Farid ad-Din ‘Attàr
Il verbo degli uccelli
a cura di:
Carlo Saccone
Ed. SE, Milano -1997
240 pp. 22,5 x 13 cm.
ISBN 88-7710-354-X
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Le notizie tramandateci su
Farid ad-Din ‘Attàr, uno dei più celebri poeti mistici persiani, sono
scarse e incerte.
Visse tra il 1100 e il 1200, in un’epoca in cui il Sufismo era assai
praticato e i problemi della metafisica erano oggetto di attiva speculazione.
Per un certo tempo esercitò probabilmente la professione di farmacista
(‘Attàr significa infatti “il venditore di droghe”) e, per quanto
si sappia ben poco della sua educazione, ebbe sicuramente una conoscenza
profonda della musica, dell’astronomia, della medicina e delle teorie
delle scuole dell’epoca. Tra le numerose opere che gli vengono attribuite,
Il verbo degli uccelli, di cui è accertata l’autenticità, è
la più celebre. Costruita secondo un’articolata struttura dialogica
che rielabora epistole filosofiche di vari autori antichi (Avicenna,
Al Ghàzàli), l’opera, più che un poema narrativo in senso stretto,
è un libro sapienziale dove l’allegoria del viaggio degli uccelli
lascia trasparire e a volte emergere l’intento didascalico. I volatili,
riuniti in convegno, scelgono come re il favoloso uccello Simurgh
(trasparente simbolo della divinità) e decidono di raggiungere la
sua corte. Finalmente partono, ma solo trenta su centomila riescono
ad arrivare a destinazione dopo aver attraversato le sette valli lungo
cui si snoda la mistica via, una rappresentazione simbolica degli
stadi attraverso cui l’anima, con costante progressione, attinge la
perfezione divina. Simurgh (il “Trenta uccelli”) è in realtà lo specchio
di quegli eletti che giungono alla sua corte: l’esplorazione attariana
del “mare dell’anima” si compie dunque nella scoperta della sua totale
identità con il mare divino. E come a ribadire l’intenzione didascalica
dell’opera, nell’epilogo il poeta esorta i lettori a rileggere più
volte i suoi versi, perché “i figli dell’illusione sono naufragati
nella musica dei miei versi, ma i figli della realtà hanno penetrato
i miei segreti”.
In
copertina: I gufi e il corvo. Miniatura persiana appartenente
al “Kalila wa Dirnna”, XV secolo (particolare)
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