Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como - archivio storico documentativo

dal 10 novembre al 6 dicembre 2007
Maria Ester Joao
bianco su bianco

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La luce fluttua incessantemente mentre lo sguardo tenta di confinarla in un istante percettivo assoluto, con ostinazione, nel volerne cogliere la natura ultima... come un alone incerto sgorga e si immerge nell’ombra, che l’accoglie e ne mutua la presenza, nello stratificarsi del bianco, nelle scansioni dello spazio, nello scorrere del tempo che sottende  la nostra attenzione... e... non appena ci si convince di averne colto il senso, l’intenzione artistica di María Ester Joao si sottrae alla nostra osservazione critica. Eppure le matrici geometrico-matematiche sono evidenti in tutta la loro essenzialità: nella determinazione delle aree circolari o quadrate, nelle scansioni delle stesse secondo algoritmi ricorrenti, curve, progressioni numeriche o ripartizioni radiali. Tutto è apparententemente lì, a portata di mano, come qualsiasi elemento del nostro vivere quotidiano ma come questo, a conti fatti, permane in pari misura cosueto e ignoto. Nell’esprimere questa condizione di latenza sta l’intenzione di M.E.J., nell’indicarci ciò che è invisibile allo sguardo, immerso nella profondità dell’esistenza...

 


...Quando il bianco di M.E.J. ci abbaglia muta in sonorità vibrante concedendoci una curiosa sinestesia mentre ogni trama tracciata sulle campiture circolari risuona come i cantini e i bordoni sfregati dalla ruota di una ghironda. E’ un principio di rotazione, di circolarità spazio-temporale, il suo principale oggetto di attenzione, anche laddove le linee confluiscono ortogonalmente. Attorno al centro immobile tutto avviene, di qui tutto sgorga per moltiplicarsi all’infinito in una macchina catottrica n-dimensionale. Qui, cullati dalla tranqilla armonia delle forme, ci perdiamo in piacevole meditazione mentre alla mente affiorano reminiscenze di immagini conosciute: ritroviamo i diagrammi cosmici di Giordano Bruno, i cristalli della rete di Indra, l’Aleph e i labirinti di Borghes e poi ancora: la purezza del movimento celeste, in Bachelard, senza divenire e senza arresto, estranea a qualsiasi seduzione dei fini. E, non da ultimo, nello sfolgorare del bianco il senso teofanico glorificato dalla “circulata melodia” del Paradiso dantesco fa eco alla operatività alchemica che al culmine della trasmutazione pone la “dealbatio”...


...Ognuna di queste considerazione ci induce a speculazioni, sempre più articolate e approfondite, persuadendoci che del simbolo e della metafora, della cifra matematica e della proporzione geometrica, potremmo fare argomentazione infinita e proficua. Ma, e qui vorrei creare una efficace battuta d’arresto, credo che occorra porre contemporaneamente l’attenzione sulla semplicità e il rigore armonico dell’operatività stessa di M.E.J.; quale strumento diretto di meditazione, autentico “speculum celestiale”. Come in una danza dell’occhio, occorre ripercorrere i suoi gesti misurati, la crescita delle forme, fatta di traslazione dei segni, di rotazioni, di riflessioni... e poi: la saturazione del bianco indotta dal pennello, il suo fruscio sulla tela, l’aroma del pigmento... E’ necessario insomma, come nell’osservare lo sviluppo di un fiore in natura cogliere il senso del divenire, il profumo della vita, fatta di istanti e di eterna, impalpabile, fluida armonia. 

Michele Caldarelli – agosto 2007


 

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