Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Labirinti metafore della conoscenza
Biblioteca Comunale di Como
5 luglio - 26 agosto 2014

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Michele Caldarelli: Labirinti, cenni storico iconografici

Natura concreta e simbolica del labirinto sono state intese e sviluppate, nel tempo, secondo più livelli di riferimento e di complessità. Il più semplice e antico labirinto è stato, prima di essere rappresentato dalla classica circonvoluzione di meandri, una semplice grotta buia, destinata a riti di iniziazione, dove il senso di smarrimento era dettato unicamente dalla deprivazione sensoriale della vista. Il secondo tipo, strutturato secondo un primo elementare avvolgimento quadripartito, è riferibile a percorsi rituali di danze magico/iniziatiche che, mutatis mutandis, attraverso i secoli sono confluite/mutate nei balli popolari più comuni. Il trasferimento di significato sul piano più marcatamente spirituale avviene nei tracciati medioevali, all'interno delle chiese, fornendo sostituti simbolici dei percorsi di pellegrinaggio in Terrasanta..."Chemin de Jérusalem". Proseguendo poi, nella storia delle immagini, i labirinti hanno assunto forme e articolazioni traslate nel significato e nell'utilizzo come, a partire dal rinascimento e maggiormente in epoca barocca, quando i percorsi labirintici, immersi nel verde dei giardini e arboreo/vegetale essi stessi, divengono luogo di svago intellettuale o schermaglia amorosa. In tempi più recenti, ma non solo, mutano anche in soggetto o ambientazione per esercizi letterari dal "Forse che si forse che no" di Gabriele D'annunzio alla complessa prosa di J.L.Borghes nella cui "Biblioteca di Babele" e potremmo riscontrare, a posteriori, proiettato nel futuro, un parallelo visionario fra antichi esercizi alfabetici, crittografie, ghiribizzi calligrafici, centoni enciclopedici e la omnicomprensività possibile di Internet. Con questa iniziativa presso la Biblioteca Comunale di Como che contempla una mostra di libri antichi posseduti dalla biblioteca stessa, un incontro a più voci sull'argomento e una rassegna di opere dell'artista Emilio Alberti, si intende ampliare, nello specifico, il tema del "Labirinto" dando un contributo di proseguio, seppur minimo, ai molti studi che nel tempo sono stati sviluppati sull'argomento. La natura primordiale di questo elemento grafico è cosa nota e possiamo definirlo, nella sua forma più elementare e ricorrente, come appare nelle incisioni rupestri o nelle monete cretesi, una struttura geometrica basata sulla commistione di altre tre che lo precedono e ne fondano il carattere simbolico: cerchio, croce e spirale. In sintesi, nel caso del labirinto, si tratta di una formulazione grafica intesa ad illustrare intellettualmente la dinamica di un rapporto intrattenuto fra due elementi/nature in contrapposizione quanto inequivocabilmente interconnessi. E così possiamo osservare come l'archetipo del cerchio, quadripartito dalla croce, corrisponda simbolicamente sia alla fondazione del villaggio primitivo che, in tempi più recenti, anche se storicamente da noi ancora lontani, a quella del castrum, della città romana. Il riferimento al rapporto della terra con il sole e, in senso più ampio, all'armonia cosmica da rispettarsi al fine di una buona riuscita di ogni operare umano, risulta evidente. Si tratta di una vera e propria "quadratura del cerchio" (e possiamo ben giocare sull'equivoco geometrico-matematico) in cui il rapporto di incommensurabilità è generato dalla duplice natura spazio/temporale dei cicli astronomici. Ma la realtà, anche se nascosta, è altra... perché ogni nostro movimento fisico, ogni formulazione mentale, ogni sviluppo del nostro esistere partecipa all'insondabilità autogenerante di quel mare che gli alchimisti chiamavano mercuriale ed occupava quell'invaso misterioso dell'operatività alchemica... un luogo tutto sommato onirico, come ben rappresentato nel quattrocentesco "Sogno di Polifilo Prenestino", di Francesco Colonna, come navigazione spiraliforme. Riprendendo il filo del discorso, argomentando sulle opere qui esposte di Emilio Alberti, possiamo ora osservare, e più ampiamente ricordare prendendo in considerazione tutta l'ampiezza della sua ispirazione artistica, come nel suo lavoro riflessi e diffrazioni generati dall'acqua e dall'aria siano gli elementi più osservati ed elaborati. La loro oscillazione, le metamorfosi cromatiche, gli istanti percettivi che nel flusso del divenire ce ne rivelano la natura fisica e ne permeano l'interpretazione simbolica, si ritrovano in ogni sua opera, espressi dai colori, rappresentati da metafore e simboli compositivi: meridiane, pendoli, gnomoni, labirinti, specchi d'acqua, onde e vortici... in un vero viaggio, anch'esso labirintico, fra gli elementi. In più di un'opera viene evidenziata, a corollario, un'impronta digitale (la sua) impressa/ingigantita sulla superficie della tela... fatta di circonvoluzioni, trasformata in immagine enigmatica che nel suo essere "biologica" nella metonimia identità/verità ricorda il groviglio fisico e funzionale della massa cerebrale come pure le sinuosità delle viscere simbolicamente rappresentate dall'antica effigie del volto di Humbaba, celato da sette veli, custode misterioso della foresta degli dei e ucciso da Gilgamesh. L'epopea di questo eroe babilonese che sfida il divino, prefigura l'avventura di Teseo e la foresta/giardino, luogo oscuramente disorientante, e prelude alla costruzione di Cnosso, con un comun denominatore espresso dalla decisionalità eroica. Il labirinto si rivela dunque luogo/logos delle verità e delle contraddizioni fra le quali si snoda il percorso, un percorso fatto di scelte che il "filo di Arianna" guida... Per altra via e filo, pur non volendo seguire l'eccesso della disavventura di Icaro, il senso del volo, come volontà e superamento psichico o elevazione spirituale ben incarna il motivo purificatore dell'avventura labirintica ben oltre l'eroicità aviatoria... sollevandoci dal peso fisico della corporeità, introducendoci alla possibile alterazione percettiva del rapporto spazio-tempo che incatena il carattere effimero dell'esistenza... inseguendo il moltiplicarsi dei tramonti dirigendo la rotta verso Ovest o come il Piccolo Principe di Saint-Exupéry, semplicemente spostando continuamente, anche se di poco, la piccola seggiola della nostra immaginazione.

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