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UN RUSSO DI MONGOLIA
... UN GIALLO ROSSO

INTROV -E. STROF


Campanotto Editore
Udine 1990
87 pp. 12 x 19cm.

.....non si sa chi sia 'sto "STROF". "E." si presume sia per 'Evghenj' (Eugenio in italiano). Un nostro amico che è stato a caccia dell'orso in mongolia ha avuto non ci dice da chi il manoscritto che tradotto a fatica - tanto è stato eliminato che non si capiva - è qui stampato. Ci veniva suggerito anche 'quattro occhi e un occhio solo' a titolo ma abbiamo preferito il titolo che appare. Nel manoscritto era scritto alla fine "non c'è indice che tenga, tenère righe sfalsate" e poi "ci sono virgole e accenti puntini e altro che calano e crescono e l'insieme è scorretto" e poi ancora "a che correggere un insieme scorretto". Ci siamo tenuti allo scritto, i lettori scusino, rettifichino se credono, forse è parte del gioco di chi ha scritto, che altri aggiungano e tolgano a loro piacimento; che vi piaccia 'sto scritto ci auguriamo, anche se manca l'indice

I paradossi di Ghezzi di Carmelo Strano
Un personaggio come Franco Ghezzi stimola riflessioni e commenti ben oltre le contingenze. (...) Ghezzi è uno scrigno e anche un laboratorio di paradossi. (...) scrittore-saggista-artista che ha superato probabilmente la sua seconda giovinezza. Un altro paradosso? Ama l'arte, va a caccia di forme e di fili fantastici ma anche di fagiani e beccaccini. Qualcuno ha detto che l'arte è un fatto di violenza. Potremmo aggiungere che l'uomo è violento. E però vale la pena chiedersi se tali spinte non possano essere dirottate altrove. A guardare l'arte del cantore bergamasco effettivamente si può capire che essa piuttosto che un'occasione di liberazione rappresenta il luogo di un gioco sofistico, di un'esercitazione tra il mentale e l'estetico, un campo di ammiccamento letterario quale sarebbe diventata la condizione decadentistica di Guido Gozzano se non ci fosse stata di mezzo la tisi. A dispetto della sobrietà del segno grafico e cromatico, Ghezzi sembra avere l'atteggiamento sornione di un filosofo solipsista. Lo si evince anche da una sorta di numerazione seriale che l'artista dà ai propri lavori grafico-cromatici, scanditi per cicli numerici progressivi. Questo interesse al senso del multiplo lascia intendere un Ghezzi potenzialmente capace di progetti organici e sistematici e che però chissà per quale stranezza rinchiude questo suo respiro entro cicli contingenti, pur se non episodici. Ma forse la spiegazione viene dai suoi scritti. Uno di questi è paradossale sin dal titolo "Un russo di Mongolia... Un giallo rosso". L'autore non è Ghezzi, però. E' diventato camaleonticamente "Introv E. Strof". (Editore Campanotto, Udine, 1990). E' un volumetto di poesia (non posso dire di poesie, anche se c'è una scansione in capitoli, perché per Ghezzi il componimento poetico è una sorta di filastrocca, di sua filastrocca). La sequenza logica del racconto in versi non rispetta le regole della costruzione scolastica; riflette solamente il pensiero apparentemente "illogico" di Ghezzi, fatto cioè di salti temporali, di aritmie sequenziali, di discinesie spaziali. La punteggiatura si fa docile a queste esigenze e si scapriccia in un modo che piacerebbe al Marinetti delle parolibere. Anche perché l'Accademico d'Italia si sentirebbe messo un pò in scacco dal Ghezzi. Infatti, se il milanese mette le parole in libertà ma nel massimo, si direbbe ottocentesco, rispetto del pensiero logico, per contro il bergamasco mette prima il pensiero in libertà e, di conseguenza, le parole, la sintassi e il periodare. Tale gioco si riscontra, in perfetta coerenza, anche nei grafici-dipinti. In essi l'autore realizza una sorta di sua poesia visiva per via che il disegno-dipinto, già capriccioso - seppure rispondente a un preciso progetto di rispondenze semantiche e sembrerebbe anche alchemiche - è accompagnato da frasi emblematiche che dicono e non dicono.....
(Tratto da l'ARCA n.93. Maggio 1995)



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