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Giovanni D'Agostino
Senza titolo - 1985
cera cm. 40 x 40

La cera, prodotto organico, per sua peculiarità fisica facilmente si liquefa ed altrettanto semplicemente si solidifica. È malleabile e, stesa su di una tavoletta, ogni lieve pressione vi imprime dei segni (scrittura o altro). In seguito, e all'infinito, cancellati questi dei nuovi possono esservi tracciati sedimentando testimonianze di atti avvenuti nello spazio e nel tempo. L'essere (qui ed ora) ed il perdurare in un supposto altrove (che verrà) si sovrappongono ad ogni atto dell'uomo, apparentemente distinguibili dalla sua percezione ma solo astrattamente scindibili in infinite sequenze; tempo e spazio sono evidentemente categorie della nostra psiche che, pur attraverso esse, non esaurisce la vera realtà dell'esistenza. La cera per la sua possibilità di apparire stabile ed incorruttibile, nel contempo instabile e sfuggente, ben si presta come materia simbolica e supporto fisico atto a rappresentare-ricevere tracce e appunti di un viaggio indicibile. D'Agostino, con la paziente e assidua reiterazione di atti semplici, stende la superficie ed accresce lo spessore delle sue cere fino ad ottenere diafane profondità, incredibili specchi del suo lungo operare, immagini di un "quid" presente che si inabissa in profondità che l'occhio fisico non raggiunge. Elementari, o meglio primari, tracciati geometrici (vuoti d'aria inglobati nello spessore della cera) affiorano e sprofondano nella materia delle opere suggerendo, con grande chiarezza, il fondersi di piani prospettici coinvolti in una dinamica rotatoria difficilmente eludibile. I quadrati interrotti, in alcune delle sue recenti realizzazioni, connotano al meglio una problematica che è nodale per D'Agostino. L 'angolo mancante, in effetti ben presente nel suo aspetto negativo di apertura, mette in comunicazione la zona interna con quella esterna al perimetro di ogni quadrato che risulta, così, attraversato da una corrente, flusso vitale, che lo anima. Il quarto mancante, nella classica quaterna simbolica, è costituito dalla conciliazione degli opposti rivestendo così contemporaneamente due funzioni, l'una stabilizzatrice e l'altra dinamica. Il luogo del quarto è una soglia, un ponte, l'uomo stesso teso fra materia e spirito. L'opera (opus) attraverso la quale l'artista (artifex) si esprime e nella quale si identifica, costituisce così un transitus, un medium di trasformazione per l'operatore stesso. La qualità pneumatica dei segni d'aria va poi infine a sottolineare, con un ulteriore ma non ultimo simbolo, il carattere spirituale del linguaggio utilizzato. L 'operare-rappresentare di D'Agostino si pone dunque al limite di se stesso, al margine ultimo della visibilizzazione-fattualizzazione dell'inconoscibile volendo unicamente indicare una via.

Michele Caldarelli, marzo 1995
per la mostra personale tenutasi alla galleria Il Salotto

 

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