Vlàdimir Sutiàghin
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"La mia terra" è
il titolo che il fotografo bielorusso Vlàdimir Sutiàghin
(classe 1955) ha voluto dare alla sua prima mostra europea presentata
a Sondrio (Galleria Credito Valtellinese, Museo Valtellinese di Storia
e Arte maggio-giugno 2004). La macchina fotografica ha sempre accompagnato
Sutiàghin, fin dal tempo della scuola media, perché,
come lui stesso ricorda "nella Russia sovietica la fotografia
era una pratica fortemente diffusa". Con le sue prime Smena
e Ciajka realizzava ritratti dei compagni di classe che poi
regolarmente regalava. Alcune arrivarono su un tavolo della redazione
del quotidiano di Nigimij Novgorod, cittadina dove allora abitava,
e da qui prese il via la sua grande avventura, prima di giovane reporter
poi come fotografo al museo di etnografia e infine in un laboratorio
di restauro storico di Minsk, sempre però continuando a studiare
giornalismo e fotografia. Con un così lungo processo di crescita
alle spalle, Sutiàghin ha saputo affinare una capacità
di percezione assai sottile che gli permette, grazie ad una attenta
regia, non solo di documentare la realtà del tempo, rappresentare
e documentare fatti e persone, ma anche di ricreare sensazioni, sentimenti,
stati d'animo. Le sue sono immagini di ampio respiro. che si collocano
in una dimensione atemporale per privilegiare l'indagine emozionale,
come nella serie dedicata ai monasteri e alle rovine di chiese e templi
antichi realizzate nei suoi lunghi viaggi, compiuti quasi sempre in
bicicletta. Affascinato dal rapporto che si stabilisce fra le rovine
e il paesaggio, incuriosito dalla spiritualità dei monaci,
Sutiàghin si crea un metodo di lavoro volutamente opposto a
quello frenetico del fotogiornalismo: ricerca i luoghi, li studia,
torna a vederli più volte prima di ottenere le fotografie che
vuole, stampate con viraggi che evocano le atmosfere delicate che
il suo obiettivo sa cogliere con acume e sensibilità. |