Alberto Anzani
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Già nel precedenze lavoro
"Joia" Alberto Anzani ci aveva introdotto ad una ambientazione
sudafricana e ad una narrazione di storie che scorrevano parallele.
Nel caso di "L'ambasciata chiude" la successione degli avvenimenti
diventa veramente complessa in un gioco di storie speculari, che a
tratti sembrano incontrarsi e transitare tra realtà e finzione.
Durante un piano di evacuazione un uomo viene trovato cadavere nel
parco dell'ambasciata francese di Maputo; la stessa scena si ripete
all'Opéra di Parigi dove va in scena "L'ambasciata chiude"
e ancora sul set di un film che tra mille difficoltà viene
girato tra Francia e Mozambico. Sarà l'inizio di un intrigo
internazionale con continui colpi di scena che ingannano il lettore.
Molti i personaggi coinvolti, ma sono quelli femminili a fare la differenza,
a capovolgere le carte, nella realtà e nella finzione, cambiando
registro e adattandosi silenziosamente ma attivamente alle situazioni,
anche in modo inaspettato, perché è l'unica soluzione
possibile. In tutti questi intrecci, per confondere maggiormente le
carte, agisce anche un giovane cooperatore internazionale impegnato
nel monitoraggio e controllo di progetti umanitari, cui Anzani affida
la propria immagine e reale esperienza sul campo in un Io narrante
disincantato, pungente, a volte ironico, velato di un rammarico doloroso
di chi ama profondamente l'Africa e conosce la cruda realtà
di un paese dal fascino straordinario in balia di un destino assoggettato
agli interessi internazionali. Se un'ambasciata
chiude significa che un paese sta precipitando nel caos e che anche
l'ultimo estremo tentativo diplomatico non ha condotto a nulla. Se
un'ambasciata chiude è il fallimento di tutte le speranze di
cooperazione. Se un'ambasciata chiude il villaggio globale
non può avere futuro. (R.M.) |