del fenomeno con all'incirca 30 milioni di tatuati nei soli Stati Uniti sta alla radice anche di un rinnovato interesse antropologico oltre che testimoniare una tradizione mai estinta. Due mostre di notevole interesse e dimensione sono attualmente in atto nella città di New York (* vedi in coda all'articolo) e al pubblico incuriosito vengono proposte la storia del tatuaggio, attraverso modelli, foto e attrezzature, e una rilettura, della sua essenza che investe gli ambiti della antropologia, dell'arte, della psicologia del profondo, della storia del costume e chi più ne ha più ne metta. Il culto del tatuaggio varca così ancora una volta i confini della subcultura entro i quali viene relegato periodicamente a causa della carica violenta ed erotica rappresentata in funzione delle frange sociali che ne fanno uso. Ma, appunto, ne riemerge e se negli anni più recenti l'immagine del tatuato è stata assimilata a quella dei bikers, dei rock'a'billy, teddy boys, marinai ubriaconi e violenti o, peggio, negli studi del Lombroso agli emarginati sociali che popolano le patrie galere, non è sempre stato così. Se il ricordo del tatuaggio primitivo che sottolineava i gradi di valore in battaglia o di rispettabilità nell'ordine sociale come ad esempio presso i Maori (anche qualche europeo invaghitosi della loro cultura e/o delle loro donne, ne accettò l'uso come il marinaio John Ruteford che dalla Nuova Zelanda tornò in patria completamente tatuato), può sembrare troppo lontano storicamente o culturalmente, possiamo citare come, sull'esempio di Edoardo VII, dal 1862 si avviò la consuetudine devozionale di farsi tatuare in occasione dei pellegrinaggi in Terra Santa o come una simile tradizione sia stata viva a Loreto fino al 1950. Verso la fine dell'800 in Inghilterra l'uso del tatuaggio divenne addirittura una mania e, fra gli altri tatuati notabili si contavano molti nobili; negli anni fra il 1880 e la prima guerra mondiale si fecero tatuare Re Giorgio, il Pricipe di Galles, il Duca Alfredo di Edimburgo, lo Zar Nicola II di Russia, la Regina Olga di Grecia, il Principe Enrico di Prussia... e molti altri.
Il tatuaggio in sostanza, al di là delgli aspetti più acritici che ogni moda porta con sé, costituisce segno di iniziazione, appartenenza a un gruppo, simbolo di devozione mistica all'idea religiosa; nell'antica Cina, per fare un esempio e tornando ancora una volta indietro nel tempo, era simbolizzato dal carattere wen che designa lo scritto ma anche indica linee che si incrociano: vene, rughe, segni, costituisce sforzo apotropaico nei confronti delle forze inferiori e volontà di integrazione dell'uomo con il flusso delle forze celesti.
Pur maturando in alcuni esempi o aree culturali, come quella giapponese, una notevole raffinatezza espressiva, il tatuaggio, più che delle valenze estetizzanti, si fa corpo-narrazione di arcaiche necessità di autocoscienza. Un tatuaggio è per tutta la vita, non è un quadro che può essere accantonato o distrutto, non è un dipinto che si possa cancellare dal proprio corpo se non a costo di vistose cicatrici. Un tatuaggio eseguito sulla nostra pelle esiste nello spazio e nel tempo finché noi esistiamo, ricalca la natura evanescente del corpo, ne sottolinea il carattere effimero mentre con forza esorcizza il senso della morte. Personalmente non sono tatuato ma indubbiamente trovo che questo universo parallelo possa affascinare molte persone e per chi volesse approfondire l'argomento non mancano le occasioni anche solo a livello di informazione.

(*) A New York è in corso fino all'11 novembre Pierced Hearts and True Love, una rassegna documentativa degli ultimi cento anni di storia del tatuaggio, corredata di un catalogo ricco di riferimenti iconografici e contenente i contributi storico-critici di Margo De Mello, Alan B. Governar, Don Ed Hardy, Michael McCabe, Mark C. Taylor. La mostra, presentata dal Drawing Center in collaborazione con Don Ed Hardy, uno dei piu noti tatuatori statunitesi, itinererà fino all'agosto del 1996 toccando il Williams College Museum of Art, Williamstown, Massachusetts, il Joan Lehman Museum of Contemporary Art, Miami, il Center for the Arts at Yerba Buena Gardens, San Francisco.
Presso il South Street Seaport Museum di New York, museo nato per documentare, e rivitalizzare la storia di New York come città portuale, è allestita fino al 31 dicembre The Devil's Blue, un racconto per immagini sull'avventura del tatuaggio a New York City dal 1840 al 1961, una mostra curata da Amy Krakow. Non sono mancati per l'occasione incontri, letture, dibattiti e workshop con l'applicazione di tatuaggi temporanei per bambini e famiglie.
Dal gennaio 1976, data della prima Convention Mondiale di Tattoo Artists, si tengono raduni in ogni parte del mondo. L'1 e il 2 dicembre prossimi si terrà nel quartiere fieristico di Bologna e va detto che già nella passata Convention sono intervenuti più di 150 tatuatori. Chi volesse avventurarsi e farsi tatuare si faccia avanti ma si ricordi che la cosa è delicata e va comunque ben meditata.
Oltre alle riviste che si possono trovare in edicola o ricevere per corrispondenza esistono numerosi libri che trattano del tatuaggio, fra questi, edito da Mursia è Tatuaggi La scrittura del corpo di Luisa Fercioni Gnecchi. Assieme al marito Gianmaurizio Fercioni, uno dei più vecchi tatuatori italiani, sta organizzando l'apertura di un museo del tatuaggio sull'Isola del Giglio.
Un secondo libro Tatuaggi corpo spirito tradotto in italiano dall'originale americano Modern Primitives contiene una serie di interviste fatte da V. Vale e A. Juno a famosi tatuatori. Il libro in questione è stato curiosamente e forse non a caso edito da Apogeo editrice di informatica.

*pubblicato su D'Ars nr. 147 dicembre 1995

A proposito di tatuaggi - riferimenti bibliografici

Sailor Jerry Collins
American Tattoo Master
In his own words

La tribù del Tatuaggio
di: Rufus C. Camphausen

Tatuaggi
La scrittura del corpo
di: Luisa Fercioni Gnecchi

 

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