A cura di:
Alessandro Paronuzzi
101 animali d'autore
Ed. Muzzio, Padova -1999
276 pp. 21 x 14 cm.
ISBN 88-7021-911-9
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Gli animali chiamati selvatici,
parlo dei grandi erbivori, non dei grandi carnivori come il leone
e simili, questi animali dall’aspetto mite, riflessivo, ragionevole,
per esempio le zebre, gli elefanti, le antilopi, rendono incredibile
la selvatichezza che, pur tuttavia, costituisce il loro carattere
principale; e illudono di una possibilità di approccio e di familiarità
che, in realtà, non esiste assolutamente. Le zebre e le antilopi scapperanno;
gli elefanti, improvvisamente e assurdamente furiosi, caricheranno,
cercheranno di sbudellarci con le zanne, di schiacciarci con le zampe.
Così l’enigma della selvatichezza ha due facce: da una parte l’imprevedibilità
della reazione a qualsiasi genere di approccio; dall’altra, il dubbio
che dietro questa reazione non ci sia tanto la paura dell’uomo (le
zebre che, adesso, mi stanno passeggiando a pochi metri di distanza
non hanno paura) quanto il disprezzo. Perché il disprezzo?
Penso che il mito dell’età dell’oro quando l’uomo viveva in buon accordo
con le belve, possa fornire una spiegazione.
L’uomo, nell’età dell’oro, era un animale come gli altri. Poi inventò
le armi, cioè si trasformò da animale in uomo. Gli animali videro,
non ingiustamente, in questa trasformazione, un tradimento. E non
perdonarono più all’uomo. Da allora essi non vogliono più avere niente
a che fare con l’uomo, proprio, come chi è stato ingannato, non vuole
avere più niente a che fare con l’ingannatore.
Alberto Moravia
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