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Silvia Levenson
Correre ai ripari

a cura di:
Paolo Tognon
testi di:
Paola Tognon
Martina Corgnati
Manuela Gandini
Alessandro Riva
Fondazione Credito
Valtellinese Sondrio
Silvana Editoriale
Cinisello Balsamo 2001
80 pp . 22x24 cm
ill b/n e col.
lingua: italiano/inglese

Acutezza e ironia, scardinamento dei luoghi comuni, riflessioni e ricordi, ricerca di una nuova dimensione dell'esistenza, uniti ad una innata capacità visionaria e approfondita tecnica scultorea, sono elementi che contraddistinguono di unicità l'opera dell'artista argentina Silvia Levenson (Buenos Aires 1957).
Il volume dal titolo "Correre ai ripari", che accompagna l'omonima rassegna (Fondazione del Credito Valtellinese-Palazzo Sertoli e Museo di Palazzo Sassi, Sondrio, luglio-agosto 2001) ripercorre, a ritroso, l'attività di Silvia Levenson fin dai suoi esordi in Italia negli anni Novanta. Il vetro è la materia principe, base portante della scrittura in cui l'artista riversa, ingloba e congela azioni, pensieri, ricordi: un materiale dalle continue possibilità di trasformazione, ma assai imprevedibile, che richiede una preparazione complessa, una manipolazione articolata e tempi tecnici sempre in balia dell'umprevedibilità nel suo risultato finale. Materiale trasparente, fragile, freddo, tagliente, ma nel contempo, duro e forte, con il quale Silvia struttura la propria ricerca su una sequenza di racconti, raggruppati per tematiche: l'infanzia, la funzione sociale del vestito, il ruolo della donna all'interno della famiglia e della società, il viaggio, il distacco, l'abbandono. Sono sculture e installazioni dalle forme semplici ma che, per un surreale effetto, producono sull'osservatore una sensazione di spaesamento.
In esse Silvia riversa parte di se stessa, in una sorta di sospensione temporale tra il presente e il passato, fatta di ricordi e di aspettative di un tempo irrecuperabile; Sono racconti di angosce, di attese, di piccole crudeltà quotidiane, riflessioni sull'infanzia, la propria ma anche quella di tanti bambini, fatta di una apparente felicità contrassegnata da continui sforzi e difficoltà per adeguarsi alla realtà. Se poi, come l'artista stessa, si è stati costretti a lasciare la propria patria, la propria casa, le proprie radici per trovare riparo in un nuovo paese, un nuovo ambiente estraneo, è normale che la casetta di "Correre ai ripari" sia trasparente e rappresenti un rifugio che non non può proteggere dalle tensioni esterne e da quelle che si accumulano nei rapporti famigliari e di coppia. Infine, il ciclo dei libri, distrutti, nascosti o abbandonati in patria durante la dittatura; quello dei diari , colmi di frasi che gli emigranti non hanno mai avuto il tempo di scrivere, e quello delle valigie, fardelli leggeri, riempiti in fretta e furia con poche cose indispensabili, ma pesanti di speranze; metafore del desiderio, per chi ha perso tutto, di ricostrurire un proprio bagaglio di ricordi e di sogni. (R.M.)

 


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