GILBERT & GEORGE
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Si parla
tanto di provocazione, in arte, musica, cinema, letteratura, nel costume
perché attraverso la provocazione si afferma la propria esistenza;
se poi la si infarcisce con quel tanto che basta di disgustoso, essa
assume un giusto chic culturale che la rende accettabile. Ci stiamo
abituando a vedere in televisione personaggi famosi e non che si amano,
si odiano, confidano i loro più segreti sentimenti e, con una
accurata o improvvisata regia, mettono in piazza i propri sentimenti.
Sulla rete Web i navigatori più insonni e curiosi hanno potuto
assistere (nel luglio 1998) alla prima notte d'amore di due giovani
che rinunciarono alla propria privacy per mostrarsi al mondo. Difficile
dire se sia per mania di grandezza, narcisismo o servitù ad
un moderno rito imposto dalla convivenza in questo "villaggio globale"
che sta perdendo tutti i valori umani della vita di comunità.
L'ansia dell'uomo di questo fine millennio
sembra sospingerlo o alla ricerca di nuovi mondi o ad un richiudersi
su se stesso. e così se da un lato scopriamo il nuovo protopianeta
TMRIC nel nostro sistema solare e attendiamo che il Voyager 1 consegni
i nostri messaggi al di là del mondo conosciuto, dall'altra
ci lasciamo attrarre da quello che il Jedy di Guerre Stellari definiva
il "lato oscuro". Tra gli interpreti
in arte di questo malessere dei tempi vi sono Gilbert & George
che fin dall'inizio del loro sodalizio hanno lasciato le tradizionali
forme di rappresentazione artistica per essere essi stessi "scultura
vivente". Nel ciclo di lavori "The Fundamental Pictures" analizzano
forme e colori presenti negli ingrandimenti al microscopio dei loro
liquidi corporali. A queste gigantografie, che sembrano vetrate medioevali
o antiche carte da parati, si affiancano le figure degli artisti a
grandezza naturale, sia elegantemente vestiti che completamente nudi
(eccetto occhiali e orologio), visti di fronte e di retro. Gilbert
& George si mettono a nudo, si espongono, a volte interpretano
le tre scimmiette sagge che non vedono, non sentono, non parlano,
perché sono le immagini del loro sangue, urine, feci, saliva,
lacrime, sperma che devono parlare. Senza
le funzioni corporali non potremmo vivere così come è
dal loro equilibrio che dipende il nostro stare al mondo, e allora
perché non coinvolgere questi materiali nella nostra vita,
non mostrare l'attività incessante che si autocrea in una goccia
di sangue, di sputo..... Vita e morte, un binomio sempre in precario
equilibrio, che spinge l'uomo ad un desiderio di affermazione nel
tempo, un desiderio di eternità. Un concetto che era già
stato considerato da Gilbert & George nel 1969 con "A Message
from the Sculptors" quando spedirono in giro per il mondo campioni
della loro vita (un capello, un frammento della prima colazione, di
vestiti ecc.): narcisismo, un invito al collezionismo di cattivo gusto,
desiderio di stupire o interpretazione del propiziatorio albero di
maggio, che dispensa frutti e assicura un copioso raccolto.... o desiderio
di distruzione? Azioni che comunque provocano, che si spingono al
limite, come i "Fundamental Pictures" o "Testamental Pictures"?, ma
che nella loro disarmante crudezza sono dettate dal desiderio di normalità,
di ricerca della consapevolezza di se stessi, di un ponte tra anima
e vita mortale nel tentativo di esorcizzare la inevitabile decomposizione
della materia. |