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Marco Pola

Gli uccelli


Manfrini ed. Trento - 1977
80 pp. 30 x 23,5



 

28 poesie presentate da J. Pierre Jouvet ed illustrate, con opere inedite, da Giovanni Barbisan, Miguel Ortiz Berrocal, Lino Bianchi Barriviera, Gino Bogoni, Carlo Bonacina, Lea Botteri, Giulio Candussio, Aldo Caron, Romano Conversano, Alda Failoni, Bruno Finesso, Novello Finotti, Mariano Fracalossi, Quinto Ghermandi, Piero Giunni, Lanfranco, Leo Lionni, Cesco Magnolato, Giuseppe Novello, Walter Piacesi, Guido Polo, Cesarina Seppi, Nereo Tedeschi, Virgilio Tramontin, Valeriano Trubbiani, Valeria Vecchia e Remo Wolf.

 

In copertina una composizione dell’Autore.

Lodati siano gli uccelli / e il sole ch indora le loro zampine: così comincia una poesia dello scrittore polacco Konstanty Ildefons Galczynski, forse l’ultimo portavoce della scapigliatura europea.
Gli uccelli. Un amore antico e incorruttibile dell’uomo, ma soprattutto del poeta, dai tempi aurei della letteratura classica greca e latina. Né l’omaggio ha subito mortificazioni, nel lungo tragitto della Storia; nemmeno nei secoli bui delle “arti erudite”.
Dal Settecento, poi, la poesia ha ricevuto dal mondo meraviglioso degli uccelli ispirazione per innumerevoli capolavori. Chi, tra i lettori esperti, non ricorda Il canoro monte dell’abate Carlo Innocenzo Frugoni, Il gufo deriso dagli augelli diurni, e la civetta di Giovanni Gherardo de’ Rossi, Il rosignuolo e il gufo del riminese Aurelio de’ Giorgi Bertola?
Che cosa hanno significato, per milioni di ragazzi italiani, Il passero solitario del Leopardi, Alla rondine del Tommaseo, L’assiuolo del Pascoli, Lo scricciolo del Govoni?
E per milioni di ragazzi inglesi Ode to a nightingale di John Keats, Proud songsters di Thomas Hardy, The lark di Cecil Day Lewis?
Potranno mai i francesi, e noi, e tutte le altre genti del mondo, dimenticare Un cygne mort di Radiguet, o Sang et plumes di Prévert? (Alouette du souvenir / c’est ton sang qui coule...). E ancora di Prévert la Chanson de l’oiseleur, Pour faire le portrait d’un oiseau (la stupenda favola lirica dedicata da Jacques a Elsa Enriquez), Cadeau d’oiseau?
Dimenticherà mai la memoria popolare spagnola Pajarito cojido, l’uccellino ghermito dall’aquilotto della morte di Juan Ramon Jiménez?
Immagini poetiche immortali tutte, come tante e tante altre: di Antonio Machado, di Vicente Aleixandre, di Pablo Neruda:
Un vuelo blanco y negro: los cisnes ahuyentaron / largos cuellos nocturnos, patas de cuero rojo, / y la nieve serena volando sobre el mundo.
Di Paul Valéry, di Jules Supervielle, di Guillaume Apollinaire:
Un oiseau chante ne sai où / C’est je crois ton âme qui veille / Parmi tous les soldats d’un sou / Et l’oiseau charme mon oreille. Di Gottfried Benn, di Georg Trakl:
(pber den schwarzen Winkel hasten / Am Mittag die Raben mit hartem Schre / Ihr Schatten streift an der Hirschkuh vorbei / Und manchmal sieht man sie mqrrisch rasten.
Di Wystan Hugh Auden, di Dylan Thomas, di Marianne Moore:
With innocent wide penguin eyes, three / large fledgling mockingbirds below / the pussy-willow, tree, / stand in a row, / wings touching, feebly solemn / till they see...
E ancora: di Walt Whitman, William Carlos Williams, Anna Achmatova, Boris Pasternak, Diego Valeri, Aldo Palazzeschi, Giuseppe Ungaretti, Alfonso Gatto.
Anche il grande cielo della poesia di Marco Pola è ravvivato dai voli e dalle “voci” degli uccelli, dai giorni ormai remoti del Gallo sul campanile alla feconda stagione creativa di Veronica dei paesi, quarant’anni dopo.
E adesso questi Uccelli: il commiato esemplare di Pola dalla “civiltà dell’anima” di cui, sempre, si è considerato suddito; il suo Zeitgeist, il suo avamposto morale, spirituale e umano.
Dove vanno a morire le allodole? Il poeta trentino, il poeta dolce e insieme austero delle Dolomiti non lo dice, ma il suo canto angosciato si fa interprete di una realtà che soltanto nell’utopia può trovare l’estrema speranza:
O bionda canterina, / se il mio grido terrestre ti raggiunge / lassù, dove t’inebri / di spazio, / ignara della trappola d’argento, / librati oltre quel sole fino a perderti / nelle sicure vie del firmamento.
Sì, oltre il sole, dove non possa arrivare l’Uccello meccanico, l’ultimo “mostro” creato dall’uomo nella sua folle corsa al primato materiale: Ali di plastica, becco di lamiera / cuore di piombo, zampe di ferraglia...
Ecco, Marco Pola depone la penna. E’ un poeta “ferito”, solitario, rimasto sul vecchio argine dell’arte, tra le rovine (o le vestigia?) di un passato che entrerà presto nella mitologia, con tutti i suoi morti: Stornelli e Cingallegre, Lucherini e Cùculi, e i cantori che li sublimarono: Leopardi e Whitman, Dylan Thomas e Prévert...
Caro Lettore, c’è qualcosa, oggi, più ambito del silenzio?
J. Pierre Jouvet

 



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