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Jean Raine
Crémation a l'oseille - 1970
acrilico su carta intelata - cm. 80 x 80

 

Jean Raine
di: Jean Raine

Ho sempre lottato per una libertà d'espressione, ma che cos'è un'espressione se non un termine vago! La maggior parte delle volte io non sono me stesso. Amo sprofondare negli incubi e nelle fantasie che alterano ciò che si chiama l'"essere". E' dunque fuor di luogo ricercare nella mia opera un "Io profondo". Bisogna accettare che io non sono altro che zampilli, protuberanze solari, deflagrazioni: nè più nè meno che energia, un plasma surriscaldato a milioni di gradi. Al di sotto di questa soglia oltre la quale la materia diventa priva di consistenza, io non posso esistere e compiango coloro che cercano senza speranza di diventar materia. La mia pittura non ha alcun senso, i miei scritti meno ancora. Per contro, mi interrogo senza trovare una risposta a questo intenso, incoercibile bisogno di fare qualche cosa per non essere niente. Niente. Mi è permesso di supporre che noi si stia lavorando all'annientamento della nostra fragile esistenza ed a quello della specie. Mi sembra probabile, essendo la morte "in chiave" alla nostra vita, che la mia ipotesi sia valida. Il nostro narcisismo non è contro le forze della morte che un debole "atout". Pavoneggiati pure con chi ti apprezza, sopravvaluta le tue forze vitali, annega nei veleni i tuoi dubbi ed i tuoi dispiaceri, la vita non è meno effimera di tutto ciò. Il mio mestiere è fare commercio di illusioni.

 

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