Raffaele Iommi
antologia critica
Raffaele Iommi è un artista di Porto San Giorgio. Quindi
delle Marche: terra generosa d'arte e di intensi significati, riposti
nelle opere, tuffate negli spazi di un ampio paesaggio ondulato ma che
hanno in serbo, sempre una punta di mistero che sembra velarsi proprio
mentre si rivela.
Così come - soprattutto - in Osvaldo Licini, il grande artista di Monte
Vidon Corrado, (AP), dove le sue apparizioni sono anche cifre simboliche.
E, rispetto ad altre esperienze voltate al mistero, c'è tanta leggerezza
poetica e un lirismo di suggestiva ariosità formale. Come in Iommi,
che ci presenta un alfabeto di geroglifici o ideogrammi in una successione
che può sembrare una scrittura arcaica di intensa narrazione descrittiva.
I rapporti con segni, figure, simboli di antiche civiltà sono solo per
affinità e per un atteggiamento interiore. Perché non si tratta di un
gioco combinatorio, ma di una lettura di archetipi. A volte, in libertà,
attraverso tutto il quadro; altre volte in una successione lineare,
guidata da scansioni geometriche e - per un'aderenza storica e intelligentemente
reale - da valori chiaroscurali che preludono al volume. Né si può dimenticare
il riferimento alla grafica , in particolare per la presenza di scuole
come Urbino e Macerata, dove i segni da sempre sono conduttori di proficua
spiritualità. Iommi a Prato ha trovato una galleria - quella di Valentino
Ulivi - che si sta sempre più segnalando per scelte nuove di eccezionale
valore artistico. Iommi ci dà una lezione d'arte, che ci aiuta a coniugare
la logica e la poesia. Ma occorre fermarci a meditare. Non è poco e
non è facile. Ma è giusto così. Iommi ha colto nel segno.
La Voce di Prato 9 aprile 2000
Giuseppe Billi
Da anni seguiamo l’evoluzione di Raffaele Iommi, che presenta,
opere recenti presso la Galleria Valentino Ulivi di Prato, la città
maggiormente partecipe in area toscana, degli accadimenti dell’arte
del nostro tempo, attraverso l’attività del Museo Pecci, istituzione
di particolare rilievo, e l’impegno di numerosi collezionisti avvertiti,
a principiare, negli anni sessanta del Novecento, da Luigi Lombardi,
purtroppo scomparso - che allineava nella sua raccolta dipinti che hanno
fatto storia, come La Perla di Lorenzo Viani e L’Angelo di Santo Domingo
di Osvaldo Licini - da Otello Monzali, e da Giuliano Gori, che anche
tuttora attesta una indubbia sagacia nella scelta dei portati più novatori
in area internazionale.
Il giovane artista che vive e lavora nelle Marche, dopo gli studi presso
le Accademie di Belle Arti di Macerata e Urbino, ha gradatamente esternato
i suoi intendimenti, dedicandosi con impegno alla pittura, alla scultura,
non dimendicando l’incisione e la ceramica. Mentre nelle prime creazioni
rivelava una spiccata preferenza per moduli geometrici rigorosi, si
è indirizzato successivamente verso una vivida elaborazione semantica,
prossima alle proposte che nell’immediato dopoguerra erano proprie di
Marc Tobey e dei componenti della Scuola del Pacifico, pervenendo quindi
a conquiste sempre più personali. Esternando un indubbio vigore, Iommi,
ha elaborato, nel fluire del tempo, bilanciate sequenze di ideogrammi,
esagrammi, motivi variati, composti tra loro con misura, che si collegano
a archetipi di civiltà fiorite nel bacino del Mediterraneo, nell’Oriente,
in Africa, e nelle Americhe, mirando a ricondurci a orizzonti perduti.
Per una compiuta comprensione delle sue figurazioni, elaborate con scoperta
tensione, è necessaria una contemplazione attenta, ponderata.Tutto si
esterna come in un racconto. Ogni tessera del suo mosaico, nata da una
attenta decantazione, denuncia un proprio significato; nel dettato fantasioso
e sensibile, attesta memorie e folgorazioni. Volto a perseguire un ideale
di fonda spiritualità, egli si inquadra in una nobile tradizione, non
lasciando mai nulla al caso e alla improvvisazione , in un ordine tra
il mentale e il lirico insieme.
Luigi Dania
Raffaele Iommi coltiva con uguale amore la pittura, la
grafica, la scultura, e la sua espressione sembra utilizzare la complementarità
delle varie tecniche. La figurazione che ne deriva ha senzaltro un valore
di scrittura visiva dove forme ed immagini, incolonnate in sequenza,
dimostrano di significare. Ma la vera suggestine della sua proposta
sta nel mistero che l'avvolge e nello strenuo tentativo di "tramandare"
che essa presuppone. Figure arcaiche si confondono con altre moderne,
forme meccaniche, eliche: da tale commistione di epoche risulta ancora
più evidente e poetico il desiderio di oltrepassare il tempo, in opposizione
alla smemoratezza che di esso è conseguenza.
Dal catalogo della mostra 22
artisti d'oggi
Palazzo Azzolino Fermo febbraio 1994
Lucio Del Gobbo
Segni archetipi, ideogrammi e alfabeti misteriosi che
Raffaele Iommi accosta in fitte sequenze grafiche per definire uno spazio
che risulta infine affollato di riferimenti ideativi e culturali. Realizza
per tale via sapienti incisioni all'acquatinta che si connotano come
"ritrovamenti" di scritture arcaiche ma che dichiarano tuttavia autonome
valenze formali.
Il Gazzettino di Venezia
16 giugno 2001
Enzo de Martino
Il segno nell’opera grafica di
Raffaele Iommi
“Acqua: che / parola. Ti capiamo,vita.”. recita un distico di una
poesia di Paul Celan del ciclo Sprachgitter,dove ci è dato cogliere-
insieme all’implicita straordinarietà dell’acqua che per antonomasia
simboleggia la vita- il senso di una realtà più ampia, comprensiva di
materia e linguaggio, l’idea di un mondo che includa, anche, la propria
rappresentazione. Il compito di nominare la vita nella lingua cinese
è affidato a due pittogrammi, i quali designano rispettivamente, da
sinistra a destra, il primo il concetto di sole (rì, nella recente traslitterazione
in caratteri alfabetici adottata in Cina) e il secondo quello di luna
(yué); ideogramma che oltre a rinviare a una dimensione cosmica e astrologica
ci proietta di colpo in quella vasta zona del disegno-segno comune un
tempo ad ogni scrittura. Raffaele Iommi inizia nei primi anni ’70 un’ampia
ricerca sui simboli, avvalendosi di diversi mezzi quali l’incisione,
la pittura, la scultura e, negli ultimi tempi, la ceramica. Sebbene
si tratti, in parte di segni contemporanei (appartenenti cioè al patrimonio
iconografico del nostro tempo), non si può non avvertire in essi un
risvolto più antico, ricollegabile a una matrice che ci precede, e situabile
in quella vasta zona, sopra accennata, corrispondente a una condizione
che potremmo definire iniziale o aurorale della scrittura.
L’aspetto pittografico assume in tali lavori carattere dominante, tenendo
conto che esso può dar luogo a una scala molto più ampia di gradi, per
esempio, di arcaicità e di stilizzazione, e comunque di diversificazione,
che variano la distanza di queste “scritture” rispetto ai modelli originari.
Siamo in presenza di un corpus di grafie e di figurazioni emule dei
linguaggi e dei riti di antiche civiltà ; simboli inneggianti al cosmo
e ai cicli stagionali, celebranti l’uomo – centro di euritmie e di pulsioni
ontiche – nei suoi rapporti di proporzione con la terra e col cielo,
l’acqua e l’ aria, con gli animali e le piante.
Nel prolungare il suo essere per mezzo dei propri strumenti (principalmente
quello della scrittura), l’uomo avvierà un processo di rispecchiamento
del mondo che non cessa di conoscere se stesso attraverso noi.
Potremmo immaginare, tracciata nella vita dei popoli, come una grande
linea raffigurante questo processo; linea di cui l’autore si incarica
di restituirci alcuni tratti interpolando una traiettoria filogenetica
del segno al quale collega, in un percorso ideale, le antiche culture
magico-religiose alla nostra.
Emergono, così, le raffigurazioni di un pensiero pervaso di miti e attraversato
dai sogni dell’infanzia psichica dell’umanità: simboli te riomorfi e
formule apotropaiche, o puri significanti, polarizzati da una campo
semantico sconosciuto, che non rinunciano a esercitare il loro potere
suggestivo.
Di fronte a una tale rappresentazione pittorica, che pure evidenzia
aspetti complessi e a prima vista enigmatici, l’osservatore riconoscerà
una tendenza – caratteristica dell’opera di questo autore – che consiste
nell’arcaicizzare iconografie contemporanee e nell’influenzar, al contempo,
antichi segni mediante quelli della civiltà moderna.
Luogo d’incontro di archetipi, di stratificazioni psichiche collettive,
di echi religiosi e di pratiche magiche, l’opera di Iommi è nondimeno
la sintesi di un’esperienza artistica proiettata in una dimensione transculturale,
attraversata da una doppia corrente di segni procedenti, nel tempo,
in direzioni opposte.
Questi sembrano ricostruiti in virtù di una percezione eidetica in grado
anche di coglierne le trasformazioni.
Come ci avvertono i titoli delle opere, si tratta di simboli piuttosto
che di segni ; indicazione che rimanda a un sovrappiù di carica emozionale
e a un’aura più sfumata ; in definitiva, a quelle complesse motivazioni
culturali assenti in questi ultimi.
Lo spettro delle somiglianze è amplissimo. Si passa dagli elementi geroglifici,
ideografici, propri della cultura egizia, cinese e delle civiltà precolombiane
dell’America Centrale, alle pittografie dell’Oceania e a quelle totemiche
dei Pellerossa; da suggestioni del repertorio cabalistico e alchemico
al prestito grafico tratto da insiemi di fabbrica, gli elementi decorativi,
gli oggetti d’uso.
Diversamente da molta pittura segnica e gestuale (Wols, Tobey, Pollok,
Tàpies, e in Italia Perilli, Vedova, Novelli…), caratterizzatasi per
la mancanza di premeditazione e per la velocità reale o apparente d’esecuzione,
la pittura – scrittura di Raffaele Iommi appare svolgersi all’insegna
di un’elaborazione paziente, che conferisce all’opera una fisionomia
preziosa.
Non si tratta, quindi, di grafie dell’inconscio, di tachigrafie come
nei pittori sopra citati, i quali, per la maggior parte, hanno improntato
la loro opera a paradigmi come lo Zen o a sue derivazioni occidentali.
Anche se in taluni lavori i segni sembrano voler abbandonare il loro
statuto significativo a favore di un livello più elementare, assecondando
un andamento erratico che ricorda aspetti segnico-gestuali, si tratta
pur sempre di una facultas segnatrix che è nella direzione di un sincretismo
grafico e di di una simbolizzazione, ancorché fantastica. Più spesso,
invece,questa scrittura si presenta certa, ferma, pervasa di religiosità
e sorretta da, un'acribia che la struttura in modo ampio e segreto.
Per la staticità del segno possiamo scorgervi analogie con l'opera di
Capogrossi, la quale si differenzia, del resto per una maggiore uniformità
e per una più esigua possibilità di circoscriverla entro modelli culturali
che operino di riferimento. Cristallizzate sopra un reticolo sintattico
che raramente interrompe la simmetria compositiva, oppure disposte in
moduli verticali come nelle più recenti pitture, queste grafie suggeriscono
l'idea di antichi testi o documenti, dei quali conservano intatto il
fascino. A volte, nelle incisioni, viene da pensare a partiture austere,
segrete, scritte per modulare una musica che, al pari dei simboli che
la codificano, avvertiamo remota. In tal senso, esse sono distanti dalla
pittura, poniamo, di Mirò, la cui cosmologia è costellata da significati
festosi che assecondano il ritmo di danze primordiali; semmai, risentono
della lezione di Klee, della molteplicità di indicazioni che la sua
opera offre riguardo ai simboli.
Per una consapevolezza al tempo stesso ieratica e demotica, e per l'innata
fiducia di Iommi per la forma, siamo tentati di avvicinarlo, più che
ogni altro autore, a Brancusi.
Appare in questi lavori il proposito di edificare una lingua che mostri
- al pari dello sculture rumeno- la sacralità della vita, colta soprattutto
negli aspetti magico-rituali delle collettività.
Lingua la cui esecuzione viene affidata a parole come trigrammi, maschere,
spirali, croci; ai simboli per mezzo dei quali i popoli hanno intessuto
il loro dialogo con l'Eterno.
Da origini, quadrimestrale di-segno
e Poesia
Reggio Emilia novembre 1994
Alessandro Catà
Approda finalmente alla Palazzina Azzurra una mostra dell'artista
sangiorgese Raffaele Iommi, che da parecchi anni opera nel campo artistico
con sperimentazioni e ricerche di nuovi moduli espressivi che spaziano
dalla grafica alla pittura, dalla scultura alla fotografia, dalla ceramica
alla grafica pubblicitaria, dall'editoria d'arte all'allestimento creativo
delle sue stesse esposizioni. Nel salutare la sua prestigiosa presenza
a San Benedetto del Tronto non posso tacere di una sua recente gratuita
collaborazione con l'attività di questo Assessorato e con l'Ufficio
Immagine del Comune. Suo infatti è il quadro che abbiamo voluto scegliere
come logo della nuova Biblioteca comunale, immagine che oltre al significato
artistico ed esplorativo di altre culture ed altri segni, ci sembrava
rendere al meglio l'immagine di una biblioteca che intende essere sempre
più moderna e particolarmente vissuta dai giovani. Un'immagine fresca,
vivacissima, che si presta a letture diversificate e che in quanto tale
richiama anche la complessità del mondo del libro e dei suoi infiniti
messaggi. Non voglio entrare nel merito di giudizi estetici su un giovane
artista che si presenta nella nostra Città con un curriculum ormai ricco
e significativo di un'apertura ad ambiti culturali non solo marchigiani.
Di lui, fra gli altri, ha scritto molto il critico Luigi Dania che lo
ha seguito costantemente in questi anni. Va detto, invece, che Iommi
è reduce di recenti importanti esposizioni italiane come quella alla
Galleria Ulivi di Prato e alla Galleria Venezia Viva (centro internazionale
della grafica), nonchè all'estero, in Slovenia, Polonia, Brasile, Svizzera
ed Egitto.
Bruno Gabrielli
(Assessore alla Cultura di San Benedetto del Tronto)
Raffaele Iommi è un artista che si segnala per la disinvoltura
e l'abilità con cui manipola l'universo dei simboli e delle forme, sorretto
da una attenta riflessione sul segno e sulla logica che lo organizza.
Buon incisore ma anche pittore sicuro nel tratto e negli accostamenti
cromatici, gioca sulle geometrie e sulle variazioni modulari, pervenendo
a esiti assai interessanti per invenzione e movimento.
Dal volume Forma e colore,
Mondadori ed. 1991
Paolo Levi
C'è il respiro di altri mondi nelle tele e nelle sculture
di Raffaele Iommi che espone alla galleria Ulivi nell'ambito di un ciclo
dal titolo "Artisti selezionati" con i quali si intende proporre gli
artisti più interessanti della contemporaneità. Viaggiatore in altri
continenti, in Africa, in Asia, nel sud America, Iommi sembra riportare
nelle sue pitture e nei suoi lavori in genere i "richiami di altre civiltà
; ma solo di richiami vissuti nella memoria si tratta, perché nella
fantasia cromatica e negli ideogrammi che propone c'è tutta una ricerca
che fa sua l'idea per poi proporla con cifre stilistiche tutte personali.
Una varietà incredibile di ideogrammi che vanno per altro guardati con
attenzione per scoprirvi anche i segreti delle sue invenzioni tutte
racchiuse in una tavolozza o in uno spazio rigorosamente geometrico
che prende il ritmo del racconto, quasi una lettura per simboli di antiche
civiltà che possono ricordare i segni tribali africani, i geroglifici
dell'antico Egitto e più ancora i motivi di una lingua orientale ancor
oggi viva. É certo tuttavia, che nell'insieme la narrazione ha caratteristiche
diverse, mescola esagrammi, i segnali che costituiscono poi una lettura
contemplativa e di grande tension emotiva. Il tutto ritmato con uno
straordinario ordine mentale, ordine che non vieta assolutamente all'intera
immagine, di incamerare all'interno un sottile lirismo. Sono tutte opere
recenti che Iommi, di Porto San Giorgio, presenta con una attenta nota
di Luigi Dania.
La Nazione di Prato 4 aprile
2000
Franco Riccomini
Quando ho incontrato a maggio, a Porto San Giorgio, Raffaele Iommi,
mi disse che stava preparando l’imminente mostra di grafica che a Venezia,
la Galleria “Venezia Viva” nel mese di giugno avrebbe ospitato, in collaborazione
con il centro internazionale della grafica, ivi operante.
L’artista, restio a partecipare a mostre, si dimostrava entusiasta dell’iniziativa.,
che sentiva particolarmente stimolante. La presentazione in catalogo
è di Luigi Dania che da diversi anni lo segue, avendo anche collaborato
in iniziative comuni, non ultima la pubblicazione del volume avendo
per tema La Luce.
Iommi si è formato nelle Marche, alle Accademie di Belle Arti di urbino
e Macerata, dedicandosiprevalentemente alla pittura e alla grafica,
appresa in una sede quella urbinate che vantava e vantauna tradizione
di prim’ordine. Lentamente ha elaborato un suo percorso e un suo linguaggio
altamente simbolico, ricchi di segni e forme sempre nuove, “archetipi,
ideogrammi definiti da Ezra Pound ‘una stenografia di quadri un sistema
di disegni abbreviati, standardizzati e innalzati a funzione ideologica’,
trigrammi, esagrammi,dalla vivida forza espressiva, che commisti a incastri,
citazioni grafiche, vocali e consonanti, di etnie scomparse, scale,
griglie, elementi simbolici e araldici, si articolano con armonia, uno
accanto all’altro,originando testi arcani,quasi testimonianze di civiltà
scomparse tra gli ultimi lembi del Mediterraneo Orientale, in inaccessibili
località africane e prossimi ai Classici in Pietra di Confucio”. Così
scriveva Dania,riportando pensieri espressi in precedenza.
Iommi tenta un’arte come dialogocon culture diverse o passate; scopre
nei segni una bellezza che ha forza artistica e dialogica. È nella cultura
il suo mondo, nei cui elementi emblematici l’uomo puòsempre scoprire
se stesso e incontrare gli altri. Sono segni indecifrabili, enigmatici,
che sono prossimi a una rivelazione. È tale soglia di significatoa dare
valore e preziosità a queste opere che sono lontane dalla semplice citazione.
L’artista non si accontenta dei risultati raggiunti. Ha di recente intensificato
il lato della sperimentazione cromatica, eseguendo fogli a più colori,
con l’utilizzo di lastre diverse.
I temi restano immutati, ma è cambiato l’approccio. La riuscita è affidata
ad una perizia tecnica che è volta a un'intensificazione maggiore dell'elemento
simbolico come tale. Predisposti su piccole tavole allineate l'una accanto
all'altra, i segni acquistano, tramite il colore, un magico carattere
evocativo e sembrano fondersi l'un l'altro in una indeterminatamatrice
di carattere mitico e fantastico.
L'arte di Iommi è nel tempo la testimonianza e la custode di una primizia,
di una dimensione originaria dell'esistenza, non tanto cronologica,
ma ideale, in un'epoca che sembra contrassegnata dalla perdita del mito
in nome della tecnica.
Larte diventa così un'impegno.
Infine, tra i numerosi interessi dell'artista non si può tacere quello
per la ceramica, che ha visto la sua partecipazione alla Biennale Internazionale
della Ceramica che si è svolta al Cairo in Egitto.
Va inoltre segnalata la realizzazione di alcuni libri d'artista come
quello su Il Viaggio del 1994 e La Notte del 1991, sino a quello più
recente su La Luce, nel quale , come incisore, figura insiemea Claudio
Angelini, Lorenzo Bruno, Maria Cristina Catalino, Salvatore Fornarola,
Fausto Luzi, Riccardo Murelli, Antonio Rizzo Riccardo Ruggeri.
Dalla Rivista Marche
Notiziario mensile della Giunta Regionale Marche N° 7 / 8 / 2001
Osvaldo Rossi
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