Ernst Ludwig Kirchner
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Nel 1905 a Dresda quattro amici, Ernst Ludwig
Kirchner, Fritz Bleyl, Erich Heckel e Karl Schmidt-Rottluff, studenti
di architettura e poco più che vent'enni, fondarono l'Unione
Artistica "Die Brücke" (Ponte). Non avevano un'istruzione artistica
neanche esperienze degne di nota, ma li accomunava una grande passione,
forza di volontà e comuni aspirazioni; e fu così che
si trovarono a segnare un'epoca. Era l'inizio delle nuove avanguardie,
per intenderci, il momento del Futurismo in Italia, dei Fauves e del
Cubismo in Francia e dell'espressionismo del "Blauer Reiter" e della
"Brücke" in Germania. Tutte esprimevano il disagio esistenziale
dell'uomo e dell'artista in una società che cambiava rapidamente
e violentemente, ma i quattro amici del Ponte sembravano avere qualcosa
di diverso...forse avere come leader riconosciuto, la figura carismatica
di Ernst Ludwig Kirchner. Kirchner credeva fortemente "In una nuova
generazione di creatori e di fruitori d'arte... in una gioventù
detentrice del futuro e che vuole conquistare una libertà d'azione
e di vita contro le vecchie forze così difficili da sradicare".
Un concetto innovativo che poneva sullo stesso piano artisti e spettatori
e che prospettava un'arte libera e critica nei confronti della società
civile e delle accademie d'arte del tempo. Attraente, geniale, sensibile,
Kirchner affascinava la gente, ma rimase sempre un isolato. Era ossessionato
dal lavoro, che sentiva come una necessità vitale per esprimersi,
disegnare (zeichnen) per lui significava veramente mostrare (zeigen):
I suoi cicli produttivi (dai ritratti, alle scene di strada, il circo,
i paesaggi) possono essere considerati una sorta di autobiografia
spirituale, espressione dei suoi stati d'animo, delle sue ansie, di
quel disagio psicologico, nato con la chiamata alle armi e mai superato.
Contrariamente ai futuristi, che vedevano nella guerra una funzione
purificatrice. gli espressionisti della Brücke la consideravano
"un catastrofico giudizio universale" e Kirchner temeva ancor più
della morte, la perdita dell'identità, della personalità
spirituale. Un uomo che credeva nel ruolo morale e sociale dell'artista
e che nel 1937 considerò "preferibile andare sull'alto monte
dal quale non si ritorna" piuttosto che vedere distrutti i suoi quadri
e considerata degenerata la sua arte.
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