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"Dada répond à un
besoin de liberté!" A. Breton
Sebbene di nazionalità olandese, è in Belgio
che Wout Hoeboer risiedette per più di quarant'anni, prima ad
Anversa ove strinse amicizia con Paul Joostens, quindi a Brussel, divenuta
sua città d'adozione. Iniziò lavorando come stampatore,
attività che influenzò non poco la sua successiva carriera
artistica, dapprima per Van de Ven ad Anversa, poi per la ditta Jean
Malvaux, perfezionandone molte tecniche tipografiche.
Dopo la guerra aprì un proprio studio la "EOS-gravure" in rue
GénéraI Eenen a Brussel, continuando comunque come grafico
per "Apers-Photo gravure" di rue de la Braie.
Nell'ambiente artistico Wout fu sempre un "outsider" rimanendo volontariamente
discosto da quella "giungla".
All'inizio abitò a Dilbeek, vicino a Jean Brusselmans, divenuto
poi uno de suoi più cari amici. La composizione costruttiva di
quest'ultimo, ad ampie campiture e bande di colore, interessò
fortemente Hoeboer che compose tele in maniera analoga approdando però
a forme in parte figurative in parte astratte. poi, finalmente, l'astrazione
prese il sopravvento principalmente grazie ai contatti con Victor Servranckx.
La geometria pura messa in pratica da Servranckx nel suo primo periodo
stilistico appassionò Hoeboer cui fu però impossibile
approfondirne l'aspetto dottrinale per via di quel suo carattere libertino
e di uno spirito troppo aperto. Aspetti, questi, che caratterizzarono
sempre la sua vita di uomo e d'artista.
Con accanimento perseguì una incessante ricerca di estrema autenticità
e benché in possesso di non pochi requisiti si rifiutò
sempre ostinatamente di far parte di qualsiasi movimento o gruppo artistico.
Non possiamo per contro negare una certa affinità tra la sua
arte e quella del popolare Movimento Informale del dopoguerra e neppure
il fatto che alcune opere furono esposte alla galleria Saint Laurent
d Brussel, galleria di evidente tendenza astratta.
La sua pittura rispondeva principalmente ad un motto del tutto personale
ed irrinunciabile per cui punto, linea e superficie rappresentavano
in termini compositivi degli equivalenti, mentre forma e colore possedevano,
oltre al loro valore decorativo, una importanza metafisica espletiva
ma superiore. L'informale puro vi si trova trasceso così come
nel caso di Kandinsky, al quale Hoeboer molto si ispirò. Riuscì
a mettere a punto un proprio repertorio di forme, segni e colori, cui
attingeva sotto lo stimolo delle emozioni. Ogni sua opera era però
anche diretta dalla ragione che, in definitiva, teneva le redini di
tutto il lavoro. Potremo perciò concludere che Hoeboer era destinato
soprattutto a restare un esteta: caratteristica che senza dubbio nasce
dalla sua formazione iniziale di grafico.
Amava infatti introdurre nelle sue tele "lettere" e "sagome", tecnica
che applicava con una raffinatezza e savoir-faire mai eguagliato
da nessun altro artista in Belgio.
L'analisi formale ci permette di dividere l'operare di Hoeboer in periodi
successivi. Creò intere serie sulla base di motivi simili, quali
cerchi, quadranti, croci, stelle, macchie nere, il cui uso ripetitivo
sottintende questa differenziazione periodica. Nelle tele e collages
più grandi essi si fondevano generalmente uno nell'altro. L'immagine
globale si trova frequentemente bloccata da un tracciato di linee tormentate
e passionali. La scelta cromatica il più delle volte obbedisce
alla limitatezza dei colori primari, sempre sottintendendo una selezione
accurata di particolari pigmenti.
Hoeboer ha svolto un ruolo determinante alla formazione del gruppo COBRA
nel 1948. Era in stretto contatto con Christian Dotremont, Karel Appel,
Asger Jorn e Corneille avendo esposto con loro già prima del
1949. Ben presto la spontaneità e la pittoricità troppo
marcata di Appel lo annoiarono, in virtù della ragione che, come
già accennato, governava la sua produzione. E' piuttosto la banalizzazione
predeterminata dei motivi, ottenuto grazie all'introduzione di materiali
di scarto (pezzi di legno, asfalto o linoleum, lattine, pezzi di carta
da parati e pagine di vecchi giornali) che lo accomunava alla sfera
dei Cobra, soprattutto per l'interesse da questi ultimi mostrato per
l'art brut.
Ma Hoeboer non si unì mai a loro come gruppo (discioltosi
nel 1951) sempre a causa della sua più completa avversione per
i dogmi prestabiliti e per ogni gregarismo. Arrivò fino a firmare
nel 1952 il manifesto "Il Tempo" diretto contro De Stijl. Conservò
rapporti di amicizia solo con Dotremont, al quale lo accomunava la reciproca
stima per il modo di usare la scrittura (nel senso calligrafico della
parola) nelle loro opere. Dotremont era stato anche uno degli esponenti
del Movimento Surrealista, radicato in Dada, primo ed unico amore di
Hoeboer.
Questo ultimo punto si manifesta più apertamente negli assemblaggi
e negli oggetti, già citati, creati partendo da elementi di una
semplicità esemplare. Già nel 1927 Hoeboer aveva composto
degli oggetti con materiali di scarto o trovati, rifacendosi alla Merzkunst
di Kurt Schwitters. Inserirà in molti suoi lavori omaggio a questo
dadaista al quale si sentiva strettamente legato. Gli fece persino visita
una volta, in occasione di un suo soggiorno presso i suoceri, che abitavano
ad Hannover nella stessa via di Schwitters.
Per tutta la vita Hoeboer mantenne questa passione per Dada, da cui
i rapporti con quelli di Phantomas, nelle persone di Jean Dypréau,
Marcel e Gabriel Picqueray e soprattutto Théodore Koenig. Tutti
tributarono sempre un vivo interesse per l'uomo Hoeboer e la sua opera.
Una analoga intesa spirituale lo univa a Marcel Mariën. Hoeboer
apparirà nel film "L'imitation du Cinema", realizzato da Mariën
nel 1959. Lo stesso anno lavorò per Jean Dypréau che iniziava
allora le riprese di un film in occasione dell'esposizione "Dada-Belgium",
organizzata alla galleria La Proue di Brussel.
Infine, si era interessato anche di teatro creando un numero considerevole
di scenografie assurde, come "Les Poupées", destinate all'opera,
mai rappresentata, "Les Enfants de Colères" (1971) di Paul Neuhuys.
Se Hoeboer non occupa sempre il posto che gli spetta, ciò va
ricercato nel suo modo di pensare, votato ad un isolamento completo,
ed a un carattere intrattabile, portato al rifiuto di ogni convenzione,
tradizione o establishment. Non solo desiderava riflettere formalmente
nelle sue opere lo spirito dada, ma viveva da dadaista, perseguendo,
sotto l'apparenza del dandy, l'incessante ricerca dell'anarchia assoluta.
Scivolava un po' ovunque, come un'anguilla, senza mai partecipare a
niente e senza mai mischiarsi a niente. Ed è così che
trascorse gli ultimi anni della sua vita, nel pieno di una assoluta
anarchia dada. Viveva in una voluta e totale solitudine nel suo studio
di rue de la Charité, in quello che viene denominato come il
"Bateau Lavoir" di Brussel. E' deceduto il 16 luglio 1983, ma la sua
opera sopravvive in un momento in cui vi è un rinnovato interesse
per la così detta pittura e scultura "nuova". In questo contesto
Hoeboer può essere considerato un precursore. Solamente oggi
le qualità intrinseche della sua opera saranno viste e riconosciute.
Uomo sprovvisto di qualsiasi principio, ne aveva uno fondamentale: "la
qualità, fondata su una conoscenza ed esperienza tecnica fuori
dal comune" .Principio, diciamolo, che spesso manca, per eccesso, ai
nostri giovani artisti contemporanei.
Willy Van Den Bussche *
*Testo tratto dal catalogo edito dall'Internationaal Cultureel Centrum
di Anversa in occasione della mostra: "Hommage Aan Wout Hoeboer 1910-1983"
tenutasi dal 17 Settembre al 16 Ottobre 1983.
Wout Hoeboer
Se la definizione "arte morale", nel senso" in cui la
concepì Julien Alvard, conserva ai nostri giorni un. senso, a
quale opera potrebbe meglio essere applicata se non a quella di Wout
Hoeboer?
Tutta impregnata di intransigenza contestataria e liberale del Dadaismo,
nel rifiuto di cedere alla magia degli stili, del carrierismo pittorico
e di quello stesso accademismo subdolo che hanno prodotto molteplici
avanguardie, essa oggi può essere letta come un manifesto, vissuto
nell'intento di preservarne l'autonomia, quella inclassificabile dignità
di colui che respinge qualsiasi impedimento. E' poco dire che Hoeboer
si è tenuto a distanza dalla fiera delle ambizioni, dalle speculazioni
di mercato, dalla kermesse degli onori poiché è stato
l'unico che ha saputo dare al fenomeno della marginalità dell'artista
un significato esemplare.
Si dirà domani come il suo dialogo ininterrotto con l'oggetto,
l'oggetto e la pittura,. si sia rinnovato continuamente attraverso sottili
metamorfosi. Si seguirà il viaggio di un solitario in un dedalo
di visioni, fantasmi, incontri e illuminazioni. Si scoprirà ancora
con lui il cammino dell'amicizia: nella sua patria di elezione, come
in Italia, essa gli permetterà di definire le proprie scelte,
di manifestare apertamente e chiaro, la sua solidarietà con tutti
quelli che, seguendo i dettami di Camille Bryen "vietano di vietare".
Vent'anni fa aveva lavorato in un mio film con gli amici di Phantomas,
accanto a Théodore Koenig, il suo più fedele difensore.
Lo ritrovai nel 1957 con i due animatori dell'Arte Nucleare, Enrico
Baj e Sergio Dangelo. Nello stesso anno firmò con loro il manifesto
"Contro lo Stile" continuazione di quello del 1952 con il quale si iniziava
la battaglia "contro qualsiasi concessione a qualsiasi forma di qualsiasi
accademismo". Accanto al suo troviamo i nomi di Yves Klein, Arman, Piero
Manzoni e di tutti i giovani che come lui aprirono gli orizzonti all'avventura
dell'oggetto.
Il suo principale intendimento è sempre stato quello di difendere,
l'eredità Dada, identificandone i contenuti nelle varie ricerche
delle nuove generazioni, enunciandone le scoperte, che egli incoraggiava
.nel campo delle nuove tecniche, le indispensabili provocazioni, le
iniziative temerarie.
Il destino volle che negli ultimi anni di vita si trovasse al centro
di una disputa che metteva l'arte stessa in questione, che unificava
l'arte alla disputa stessa, che osava proporre la morte dell'arte e
che gli permetteva di staccarsi dal problema della messa in opera, per
salvaguardarne il significato concettuale.
Nel 1981, allorché il conservatore dei Musei della Fiandra Occidentale
fece appello a Flor Bex e a me per aiutarlo a selezionare le opere che
dovevano testimoniare l'apporto e l'importanza di Dada nel tempo, il
primo nome proposto fu quello di Wout Hoeboer, scelto all'unanimità
per il valore e la portata del suo lavoro. Ci era stata data un'occasione
unica esponendo le opere di questo dadaista puro, tra quelle delle nuove
generazioni che, in vario modo, illustrano le molte strade aperte da
pionieri come Hoeboer. Grazie ad acquisizioni oculate il Musée
Provincial de Flandre Occidentale si trova oggi nella posizione di proporre
all'Internationaal Cultureel Centrum di Anversa una prima selezione
delle opere che arricchiranno le sue collezioni.
Con Wout vivente questa inaugurazione sarebbe stata una festa di amicizia
e tanta è la tristezza che ha portato la sua recente scomparsa.
Ma l'opera che ci ha lasciato aiuterà a dimenticare la nostra
pena, ricordandoci il suo humour, la gioia creatrice e l'entusiasmo
giovanile che lo animava.
Jean Dypreau *
*Testo tratto dal catalogo edito dall'Internationaal Cultureel Centrum
di Anversa in occasione della mostra "Hommage Aan Wout Hoeboer 1910-1983"
tenutasi dal 17 Settembre al 16 Ottobre 1983.
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