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Ho iniziato la mia attività circa vent'anni
fa nel settore dell'illustrazione pubblicitaria. Il genere di commesse
di lavoro ottenute dalle agenzie ed una mia naturale predisposizione
alla cura del dettaglio mi hanno subito portato ad esprimermi secondo
i moduli dell'iperrealismo. In seguito, studiando le opere di diversi
maestri americani del genere, ho perfezionato quel tipo di esecuzione
giungendo a lavorare per le grandi aziende internazionali.
Parallelamente, l'innato interesse per l'architettura del Nord Europa
e per il suo patrimonio di favole e leggende ha plasmato figurativamente
sogni e visioni che via via maturavano in me.
Così, ho cominciato a pensare e a creare le immagini di un mondo
parallelo dove non c'è primato dell'uomo sulla natura, ma equilibrio,
simbiosi fra l'architettura artificiale e quella naturale. Occupandomi
della "Città Vegetale" ho studiato gli autori che mi sono più
cari, come Arthur Rackam e Leon Bakst, lo scenografo e costumista della
compagnia dei Ballets Russes; i pittori preraffaelliti e gli artisti
del neoclassicismo vittoriano, Sir Laurens Alma-Tadema, Albert Moore,
etc.
Talvolta ho tratto ispirazione dalle cattedrali gotiche i cui colonnati
mi ricordano file di slanciati alberi diramati in alto nelle nervature
che sorreggono le volte.
Recentemente ho scoperto Escher grazie ad un gallerista di Torino che,
vedendo i miei lavori, ha rilevato un'analogia di fondo con alcune opere
di quel maestro.
Le creazioni di Escher esercitano su di me un fascino notevole, le guardo
e le studio per ore. Forse, la cosa che più mi ha colpito è
l'esperienza della multiprospettiva in un'unica porzione di spazio come,
ad esempio, nella xilografia "Altro Mondo". Mi sono accorto che anch'io,
nella costruzione delle mie immagini, sono animato da questo bisogno
che, però, non è stato finalizzato alla creazione di scene
"impossibili", quanto a riunire in un unico spazio la più ampia
situazione prospettica possibile; quasi una visione grandangolata che
crei profondità e dinamismo nell'immagine favorendo l'ingresso
dell'osservatore in essa.
Giuseppe Ruscigno
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