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ETTORE SORDINI
il percorso artistico

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Anni settanta

 “la fase dell'emozione strutturata e della geometria” (B.Passamani

Si allontana da Roma e trascorre alcuni mesi nella campagna umbra.

E' un periodo di meditazione e ricerca condotta solo con appunti grafici e notazioni scritte su piccoli taccuini:  “Intorno al quadro che è dipinto nel quadro, per accentuarne la condizione di cosa, lì, così, per sbaglio o quasi, di non collocazione, ho bisogno di descrivere fingere nel modo più semplice e convenzionale il mondo, l'ambiente fittizio dove questo quadro e solamente lì, trova l'occasione a una sua interezza di rapporti. All'interno dei quadri userò delle figure ripetute, prima disegnate su cartone e poi ritagliate, che delimiteranno le zone di colore ...”..in quegli anni ho voluto spingere il mio modo di fare segno in una rappresentazione più codificata e l'ho inserito in una costruzione assonometrica che assume la forma espressiva del teatro nel quale io opero come autore di una commedia dell'arte. Mi sono allontanato  dall'idea del quadro come “area di libertà” o come luogo di immersione, per considerarlo come spazio prestabilito, come luogo deputato di un avvenimento   teatro”.

La scelta dell'assonometria è la scelta di un sistema di rappresentazione in cui  la tridimensionalità è allusiva ed ambigua, estranea al naturalismo prospettico.

Nel 1971 si trasferisce a Sutri, un luogo magico circondato da resti etrusco romani di grande suggestione, il mitreo, la necropoli,l'anfiteatro...Allestisce l'atelier con i suoi strumenti di lavoro che lo seguono in ogni spostamento e con cui ha un rapporto che lui stesso definisce “superstizioso”.

E' pronto ad iniziare i primi quadri geometrici: Come uomo posso avere mille dubbi ma come artista, nel momento del fare, non ne ho più. Il gesto deve essere definitivo e nascere dalla certezza”. (1)

Nell'estate esporrà queste prime opere alla Galleria Regis di Calice Ligure, dove trova un ambiente artistico stimolante che ruota attorno all'atelier di Emilio Scanavino.

Nel 1972 torna ad abitare a Roma, dove nasce il figlio Federico e trascorre qualche mese a Milano  per girare  con l'amico regista Alberto Sironi un cortometraggio per la Rai, su Piero Manzoni e l'ambiente artistico milanese della fine degli anni cinquanta.(2)

Nel 1973 allestisce una personale alla Galleria de L'oca  esponendo la serie completa dei quadri geometrici e i primi grandi formati.

Roma inizia in questi anni una  trasformazione che ne compromette il fascino, nel tentativo mai realizzato  di trasformarsi in metropoli europea. Tutto si fa dispersivo e difficile. Per un nomade legato a nulla di materiale, tranne i suoi “ferri del mestiere”, è una situazione di disagio che si riflette  sulla attività artistica.

Nel 1975 si trasferisce a Cagli, una cittadina dell'Appennino marchigiano a poca distanza da Urbino dove ritrova l'indispensabile rapporto visivo con una natura integra e suggestiva. Riprende il lavoro ed espone nel '75 nella Galleria Nanni di Bologna e nel '76  nella Galleria Gastaldelli di Milano. Presentando la mostra Guido Ballo scrive: “...nelle lunghe soste lontano dalla città, medita a lungo, ricerca specularmente di chiarirsi nel linguaggio: ma quando poi dipinge, ogni costruzione pittorica, ridotta all'essenzialità, acquista una purezza lirica come se tutto il processo fantastico non sia controllato con tensione autocritica e si sviluppi spontaneo. [..]sono costruzioni disegnate, con sottili alterazioni prospettiche, con spostamenti che fanno intuire il provvisorio esistenziale, accentuato da segni lievi, quasi che tutto si corroda a poco a poco, con campiture nette di colori, in una misura, in un nitore fantastico, che pur essendo severo porta a risultati lirici originali. Eppure sembra che sovrapponga e sposti una serie di scatole vuote: arriva invece ai valori di strutture che potrebbero anche essere di grattacieli”. (3)

Particolare tra le opere di questi anni è quella dedicata a Raffaello di cui scrive B.Passamani: “La sua innata propensione alla misura classica si manifesta nei lavori in omaggio a Raffaello dove vengono analizzati i rapporti spaziali e volumetrici, prescindendo dai significati iconologici e iconografici dello “Sposalizio della Vergine”. Sul piano prospettico della piazza pavimentata rimangono solo il tempietto centrale e la figura del giovane pretendente intento a spezzare la verga non fiorita. Un operazione condotta con trepido sentimento della riscoperta di una struttura linguistica che si credeva perduta e nello stesso tempo con la consapevolezza ironica e l'estro grafico suoi propri”. (4)

Nel 1976 allestisce alla Galleria Il Salotto di Como un'installazione in cui traspare l'accentuarsi dell'interesse a collocare nello spazio oggetti tridimensionali. E'composta da sei grandi quadri geometrici acromi disposti a formare un prisma a base esagonale. In corrispondenza ad ogni spigolo, sei  “paracarri romani” dipinti in finta pietra. Nel volume centrale c'è memoria del tempietto del quadro dedicato a Raffaello. (5) (6)

Il ciclo di opere “geometriche” si conclude con la mostra del 1979   nella Galleria Santoro di Roma dal titolo “Finester”,in omaggio al grande e amatissimo poeta milanese Delio Tessa.  (7)

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