Federico Zeri
Caro Professore
presentazione di:
Walter Veltroni
Lidia Storoni Mazzola
Collana Dialoghi Arte
Di Renzo Editore
Roma 1998 ristampa 2002
75 pp. 14x21 cm
ill b/n e col.
lingua: italiano
ISBN 888323048-5
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"Caro Professore" di Federico
Zeri venne pubblicato per la prima volta dalla Di Renzo Editore di
Roma nel 1998, nella collana I Dialoghi e poi ristampato nel
2002.
I libri di questa collana nascono e si strutturano a seguito di numerosi
colloqui con i singoli autori e si suddividono in Dialoghi-Scienza,
Diagloghi-Uomo e Società, Dialoghi-Documenti, Dialoghi-Arte
e Spettacolo. Le domande non compaiono mai nel testo, ma solo
le risposte, sistemate in modo coerente così da ottenere una
sorta di monologo. L'autore rivede il materiale di volta in volta,
correggendo, indirizzando e modificando quello che precedentemente
aveva detto dando corpo a una chiacchierata a ruota libera sui temi
a lui più cari.
Nel caso di Federico Zeri (1921-1998), pur avendo riletto e apportato
ritocchi durante le singole fasi, purtroppo non ha potuto visionare
completamente l'ultima stesura ma, ciò nonostante, in questo
piccolo libro vi è tutto il suo spiritaccio caustico,
lucido e implacabile. Federico Zeri è stato uno dei più
grandi esperti di storia dell'arte del nostro secolo, autore di numerosi
libri e di centinaia di articoli pubblicati nelle maggiori riviste
di storia dell'arte italiana e straniere. Ha curato molti cataloghi,
tra i quali quelli relativi ai dipinti italiani del Metropolitan Museum
di New York, della Walter Art Gallery di Baltimora, della Galleria
Spada e della Galleria Pallavicini di Roma. Amava enormemente l'arte
della conversazione e amava parlare di sé, dei suoi interessi,
dei suoi incontri e delle sue indignazioni; in questo profilo autobiografico
Zeri discorre liberamente della sua vita partendo dalle lontane origini
orientali della sua famiglia e dalla sua formazione culturale che,
come lui stesso racconta, fu "strutturata in modo molto disordinato
e basata su interessi da autodidatta".
Un uomo dagli interessi eterogenei, che abbracciavano più discipline
e più periodi storici, con una particolare passione per la
chimica, la botanica e l'arte; si definiva una spirito libero e altrettanto
liberamente in questo volumetto riversa senza troppe remore o imbarazzo
il suo malcontento verso la nostra società che gestisce in
modo retrogrado la tutela del proprio patrimonio artistico, verso
lo snobismo e settorialismo accademico all'interno delle università
dove conta più il titolo che la competenza, verso l'ottusità
di una certa critica d'arte.
Un uomo dal singolare umorismo - come lo ricorda Lidia Storoni Mazzolani
- in chiusura di lettura "Non era però l'intelligenza che colpiva
in lui e nemmeno la cultura, ma piuttosto un cruccio severo, profondo,
come d'un padre che vede maltrattati i suoi figli: il patrimonio artistico
italiano era la sola cosa che gli stesse a cuore e non tollerava di
vederlo trascurato o non trattato con il rispetto, dirò di
più, la riverenza che merita. […] Mi parve sempre lacerato
da uno scontento amaro del suo tempo, del suo Paese e, soprattutto,
del modo com'era amministrato il retaggio impareggiabile che i nostri
avi ci hanno affidato. […] Questo volumetto postumo è un grido
di dolore". (R.M.)
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