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Eugene O. Goldbeck

a cura di: Kitti Bolognesi e
Jordi Bernadò
ed. Actar Barcellona 1999
136 pp. 27 x 19 cm.
testi ital/ingl/spagn
70 ill. b/n
"Solo un pazzo può fare quello che faccio io" ammetteva nel 1921 Eugene Omar Goldbeck, (San Antonio Texas 1891/1986) commentando le sue incredibili foto panoramiche. Un’ammissione di incoscienza ma anche di grande capacità di affrontare le sfide che la professione di fotografo giramondo impone. Un esempio, per cominciare, la foto del 1947 della più grande delle insegne viventi, ottenuta mettendo in posa 21.765 militari della Lackland Air Base di Sant Antonio e realizzata con una Folmer Graflex Cirkut, adattata da Goldbeck e posizionata su una torre alta 60 metri. Un vero e proprio paesaggio umano tra i più interessanti e significativi selezionati per la mostra "Eugene O.Goldbeck: fotografie panoramiche" presentata alla Galleria Gottardo di Lugano (marzo-maggio 1999) e alla Galleria Actar di Barcellona (settembre 1999)cui si deve la coedizione del catalogo. La rassegna, curata da Kitti Bolognesi, si equilibra su due aspetti dell’opera di Goldbeck quello "antropologico" delle foto di gruppi sociali, maestranze, dipendenti di imprese artiginali, industriali e quello "professionale" dei gruppi militari realizzate per l’esercito americano. Immagini che affascinano per le grandi dimensioni e le soluzioni tecniche, scelte e inventate per la loro realizzazione, incantano per le soluzioni estetiche che, compositivamente solo in apparenza semplici, richiedevano in realtà una capacità organizzativa fuori del comune e una visione della vita assai ampia. Attraverso l’intensità di effetto di insieme ottenuta dall’immagine, Goldbeck instaurava un dialogo con i personaggi fotografati, interpretava e documentava la cronaca del suo tempo, componendo una sorta di testamento generazionale. "Copriamo il mondo e quant’altro?" cita il motto della sua agenzia fotografica la National Photo Service, (la attuale National Photo News Service); unico rammarico in più di sessant’anni di carriera di non essere riuscito "a mettere in fila tutti quei pinguiti" all’Antartico e la traversata della Siberia in treno vietata dalle autorità sovietiche. Una vita quella di Goldbeck dedicata alla fotografia, alle ricerca di scatti impossibili, sostenuta da un innato fiuto economico e da una genialità unica nell’adattare i mezzi a disposizione: le sue automobili erano dei veri e propri laboratori viaggianti muniti di torri smontabili per le riprese e che dire degli adattamenti apportati alle macchine fotografiche per "addomesticare" a proprio modo luce e tempi di posa. "Se solo sapessero cosa ho fatto alle mie macchine fotografiche!" quelle stesse con cui riusciva ad esporre una pellicola lunga anche 381 cm. e collezionare più di un milione di negative in gran parte ora raccolte nell’archivio Goldbeck conservato presso lo Harry Ramson Humanities Research Center dell’Università di Austin nel Texas.

Tratto da "Scatti panoramici sul mondo" di Rosabianca Mascetti pubblicato da "Il Corriere" Como 9 aprile 1999


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