Károly Kincses
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L'Ungheria
è un paese che può vantare di esssere il più
grande esportatore di fotografi di fama mondiale. Qui sono nati e
cresciuti André Kertész, Lászlo Moholy-Nagy, Brassaï,
Martin Munkácsi, i fratelli Robert e Cornell Capa, György
Kepes, Stefan Lóránt, Ferenc Berkó, il Premio
Nobel Miklós Muray, inventore dell'olografia, Dénes Gábor...
e tanti altri ancora, come Egitta Carell, fotografa ufficiale di Mussolini,
Ylla, uno dei piů grandi fotografi di animali, Almásy, Aigner,
Suzanne Szasz, le sue fotografie di bambini erano accompagnate da
testi di Benjamin Spock. E poi ancora Etelka Görög, prima
donna fotografa nei territori selvaggi dell'Amazzonia ma anche in
austria durante la rivoluzione del 1956, Eva Besnyö, la miglior
fotografa del movimento femminista e ancora allievi e maestri del
Bauhaus, fondatori di famose agenzie fotografiche e case editrici
. Difficilmente altre nazioni hanno prodotto tanti talenti in un'unica
arte, maestri che hanno dovuto emigrare per poter diventare famosi,
mentre quelli rimasti in patria non hanno potuto raggiungere una notorietŕ
internazionale anche se non di minor qualità o con peggiori
scuole a disposizione. Molti dunque sono le motivazione che Károly
Kincses va ricercando in questo libro, analizzando la storia, la geografia,
la psicologia e la sociologia di un paese che, solo tra il 1920 e
il l 1956, ha prodotto i più grandi maestri della storia della
fotografia, senza però saperli valorizzare in patria. .Il volume
dopo una prima analisi storica generale del fenome, analizza i vari
personaggi tracciandone una biografia ragionata e suddifidendoli in
due gruppi: quelli che sono emigradi
dall'Hungheria come André Kertész, Brassaï, Martin
Munkacsi, Laszlo Moholy-Nagy, György Kepes, Robert Capa, Cornell
Capa, Stefan Lorant e altri; e quelli rimasti in Ungheria: József
Pécsi, Rudolf Balogh, Károly Escher, Nándor Bárány,
Angelo, Dénes Rónai, Olga Máté, Kata Kálmán,
Judit Kárász, István Kerny e altri. |