ERNST L. KIRCHNER
"Per vie incognite"
dal Diario di Davos
a cura di:
Susanna Mati
n. 30 Collana di prosa
I quaderni di via del Vento
testi inediti e rari del 900
a cura di Fabrizio Zollo
Via del Vento Edizioni
Pistoia 2000
31 pp. 12x16 cm
ill. b/n e col.
lingua: italiano
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Il volumetto fa parte
della collana di prosa "I quaderni di via del Vento", ovvero testi
inediti e rari del Novecento, proposti in una veste raffinata e a
tiratura limitata dall'Associazione Culturale "Via del Vento" di Pistoia.
"Per vie incognite" raccoglie alcuni interessanti testi sull'arte,
selezionati da Susanna Mati, ed estratti dal "Diario di Davos" di
Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938).
Iniziato nel 1919, il "Diario di Davos" rappresenta un'importante
testimonianza degli anni trascorsi da Kirchner in Svizzera, per curarsi
da un crollo mentale e fisico, e di come per l'artista fosse anche
un esercizio di terapia salutare perché, come lui stesso scrive: "Quando
il dolore trova parole, la guarigione si profila all'orizzonte". Alle
pagine del diario Kirchner affida le sue riflessioni sull'arte e la
memoria storica dell'Unione Artistica "Die Brücke", fondata nel 1905
a Dresda con gli amici Fritz Bleyl, Erich Heckel e Karl Schmidt-Rottluff.
Lo scopo era quello di creare un'arte libera e critica nei confronti
della società civile e delle accademie d'arte del tempo e che, in
un concetto assai innovativo per l'epoca, poneva sullo stesso piano
artisti e spettatori. Molti personaggi famosi vi aderirono, come Nolde,
Cuno Amiet, Gallén-Kallela, Gussmann e Pechstein ma Kirchner ne fu
sempre il leader indiscusso. Figura carismatica, affascinava la gente
per bellezza, sensibilità e creatività, doti che per contro lo facevano
sentire sempre più un isolato, in una società che cambiava rapidamente
e violentemente, e ossessionato dal lavoro che sentiva come una necessità
vitale di rappresentare l'uomo nuovo. Un uomo che doveva essere
"libero nella libera naturalità" e, come nel "Così parlò Zarathusta
" di Friedrich Nietzsche inteso come 'ponte' (cioè Brücke
- da cui il nome del gruppo), come transizione e non come fine.(R.M.)
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