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    SPIRALE 82
Una scultura pubblica di Giò Pomodoro per l'aereoporto di Milano Malpensa

articolo pubblicato sul numero del mese di marzo 1985 di
EDIZIONE ITALIANA DI SCIENCE 85
American Association for the Advancement of Science

di

MICHELE CALDARELLI


L’osservazione del moto degli astri e principalmente del Sole ha formato sicuramente fin dai primordi la coscienza spazio-temporale dell’uomo, che ha usato come primo gnomone (l’asta la cui ombra indica l’ora negli orologi solari) il suo corpo stesso il quale, nelle varie ore della giornata, eretto e perpendicolare rispetto al terreno, proiettava un’ombra di lunghezza variabile. Ma l’uomo contemporaneo, inurbato e tecnologico, ha ormai sopito questa salutare sensibilità, avendo sostituito al lento trasferimento a piedi e all’osservazione del moto del sole, o delle fasi lunari, l’uso di sempre più veloci mezzi di trasporto e di apparecchi cronografici di alta precisione.
Spirale 82,
la scultura di Giò Pomodoro portata a termine nel 1982 per l’aeroporto milanese della Malpensa, rappresenta un significativo contributo all’esigenza di recuperare e conservare quella ‘primigenia’ sensibilità, attualizzandola nel mutato contesto segnato dal primato della scienza e della tecnica. L’opera riassume in sé le principali valenze sia dell’antica tecnica gnomonica sia della moderna arte plastica. La scultura, apparentemente semplice per la sua corretta conclusione formale, è abbastanza complessa e richiede all’osservatore un certo sforzo di attenzione, specie rivolto alla lettura delle ragioni funzionali delle sue parti. Ma l’enigmaticità, peculiare dell’opera d’arte, è ciò che più stimola all’osservazione, perciò, oltre a quello che si cercherà di spiegare in questa sede, molto resterà da scoprire per chi avrà occasione di contemplare da vicino questa scultura.

L’opera vuole essere un sistema plastico aperto, di uso pubblico, composto essenzialmente di due parti in stretta connessione tra di loro, ma ben distinte, anche nel diverso uso dei materiali: una verticale in bronzo e una orizzontale in pietra di Trani. La parte centrale è costituita da tre elementi verticali e dal bacino circolare entro il quale essi poggiano: il diametro della base (6,2 m) è la sezione aurea dell’altezza (10 m). Per inciso, la sezione aurea di un segmento a-x — nel nostro caso i 10 m di altezza — è quel segmento x — nel nostro caso il diametro della base di 6,2 m — che sia medio proporzionale tra a e (a-x), per il quale cioè valga la proporzione a:x= x:(a-x).

Nel bacino, parzialmente invaso dall’acqua, è inscritto un triangolo equilatero sul quale, come Pomodoro chiaramente indica, « . . . il sistema composto della struttura verticale in bronzo è stato progettato seguendo una partizione gnomnica». Tre triangoli equilateri, opportunamente sezionati e ruotanti attorno a un centro virtuale (corrispondente a quello del bacino), individuano la generatrice del movimento delle stele che salgono in torsione lungo una spirale in direzione dello zenit celeste. Ogni stele è composta da due o più rocchi (termine che designa i singoli blocchi di pietra costituenti una colonna). La torsione progressiva e l’altezza di ogni singolo rocchio sono determinate da aperture angolari orizzontali o verticali scandite ogni 15°. Partendo dall’imposta di base, procedendo da 0° fino a 90°, le stele risultano cosi sezionate in altezza (in due, quattro e sei parti rispettivamente la più tozza, la media e la più esile) da moduli proporzionalmente decrescenti, misuranti da 250 a 35 centimetri; in senso orizzontale, invece, le scansioni angolari determinano un processo di sottrazione volumetrica che comporta un graduale sfinamento delle strutture, che si conclude (nella stele più alta) in un punto virtuale.
- Il tutto costituisce, come in altre opere di Pomodoro, che non è certo nuovo a questi studi, un  - piccolo teatro di luci e di ombre per il Sole», ma anche uno strumento di misura astronomica e temporale. L’insieme è orientato lungo la direttrice sudovest-nordest, offrendo ampie, differenziate e continue possibilità di gioco alla luce solare e riporta inoltre (segnate sul bordo del bacino) le direzioni cardinali, costituendo anche riferimento di orientamento geografico. Su punti del piano calpestabile vanno a cadere, allo scadere degli equinozi e dei solstizi del ciclo annuale del Sole lungo l’eclittica, ombre e lame di luce; in tal modo la scultura funge anche da orologio solare e da sestante astronomico. Il formarsi di ombre sui piani verticali viene determinato dal moto del Sole che ad ogni ora illumina in modo totalmente diverso (e preciso) le modulazioni delle stele, scandite dalle aperture angolari già accennate, mentre gli spigoli delle stesse e gli interspazi creano segnali sul piano orizzontale. Non ultimi elementi significativi, sono indicate, sulla stele di 10 metri, le altezze determinate dalle scansioni angolari e, su un lato di un rocchio di base, è riprodotta la pianta di tutta l’opera; infine, sul piano orizzontale, facilmente individuabile, è stata posta una piastra bronzea riportante le distanze e le direzioni relative a varie metropoli intercontinentali. 


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Osservando i disegni di progetto e facendo qualche calcolo matematico e/o geometrico, si possono desumere svariati dati forniti dall’opera: di orientamento, riferiti dalla segnatura dei punti cardinali; di posizione, secondo le coordinate polari relative alle varie metropoli, essendo dati distanze chilometriche e angoli azimutali di riferimento; di ora e longitudine locale (calcolando, per ottenere questa, la differenza fra l’ora locale e quella di Greenwich), nonché di latitudine.
Per calcolare quest’ultima, trovati i punti di riferimento solstiziale sul piano calpestabile e sulla verticale delle stele, o conoscendo l’altezza di quella fra di esse più alta (10 metri), possiamo servirci del Sole o della stella polare e di un po’ di trigonometria per sapere a quale distanza dall’Equatore ci troviamo.

Gli schemi qui sotto esemplificano il tipo di calcoli, in questo caso relativi alla latitudine, effettuabili usando Spirale 82 come gnomone e basandosi su semplici regole trigonometriche. I, caso equinoziale: l’angolo di incidenza dei raggi solari è complementare all’angolo di latitudine locale. 2, in tutti gli altri periodi dell’anno basterà aggiungere o togliere all’angolo di incidenza la declinazione solare relativa al giorno di osservazione. 3, di notte, riferendosi alla stella polare, va ricordato che l’angolo di incidenza dei suoi raggi con la superfìcie terrestre uguaglia quello di latitudine locale.

Alle 12 dei giorni equinoziali, i raggi del Sole sono paralleli al piano dell’Equatore terrestre e quindi l’angolo di incidenza col suolo, indicato dal Sole, sarà complementare a quello di latitudine del luogo. Se non si vorrà aspettare l’equinozio basterà aggiungere al valore di questo angolo nei periodi primaverili ed estivi (o toglierla in quelli autunnali e invernali) la declinazione solare relativa al giorno di osservazione, che può essere desunta dalle tabelle dell’Annuario Astronomico. Utilizzando invece, di notte, la stella polare, va rammentato che l’angolo formato dai suoi raggi con la superficie terrestre è uguale a quello di latitudine del luogo dove si effettua l’osservazione.
Molte altre valenze geometriconumeriche caratterizzano ulteriormente l’opera, rigorosamente progettata in ogni sua parte; ma, ammonisce Pomodoro, questa « è anche un sistema plastico che, sul piano dei contenuti, fa riferimento a quella che, abbreviando, è nota come tradizione ermetica, espressa anche nel titolo ».

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Spirale 82, la scultura realizzata da Già Pomodoro per l’aeroporto milanese della Malpensa, pur nella sua articolata plasticità e complessità di lettura, si ricollega all’antica tradizione della scienza gnomonica che, attraverso l’applicazione di regole geometriche, permetteva il computo di fenomeni astronomici. L’opinione classica attribuiva la nascita della gnomonica al filosofo greco Anassimandro e/o al suo allievo Anassimene, ma l’invenzione dell’orologio solare è sicuramente anteriore. A destra, assonometria di progetto relativa alla parte verticale «//Spirale 82, che evidenzia la torsione e l’assottigliamento progressivo delle stele.
Qui sotto, gnomoni di differenti località che permettono di confrontare le rispettive ombre proiettate nel giorno equinoziale.Cosi s’intitola un ‘incisione con cui l’architetto e pittore Cesariano (Cesare da Reggio, 1483-1543) illustra un passo della sua traduzione in volgare (1521) del De Architectura di Vitruvio (primo secolo avanti Cristo); in pratica, lo schema fornisce il rapporto, a una data ora di Roma (ora sesta), tra altezza dello gnomone, qui in forma di obelisco, e lunghezza della sua ombra, il che consente di determinare l’inclinazione dei raggi solari nei diversi luoghi.



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