Ugo
La Pietra
Il Mobile Significante
Opere 1985-2000
testi di:
Roberto Rizzi
Aldo Colonnetti
Ugo La Pietra
Ed. Il quadratino
Milano 2000
47 pp. 21x30 cm.
ill. b/n e col
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Il catalogo accompagna
la rassegna sull'opera dell'architetto e designer Ugo La Pietra cui
la città di Cantù ha reso omaggio con tre mostre a tema:
"Il Mobile Significante: opere dal 1985 al 2000" presso
la Galleria del Design e dell'Arredamento - Cantù (12 novembre
2000 - 14 gennaio 2001), "Domesticarte: disegni e progetti 1980"
all'Istituto Statale d'Arte - Cantù (11 novembre - 15 dicembre
2000), "A punta di penna: raccolta di disegni 1970-1980"
Biblioteca Comunale Villa Ferranti - Figino Serenza (11 novembre -
15 dicembre 2000).
Qui di seguito proponiamo un'intervista
rilasciata da Ugo La Pietra a Michele Caldarelli e pubblicata dal
"Corriere di Como" il 10 novembre 2000 con il titolo "La
Pietra, arti alleate dal progetto all'opera".
M.C. - Nel corso della
sua ormai lunga attività professionale, Ugo La Pietra ha spaziato,
dal progetto d'architettura all'arte, al design, all'artigianato,
alla produzione filmica e altro ancora. Gli abbiamo chiesto fino a
che punto si può riuscire a delineare un suo ritratto a 360°.
U.L:P.- Nell'arco della mia
vita ho nutrito moltissimi interessi e curiosità, qualcuno
mi conosce per la mia esperienza di insegnamento, altri perché
ho diretto ben nove riviste, altri per il mio interesse rivolto alla
telematica, all'antropologia sociale, all'artigianato arcaico e via
dicendo. Ho progettato molti oggetti per interni e la rassegna di
Cantù che si apre in questi giorni, ancora più nello
specifico, è dedicata unicamente alla mia esperienza sviluppata
nell'ambito della lavorazione del legno ma è importante che
si sappia che non sono solo un designer di mobili.
M.C. - Oltre allo spazio
domestico, lei si è dedicato anche allo studio degli spazi
urbani in modo provocatorio e con interventi del tutto singolari.
U.L.P. - Mi sono occupato
a lungo dei problemi inerenti a quello che io definisco "Abitare la
Città", contribuendo a gettare le basi di quella disciplina
che si sarebbe chiamata "Arredo urbano", e dalla quale mi sono però
in seguito allontanato alla ricerca di altri modi meno istituzionali
per esprimermi. Prerogativa del mio lavoro è sempre stato l'attraversare
e sperimentare aree disciplinari disomogenee, a cavallo fra l'arte,
l'architettura e le arti applicate. E' molto difficile definire quello
che faccio. Una delle mie ambizioni più grandi, quanto difficile
da portare a termine, resta perciò quella di realizzare una
monografia che parli di tutto quanto ho progettato e realizzato, per
raccontarmi in modo completo. La monografia avrà come titolo
"Sinestesia fra le Arti" ricalcando quello della mia tesi di laurea
che già nel '63 proponeva il superamento della "Integrazione
delle Arti".
M.C. - Ironia e giocosità
permeano l'aspetto esteriore di tutta la sua produzione ma, al di
là delle apparenze, ci accorgiamo comunque quanto sia profondo
e convinto il suo impegno sociale.
U.L.P. - Certo, oltre
a tutto quanto ho prodotto relativamente ad argomenti di grande portata
ideologica e attualità (come la transgenetica, la globalizzazione,
il nazionalismo e la frantumazione territoriale ecc.) ne è
un esempio anche tutto il lavoro che ho fatto, negli ultimi 20 anni,
con l'area del mobile classico in stile, quella, per intenderci, degli
artigiani di tradizione che non hanno più avuto, negli ultimi
settant'anni, alcun contatto con la cultura del progetto. Un lavoro
di grande impegno finalizzato a riavviare un rapporto interrotto dall'intervento
delle nuove metodologie di produzione industriale, spesso fuorvianti
e prevaricatrici nei confronti del piccolo operatore.
R.M. - Relativamente alla
produzione di oggettistica artigianale, anche un argomento marginale
come il merchadising museale, se ben ricordo, è stato per lei
oggetto di attenzione specifica.
U.L.P. - Si, anche se
questo costituisce solo una parte di un lavoro più ampio sui
"Souvenirs" iniziato negli anni '80. Questi sono oggetti capaci di
comunicare dei significati ma purtroppo, proprio in Italia, a fronte
del grandissimo patrimonio artistico e di una elevata frequentazione
turistica, solitamente sono di qualità bassissima e spesso
provenienti da aree culturali estranee al luogo in cui vengono venduti.
Se si affrontasse, come ho cercato di dimostrare, il problema secondo
un'ottica corretta, si potrebbe creare un'interessante area di sviluppo
sia a livello progettuale che di produzione artigianale locale.
M.C. - Si è detto
che lei ha diretto varie riviste, quali ricorda maggiormente e quale
è il loro taglio?
U.L.P. - Le prime due,
agli inizi degli anni '70, si chiamavano "In" e "InPiù". Hanno
raccolto, a carattere monografico, le testimonianze di tutta l'area
dell'architettura radicale europea, e a tutt'oggi restano ancora uno
dei pochi documenti storici in proposito. A metà degli anni
'70 è stata la volta di "Fascicolo", una rivista più
legata alla cultura materiale e alle forze anticonformiste che si
occupavano del territorio: le cooperative, i gruppi sociali alternativi
sia nel mondo dell'arte che in quello del teatro. "Brera Flash", poi,
è stata dedicata a diverse aree disciplinari: cinema, arte,
arti applicate, design, architettura. Negli anni '80 con "Area" e
"Abitare con Arte" ho affrontato il mondo del design orientato verso
la cultura materiale, anche di carattere artigianale. Attualmente
dirigo la rivista "Artigianato" attraverso la quale porto avanti questi
temi in modo ancora più preciso.
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