Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Parola d'Artista

di: Rosabianca Mascetti

Qualche volta mi capita di scrivere di getto con la tastiera del mio computer, senza guardare dove vanno le dita, liberamente, presa dalla paura che un'idea temporaneamente brillantissima mi possa sfuggire. Le mani però si sono posizionate su dei "blocchi di partenza" errati ed il risultato è un susseguirsi di lettere, numeri, punteggiature, in una sequenza ben ordinata, correttamente spaziata ma non comprensibile. Una sorta di scrittura cifrata che se letta metterebbe a dura prova le corde vocali, somigliante ad una perduta lingua arcaica o di un'era in cui probabilmente attorno a me avrei avuto dei pericolosi dinosauri e non il fido orsetto di peluche, dono di un'amica, che nel pancino, protetta da una cerniera, custodisce la mia scorta segreta di cioccolata per i momenti no. In un gioco di fantasia mi immagino un'infinità di tastiere predisposte per le tante lingue che non conosciamo ma che, ormai, in parte ci risultano familiari per la frequentazione di folle multietniche della grande città. Un flusso di parole e suoni che ci ricordano come Babele possa coincidere con questo nostro mondo, questo villaggio globale, come lo ha definito McLuhan, se viene a mancare una corretta comunicazione. Comunicare è da sempre fondamento nel nostro proiettarci nella vita di relazione, leggere e scrivere ci fanno accedere alla "cultura". Fino dagli albori della civiltà l'uomo ha sentito la necessità di fissare nel tempo sensazioni ed esperienze vissute e ha elaborato linguaggi iconici, inizialmente solo da vedere e interpretare per similitudine col dato reale o simbolizzazione schematica dello stesso. L'elaborazione di contenuti mentali sempre più complessi ha portato poi alla creazione di segni ideografici, o gruppi di segni con un nome e un valore fonetico, alla creazione di una infinità di alfabeti, tanti quanti sono i sistemi fonetici, grammaticali e lessicali formulati nel tempo dall'uomo. Ma la scrittura verbale non conclude il ciclo e torna a divenire scrittura visiva quando si arricchisce di simbologie per sintetizzare e evocare una realtà più vasta di quella razionale, quella spirituale o artistica. Ne sono un esempio la Biblia Pauperum (primo fumetto della storia), come le tavole della Via Crucis, proponendo un'interrelazione fra parola e immagini, che ha avuto grande "espressività" anche nei Technopaegnia alessandrini, nei carmina figurata dei poemi latini medioevali, nelle composizioni geometriche di autori gotici, rinascimentali e barocchi, negli estroversi alfabeti figurati, nella "identità" assunta da motti, emblemi, imprese, ex-libris, per passare ai moderni calligrammi dei cubisti e degli espressionisti, alle parole in libertà dei futuristi, ai grafismi delle neoavanguardie, alla scrittura automatica di dadaisti e surrealisti fino alle più recenti ricerche di poesia visiva.
E' da quest'ultima che prende spunto la rassegna "Parola d'Artista", una mostra che si prefigge di proporre una rassegna di opere, di maestri e giovani autori, che illustrino e commentino le problematiche inerenti il rapporto della parola scritta con le arti visive indagandone l'attualità, come pure andandone a riscoprire le matrici storico-culturali. Il rapportare, il mettere in relazione parole, immagini, significati e tecniche, oltre a permettere di raccontare, veicola il recupero delle origini culturali e storiche della lingua, e porta, annullando i codici consueti della comunicazione, ad indagare più a fondo il mondo o di reinventarlo poeticamente.
E' dall'interesse degli artisti per la componente visuale della poesia e lo sviluppo delle tecnologie di comunicazione, che è nata negli anni Sessanta la "poesia visiva". Da un lato gli artisti operavano una ricerca di nuove aree semantiche all'interno del linguaggio stesso, usando nuovi materiali espressivi, grafici, materici ecc; dall'altra indagavano e decondificavano il linguaggio iconico-verbale usato dai mass-media. Da questa prima partenza, nel tempo, parola e immagine andranno sempre più a sconfinare l'una nel campo dell'altra, a contaminarsi, appropriarsi, nella necessità di adeguare l'espressione artistica ai nuovi mezzi di comunicazione, con la funzione di diventare vere testimoni del proprio tempo. Nelle mani degli artisti, la poesia lascerà le proprie strutture tradizionali per diventare immagine essa stessa, atta solo ad una lettura visuale e non fonica, oppure verrà tagliata, smembrata, ricomposta, riadattata per avere nuova forma e nuovo significato. La poesia visiva prenderà spunto dalla vita di ogni giorno, dalla lingua parlata, dal plurilinguismo di massa, analizzerà la pagina a stampa, lavorerà su e con scrittura tipografica e manuale, si approprierà delle immagini di cinema, TV, giornali, fumetti, pubblicità, per alterarne il significato, stravolgerlo e produrne di nuovi, per denunciarne "l'incomunicabilità". Oggi che viviamo nella cosìddetta "civiltà dell'immagine", subiamo un tale e massiccio bombardamento di immagini, suoni e messaggi da restarne indifferenti. Non a caso, sempre più spesso, sui quotidiani ci propinano articoli di cronaca commentati da immagini prese da film famosi, i TG sono "strillati", con servizi video raccapriccianti, le trasmissioni di intrattenimento mettono in piazza il privato, spiano la vita della gente con una tecnologia sempre più sofisticata che dovrebbe invece servire solo a superare le barriere spazio temporali, con una telefonata o una videoconferenza ad esempio, per risparmiare tempo e ottenere una maggiore capillarità di distribuzione del messaggio. Talvolta però la tecnologia non basta per far sì che un messaggio, oltre che a circolare, possa superare i limiti delle carenze sensoriali, alla lunga indotte dall'abuso della stessa.. Grazie ad essa, per contro, nascono nuovi codici e linguaggi di comunicazione alternativa per superare quelle barriere interposte all'alfabeto convenzionale, si inventano nuove calligrafie e alfabeti gestuali per non udenti, tattili per non vedenti, iconici per portatori di handicap grave, nella necessità di ricreare quel ponte tra pensiero e mondo esterno che la matura stessa purtroppo a volte interrompe. Perché non comunicare è come non esserci e lo dimostrano la produzione della creatività collettiva, la diffusione esasperata dell'anonimato ufficializzato nel writing, l'insistenza delle chat, dei messaggi di posta elettronica o dei telefonini. Questi apparecchi, oramai miniaturizzati, perché si possa essere costantemente raggiungibili, sempre tenuti a portata d'orecchio, di vista, o instancabilmente nel palmo della mano facendoci sembrare tanti "rabdomanti" alla ricerca di una "fonte" di comunicazione che sembra sfuggirci.

La rassegna "Parola d'Artista" intende dare una panoramica di come parola e arte si possano fondere. In questo prima appuntamento vengono proposte opere degli anni Sessanta di alcuni tra i primi sperimentatori di poesia visiva come Vincenzo Accame, Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti, Roberto Sanesi, William Xerra, affiancate dai lavori concettuali di Adriano Parisot, che usa la parola come immagine scissa dal suo significato semantico, di Galliano Mazzon con composizioni di geometrie e calligrafie o Arturo Vermi con i suoi libri Zen, dove la sintesi del segno ripetuto in sequenze ordinate compone una scrittura ispirata alle filosofie orientali. Attualizzeranno la problematica: Paolo Barlusconi con una scultura ispirata alle "tavole della legge", questa volta dettate dai nuovi media e scritte con ideogrammi da lui stesso inventati con un sistema di scelta casuale e Carlo Fatigoni che reinterpreta manoscritti e ideogrammi di simbologie medioevali e arcaiche in forme nuove, con rimandi a segni e significati diversi dall'originale. Le incisioni a tecnica mista di Jacqueline Kiang trasformano il foglio di carta in un luogo dove registrare avvenimenti e sensazioni che l'artista compone su una trama fatta di parole, stralci di scritti poetici, colore e immagini mentre Laura Fumagalli interviene su segni, macchie, pieghe, lasciati da qualcuno su fogli di carta di vecchie lettere ritrovate, e vi ricrea una nuova trama per una nuova storia nata nel passato ma che prosegue così nel futuro. Giampiero Reverberi invece inverte i ruoli consueti della scrittura e della immagine e dà valenza pittorica ai suoi componimenti manoscritti per poi delegare alle tavole ad acquerello l'aspetto fonico e timbrico del linguaggio poetico. Gus, infine, ripropone su un supporto volutamente povero, di cartone da imballo o legno di cassetta, tutto il mondo visionario dei neologismi del linguaggio giovanile, dell'esasperato graffitismo urbano, operando un riciclaggio estetico, una sorta di bottino, di refurtiva idealmente "strappata", come si fa per gli affreschi antichi, per salvare quello che il tempo, l'usura delle intemperie e dei cambiamenti sociali porterà.


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