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MARINO MARINI
"Sono etrusco"
Confessioni e pensieri sull'arte
a cura di:
Staffan Nihlén

n. 16 Collana di prosa
I quaderni di via del Vento
testi inediti e rari del 900
a cura di Fabrizio Zollo
Via del Vento Edizioni
Pistoia 1996
seconda edizione 1997
31 pp. 12x16 cm
ill. b/n e col.
lingua: italiano

 

 

 

 

 

 

 

 

Il volumetto fa parte della collana di prosa "I quaderni di via del Vento", ovvero testi inediti e rari del Novecento, proposti in una veste raffinata e a tiratura limitata dall'Associazione Culturale "Via del Vento" di Pistoia.
"Sono etrusco" di Marino Marini si divide in due parti
La prima è la trascrizione di un'intervista del 1961 raccolta dallo scultore svedese Staffan Nihlén nello studio milanese di Marino Marini. In quell'occasione i due artisti si trovarono ad incentrare la discussione sulle diversità delle culture di appartenenza: tra il razionalismo nordeuropeo e quell'attitudine all'arte più mediterranea e solare, che porta Marini ad affermare che è dal colore che nascono le sue sculture, … tra creazione di testa e creazione di cuore, …tra problemi formali e di metodo. Argomentazioni che inducono Marini a riconfermare, con orgoglio, la sua appartenenza alla cultura italiana, e in particolare al suo sentirsi originario della terra e delle genti d'Etruria.
La traduzione dell'intervista e la stesura delle relative note al testo sono di Daniela Marcheschi.
La seconda parte dal titolo "Pensieri sull'arte" è invece un estratto dal documentario "Marino Marini - La felicità della scultura" trasmesso il 26 aprile 1972 dalla RAI per il programma "Artisti d'oggi" e realizzato da Franco Simongini, con la collaborazione di Mario De Micheli, Renzo Vannacci e Sandro Brugnolini.
Qui Marini discorre liberamente della sua vita, della sua arte, dei suoi mille interessi, di artisti, amici e personaggi famosi incontrati, arricchendo ogni avvenimento o racconto con considerazioni sull'arte, sulla natura dell'uomo.
Una spontanea narrazione della sua lunga carriera senza mai dimenticare di porre l'accento su quel profondo legame con la civiltà della sua terra d'origine perché sosteneva "Questo senso popolare, diciamo 'arcaico', enormemente vivo, ce l'abbiamo nel sangue e non possiamo togliercelo".
(R.M.)

 

 


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