Mario Nigro
Dallo 'spazio totale' al 'tempo totale' e oltre
di Michele Caldarelli
(articolo pubblicato in Scienza85 - edizione italiana di Science85
- giugno 1985)
Nelle arti plastico-figurative la rappresentazione
di un oggetto è tanto più semplice quanto più
facilmente se ne può individuare la natura e con quanta maggiore
precisione se ne possono definire le relazioni spaziali e temporali.
Un oggetto 'fermo' si offre col massimo di chiarezza a questo tipo
di caratterizzazione.
Ma, se si vuole rappresentare un oggetto in movimento, dal quasi impercettibile
sbocciare di un fiore, al lento camminare di un uomo, al rapido sfrecciare
di un'automobile, ci si trova di fronte a gravi difficoltà,
venendo meno il soccorso dei tradizionali mezzi del formalismo pittorico.
Dovremo allora rivolgerci ad altri mezzi espressivi che facciano uso
del movimento stesso, come ad esempio la cinematografia che, addirittura,
rallentando accelerando i tempi di ripresa e/o di proiezione, ci può
permettere di riprodurre in modo più recepibile all'occhio
umano una sequenza di movimenti velocissima, oppure estremamente lenta.
Ma quando ciò che vogliamo rappresentare - in questo caso sarebbe
meglio dire esprimere - non è tanto il 'corpo' in movimento,
quanto invece il movimento stesso nella sua realtà fenomenica
complessiva, la difficoltà parrebbe insormontabile. Sono possibili
però delle astrazioni, anche se non possono avere una pretesa
di rappresentazione in senso stretto. Ne è stata un esempio,
già agli inizi del secolo, l'esperienza futurista, che suggeriva
una rappresentazione simultanea di movimenti in successione, riportati
sinotticamente sul piano bidimensionale della tela. I cubisti, per
altra via, riferendosi alle teorie relativistiche (e anche alle ipotesi
allora in circolazione di un universo fisicamente pluridimensionale)
supponevano una contemporanea visione della realtà da più
punti di vista, sottintendendo in questo caso una possibile 'ubiquità'
dell'osservatore.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e molti artisti
di valore si sono espressi in proposito. A questa schiera appartiene
Mario Nigro. Nato a Pistoia nel 1917, giovanissimo studiò piano
e violino e si dedicò per diletto alla pittura, proseguendo
contemporaneamente gli studi scolastici fino a ottenere una laurea
in chimica pura. Inizialmente, la sua pittura fu figurativa, ma nel
1946 (dopo aver tra l'altro ottenuto una seconda laurea in farmacia)
si dedicò a esperimenti astrattisti. Dopo un primo approccio
'istintivo' a questo nuovo genere di espressione, ben presto elaborò
un linguaggio - metodo molto personale, che avrebbe sviluppato fino
a ottenere un'estrema essenzialità formale nelle opere attuali.
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E' del 1949 lo schema riprodotto,
pentagramma ideale per la composizione dei 'ritmi pittorici'
che ha servito da base concettuale per più di un'opera.
Vi è evidente l'uso della sezione aurea quale componente
fondamentalmente per tutto lo sviluppo armonico dell'immagine
del dipinto. Questo tipo di griglia modulatrice, che è
sottinteso nello studio di quasi ogni opera di Nigro, scompare
a opera finita, lasciando perplesso l'osservatore, specialmente
nelle opere recenti, dove ciò che rimane di questa laboriosa
costruzione è solo una linea retta in campo monocromo.
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Per comprendere meglio il senso dell'opera di Nigro
e non lasciarsi fuorviare dall'idea riduttiva di avere a che fare
con sterili formalismi, occorre accettare un certo sforzo di astrazione
geometrico - matematica e richiamarsi ad alcune osservazioni nel campo
delle scienze naturali.
La sezione aurea, applicata già dagli Egizi nel proporzionamento
delle piramidi, anche se non ancora teorizzata, era stata esaminata
a fondo da Euclide (III secolo a.C.), che ne trasse conclusioni e
teoremi. Essa ha conosciuto, dal punto di vista espressivo, momenti
alterni di clandestinità esoterica e di gloria, soprattutto
durante il Rinascimento, quando conobbe un'estesa applicazione in
arte e in architettura e fu oggetto di 'divulgazione' teorica in opere
tra cui la più famosa resta il De
divina proportione di fra' Luca Pacioli. Pubblicato nel 1509
e corredato di tavole illustrative disegnate da Leonardo da Vinci,
questo trattato costituisce un compendio di tutte le ricorrenze del
rapporto aureo nelle figure geometriche piane e solide. Pacioli, anche
se in termini non laici, pone l'accento sul carattere fondamentale
di questo rapporto geometrico - matematico: "Sicommo Idio propriamente
non se po definire ne per parolle a noi intendere, così questa
nostra proportione non se po mai per numero intendibile asegnare,
ne per quantità alcuna rationale exprimere, ma sempre fia occulta
e secreta e da li mathematici chiamata irrationale".
La
sezione aurea di un segmento AH è la parte AX del segmento
che è media proporzionale tra l'intero segmento AH e la restante
parte XH. Il rapporto AX:XH, che è uguale al rapporto AH:AX,
è un numero irrazionale (cioè illimitato e non periodico)
a cui viene attribuito il valore approssimato 1,618: in realtà
si dovrebbe scrivere 1,61803398... Il rapporto fra i due segmenti
della sezione, benché questi risultino ben individuati e reali
in tutta la loro evidenza geometrica, esprime matematicamente un senso
dinamico di incommensurabilità fra le due parti e rammenta
il paradosso di Zenone di Elea vissuto nel V secolo a.C. Secondo il
filosofo greco, Achille 'piè veloce' non sarebbe mai riuscito
a raggiungere in una gara di corsa una lenta tartaruga cui fosse stato
concesso un sia pur minimo vantaggio iniziale: scomponendo il movimento
in stadi infinitesimi, spiega Zenone, a ogni avanzamento di Achille
sarebbe corrisposto un avanzamento, piccolo quanto si vuole, della
tartaruga; Achille avrebbe certo continuato ad avvicinarsi alla tartaruga,
ma senza mai riuscire ad agguantarla del tutto.
Questo paradosso ha un'importante corrispondenza nella legge naturale
che regola la 'crescita organica' delle forme viventi. D' Arcy Tompson
ha chiarito bene il rapporto che intercorre fra l'accrescimento delle
conchiglie (come in particolare il Nautilus) o delle corna
degli animali e l'incremento 'gnomonico' della spirale equi angolare
(o logaritmica, come ebbe a chiamarla Cartesio). Questa spirale ha
la particolarità di essere sempre uguale a se stessa (lo gnomone
di cui sopra, come lo definì Erone d'Alessandria nel II secolo
a.C., è ogni forma che, aggiunta a un'altra
forma, ne produce una nuova del tutto simile alla precedente) ed è
particolarmente legata, nel suo sviluppo infinito verso il centro
(mai raggiunto) e la periferia, alla sezione aurea.
Se, difatti, prendiamo un rettangolo, i cui Iati maggiore e minore
siano in rapporto aureo e lo sezioniamo in modo da ottenere un quadrato
isolato a una estremità e avente il lato lungo quanto il lato
minore del rettangolo originario, otteniamo un altro rettangolo aureo
(allo stesso modo viene sezionato anche lo schema di Nigro visto in
precedenza). Ripetendo l'operazione, si ottiene una serie di quadrati
e/ o rettangoli ruotanti attorno a un polo. Questo corrisponde al
centro virtuale della spirale logaritmica, sulla linea della quale
giacciono, in sequenza, i punti di sezionamento aureo di tutti i lati
lunghi dei rettangoli tracciati.
Le
possibili considerazioni sulla sezione aurea sono quasi infinite e
molto è già stato scritto in proposito. A questo punto
però emerge l'evidente nesso, non solo simbolico, fra le immagini
geometrico - matematiche descritte e il rapporto intercorrente (sia
nelle nozioni astratte, sia nell'effetto fisico in natura) fra spazio
e tempo. Il margine di tensione fra spazio e tempo è soggetto
a un continuo slittamento proporzionale in ognuna delle due dimensioni
e determina una serie infinita di possibilità - impossibilità
d'incontro continuamente demandate. Cercando di rappresentarle in
modo significativo, Nigro si è reso dimentico della limitatezza
della tela, sulla quale tuttavia è obbligato a dipingere, ed
è giunto a teorizzare nel 1954 lo spazio totale e negli
anni Sessanta il tempo totale.
Nello spazio totale, l'intendimento perseguito è
quello di annullare la 'valenza' tempo, a favore di uno spazio infinito
e privo di punti focali o strutturali privilegiati: un concetto di
spazio puramente relativistico. Nella successiva esperienza di tempo
totale è stata la valenza 'spazio' a essere idealmente
annullata.
Precisava lo stesso Nigro in uno scritto del 1966: "Nelle mie più
recenti ricerche, le linee forza delle strutture reticolari si delimitano
in una trama, in modo non solo da rendere superflue le dimensioni
fisiche del supporto, ma annullandone qualsiasi partecipazione...
La dimensione spazio, non essendovi più 'relazione' fra la
'trama' e altri punti sulla superficie del supporto e nemmeno con
gli stessi limiti di questo, si annulla, mentre acquista valore in
assoluto la dimensione tempo, in una sua totalità nella 'trama'...
La 'trama' non è 'forma' inerte e amorfa entro i suoi limiti
perimetrali, ma è originata dalle coincidenze e dalle simultaneità
delle progressioni ritmiche iterative, manifestandosi in una intersezione
prospettica degli elementi plastici tutti legati, uno con l'altro,
da rapporti che potremmo dire 'cristallografici'".
Da allora, l'espressione artistica di Nigro, ricucendo esperienze
apparentemente disgiunte, è giunta con la metafisica del
colore e le analisi della linea a risultati sorprendenti
nella loro semplicità - complessità di concezione e
assolutamente consequenziali e coerenti con tutta la sua produzione
precedente. Mario Nigro è certamente, e lo dimostra quanto
ha fatto e sta ancora facendo, un artista appartenente ormai alla
leva storica ma, contemporaneamente, molto giovane e vitale, ancora
tutto da scoprire attraverso ciò che di nuovo va continuamente
sviluppando.