Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c - Como
2 novembre - 31 dicembre 2020

Marcello Diotallevi
"CAPNOSCRITTURE"
una mostra e un blog dedicati alle scritture immaginarie
 a cura di Michele Caldarelli
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Nel 1557, Cristoforo Armeno finse di tradurre un antico racconto dal persiano offrendo ai lettori il "Peregrinaggio dei tre giovani figliuoli del Re di Serendippo" e innescando così quell'infinito intreccio di "serendipity" che da allora non si è mai affievolito. Assecondando il destino e, lungi dal connotare le scoperte scientifiche inattese, come aveva inteso Horace Walpole nel coniare il termine (due secoli dopo lo stesso Armeno) la "serendipity" nella cultura del quotidiano attuale è ormai mutata in filosofia di vita, contemporaneamente permeata di affettività, ironia e senso karmico, ispirando una miriade di autori e, non da ultima, la temperie dei fotoromanzi (di questi anche Diotallevi è stato protagonista n.d.r.) e un'ampia fetta della attuale filmografia sentimentale.
Grazie all'incontro con Marcello Diotallevi e alla lettura delle sue
Capnoscritture, in forma di variopinti volumetti, il caso ha voluto che mi affacciassi al mondo delle scritture immaginarie e riprendessi la lettura di autori come Moro, Voltaire, Jarry, Rabelais e Borges... accodandomi immodestamente a questa filiera di grandi visionari e smarrendomi fra le nubi della storia delle lingue inventate che, delle invenzioni utopiche, sono corollorario e struttura portante. "Ah queste nuvole che precludono e preludono alla visione degli dèi dell'Olimpo, come le parole che fumose nascondono e ammantano di mistero le idee!"... sono parole che mi è parso di udire or ora, come uscissero lentamente da un antico letargo, ricordandomi la descrizione che Francois Rabelais fa degli attoniti navigatori, compagni di Gargantua nel periplo polare (Gargantua e Pantagruele - IV-56). "Qui è il confine col Mar Glaciale, sul quale ci fu, al cominciar dell’inverno ultimo scorso, una grossa e crudele battaglia fra gli Arismapiensi e i Nefelibati. Allora gelarono in aria le parole e i gridi degli uomini e delle donne, l’urtar delle mazze, il risuonar degli arnesi, delle bardature, i nitriti dei cavalli, e ogni altro tumulto di battaglia. Adesso, passato il rigor dell’inverno, arrivando la serenità e temperie della bella stagione, tutti questi rumori si fondono e vengon sentiti". Chissà! Con attribuzione falsa, quanto veritiera nel contenuto, quanto mi è parso di udire potrebbe dunque essere reminiscenza della voce dello stesso Alcofribas Nasier (pseudonimo di Francois Rabelais - n.d.r.).
Le
Capnoscritture di Marcello Diotallevi si porgono come pro-fumo, oggetto di combustione e veicolo di rinascita intellettuale, mercede di transito come l'incenerire funebre delle banconote nella antica ritualità cinese, con tutto il nitore e l'essenzialità simbolica della trasformazione dell'oggetto in idea. Assecondando un necessario processo di catarsi, i suoi libri si prestano contemporaneamente all'ornamento del divertissement intellettuale e alla contestuale rescissione dello stesso, separandolo dall'oggetto materiale, mediante un doppio atto, immediato, di proiezione/riflessione.
Alla ricerca di un liguaggio iconico universale, di una scrittura "
adamica" semplice ed elegante, prelogica quanto raffinatamente strutturata, Marcello Diotallevi mi ricorda, nel suo "scrivere" polivalente quanto criptico, la sindrome di Panurge, quel personaggio (Gargantua e Pantagruele - II-9) che nell'incontrare per la prima volta Pantagruele si espresse in differenti xenoglossie, raffinate ed auliche finché, alla fine, per riuscire nel farsi intendere si inventò una nuova lingua del tutto incomprensibile: "Agonou dont oussys... fren goul oust tropassou". A Pantagruele, pur in errore, parve allora di rintracciare, in questo lessico inventato, affinità con la lingua d'Utopia, suo paese di origine da parte di nonna, e a noi, per curiosità e amor di conoscenza, spalanca ulteriormente le porte all'universo delle lingue immaginarie, portandoci a leggere di tutto, dal "Tetrastichon" dell'alfabeto utopiano alla lingua musicale descritta da Hector Berlioz in "Eufonia", dalla scrittura inversa nella "Scoperta australe" di Restif de la Bretonne, alla comunicazione tattile degli abitanti di Flatland raccontata da Edwin A Abbott, ai sistemi di mnemotecnica, dai carmi figurati ai calligrammi futuristi, dalle erronee quanto fantasiose interpretazioni egiziane di Athanasius Kircher alla pseudo lallazione dadaista. Un universo di segni, parole e avventure che andremo prossimamente a raccontare e descrivere in un blog dedicato che da questa mostra prende l'avvio.

Michele Caldarelli - novembre 2020


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