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DAVIDE DE PAOLI
di Paolo Fossati

De Paoli è uno scultore sperimentate. So che il termine "sperimentale" è consunto e ambiguo, ma vale la pena metterlo subito accanto al nome di De Paoli, perché il suo sperimentalismo è così caratteristico e pungente da meritare una sottolineatura. Dunque, De Paoli non nasconde che la scultura per lui è una sorta di luogo intermedio fra pressioni diverse (l'architettura, il design, la scultura appunto), come un progetto che abbraccia spazi e motivazioni dissonanti tra loro. La sperimentazione comincia allorché De Paoli tenta di raccordare queste Tre direzioni in un'immagine unitaria, che ha del totemico, dell'emblematico, del simbolico: ma non lo interessa solo la espressività di questa figura, il suo valore ammonitorio o esaltante o esplicativo. Gli preme come viene articolata, strutturata e raccordata, come sia il risultato di un incastro di spazi (e qui fa la sua comparsa la valenza architettonica come definizione di volumi urbani) ciascuno dei quali ha una sua pregnanza formale, figurativa: l'oggetto che ne deriva ha così una mobilità che abbraccia varie situazioni in un organismo unitario. Tutto ciò può apparire ricerca, modularità integrativa, e basta. Ma se dall'esame così impostato si passa alle sculture esposte ci si renderà conto dello sforzo di dilatare la fermezza dell'immagine nella complessità dei possibili sviluppi spaziali, e di ridefinire di continuo tali sviluppi senza perderne di vista limiti ed estensioni. Lo sperimentalismo consiste, dunque, nel precisare L'immagine scultorea con i mezzi della progressione architettonica, e verificarne i condizionamenti reciproci e la reciproca condizione di comunicazione formale, cioè di semplificazione visiva e plastica. Non stupisce perciò che il linguaggio di De Paoli batta sempre più, progressivamente, sulla logica degli incastri, meglio che delle superfici o delle masse: perché sono i perni, o l'anatomia, se si preferisce, su cui l'indagine di De Paoli va scoprendo possibilità inedite e affermando virtualità di grande interesse. Né mi pare il caso di insistere oltre, se non per indicare come in tal modo la scultura compia un suo processo innovativo accentuato: né monumento né progetto, diviene la verifica di un movimento di riconoscimento scambievole (e di analisi-costruzione di questo movimento) fra design scultura e architettura. Ne è poco, se appena si considera da vicino il risultato ragionato dei lavori di De Paoli.

Paolo Fossati - 1972

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