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Lettera a Vittorio Garetto -
cacciatore di "farfalle"
Caro Vittorio, preferisco scrivere a te piuttosto che di te e credo così, tra l'altro, di onorare meglio la "diversità" come pricipio fondante della tua creatività artistica.
Ogni categorizzazione del tuo lavoro potrebbe difatti disattendere l'efficacia dell'osservazione e nullificare la dinamica degli interrogativi che ne nascono. Voglio immaginare perciò che la colloquialità epistolare, anche se non immediata come quella verbale, possa presupporre l'instaurarsi di una propulsione conoscitiva di tipo "maieutico". E ciò, ovviamente, vale per me quanto per ogni "terza persona" che leggerà queste righe e invito a conoscerti di persona per porti delle domande.
Insisto ad affermare ancora una volta quanto conti di più l'artista delle sue opere, anche se abitualmente sono proprio la bellezza e il fascino di queste a condurci a lui. E' così, in effetti, che ci siamo conosciuti, ma resta innegabile la forza del ricordo di ogni volta che ci siamo trovati a ragionare sul come e sul perché di ogni tua invenzione, ora tranquillamente a tavola con tua moglie Giuliana e i tuoi figli nella tua casa di Torino, ora a un tavolino di un affollato bar milanese mentre mi mostri le foto degli ultimi lavori fra un panino e una bibita trangugiati distrattamente. Ogni tuo pensiero corrisponde ad un battito d'ala di farfalla che insegui e tenti di razionalizzare, di concretizzare in un'opera, in mille opere, sempre diverse... potrei applicare alla tua operatività le teorie scientifiche quanto "aleatorie" che disciplinano la metereologia, secondo la quale proprio un semplice battitto d'ala di farfalla può generare con una serie infinita di reazioni a catena una tempesta dalla parte opposta della terra.
L'algoritmo che hai formulato nel progettare ogni tua piccola o grande composizione ne è l'elemento base e ne informa dinamicamente la crescita come fossero "organismi complessi e vivi"; in effetti "accudisci" le tue opere assecondandone la crescita come un giardiniere che con identica attenzione e affetto osserva e guida la fillotassi di una pianta di fagiolini o di rose purpuree.
Ma non basta, perché ogni tua opera, una volta compiuta non smette di fluttuare nello spazio-tempo dell'osservatore al quale è concesso di manipolarla, mutare l'ordine delle tessere secondo la casualità più assoluta o un intendimento di organizzazione armonica delle parti, come nell'arte dell'ikebana. Per mezzo del gioco risvegli dapprima la curiosità e poi degli interrogativi più sostanziali. Introduci all'osservazione naturale e all'artificio geometrico matematico, riportandoci, con la memoria, alle teorie dei proporzionamenti armonici, e, con l'immaginazione, alla visione dinamica dell'eleganza di un cielo stellato o alla dissipazione entropica del mare in burrasca. Tutto nell'universo contemporaneamente esiste e muta, diviene "altro" anche se in ogni istante pare identico solo a se stesso. Tutto è unico e "diverso" in natura e perciò tu, volendo essere coerente con questo tipo di osservazione, tutto sommato "dipingi ciò che vedi" quando cacciando le tue farfalle-pensiero le sorprendi posate sulla corolla del cuore stupito dalla loro bellezza e, come fiore, nutrimento del loro esistere.
Che dire poi della tua convinta crociata per l'adozione universale della scrittura bustrofedica... Ben pochi la conoscono, oltre agli enigmisti e a coloro che la confondono con la grafia semplicemente speculare di Leonardo, eppure il tuo cimento esplicativo che con assiduità applichi nel convincere chiunque della sua utilità, non ha pari. Ci deve essere sotto qualcosa, sottolinea ogni tanto qualcuno presupponendo in te una certa vena di follia, e, di follia in effetti si tratta, ma soltanto nella pervicacia finalizzata a far comprendere qualcosa a chi di comprendere non ne ha alcuna intenzione. Passi per l'incomprensibilità della critica d'arte - commenta qualcuno - ma che si debba anche leggere a rovescio!!! Caro Vittorio, se è difficile far comprendere che la cultura è ciò che si va facendo e non ciò che è stato fatto, figuriamoci se glielo spieghiamo in bustrofedico! Eppure questa bizzarria della scrittura che va e viene come l'aratura dei campi dovrebbe veramente farci riflettere su come anche "noi" che siamo gli addetti ai lavori ci si adagi sulla consuetudine del linguaggio. E allora, grazie Vittorio per ogni volta che cercherai ancora di convincere qualcuno che il bustrofedico è veramente comodo anche se, ne sono convinto, non lo è assolutamente ma...per aspera ad astera... qualsiasi esercizio costa fatica.
Michele Caldarelli
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