SOMNIUM SCIPIONIS di MARCO TULLIO CICERONE 54 a. C. (pagina a cura di Pino Van Toppe - pseud.) 
Cicerone in questo libro parla di un sogno di Scipione Emiliano. Questi, protagonista, racconta di come gli fosse apparso in sogno il nonno adottivo: Scipione l'Africano che gli mostrò una visione delle sfere
celesti, affermando che il premio riservato alle anime degli
uomini politici virtuosi sarebbe stato l'immortalità dell'anima eternamente dimorante nella Via Lattea. Cicerone, rifacendosi a stoici ed aristotelici, coglie l'occasione per esporre nel racconto la propria
visione del cosmo.... Scipione
l’Emiliano, in Africa, incontra l’anziano re dei Numidi
Massinissa e, alla fine di una intensa giornata trascorsa fra colloqui
e banchetti, coricatosi, cade in un sonno profondo e, in sogno, gli
appare l’antenato il quale, facendosi riconoscere, lo invita a
prestargli attenzione e a tramandare ai posteri ciò che gli dirà. Le argomentazioni sono molte, di natura politica e
sociale, ma quando Scipione Emiliano esprime il desiderio di
abbandonare la propria vita per raggiungere quella del cielo, gli
viene risposto che potrà raggiungerlo solo se il dio a cui appartiene
il cielo lo avrà liberato dal carcere del corpo: stigmatizzando uno dei
concetti centrali dell'opera. Nel seguito della narrazione, Scipione osserva
l'universo dalla Via Lattea: stelle che non aveva mai visto prima, la
sfera posta più in basso (la luna) e poi la Terra. Illustra al nipote la meraviglia del
sistema planetario, spiegandogli come sia costituito da nove sfere tra le quali, la
prima e attribuita al sommo dio e contiene le orbite delle stelle... a questa
sottostanno sette sfere ruotanti ognuna in direzione opposta: Saturno,
Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e da ultima la Luna. Alla nona sfera, in posizione centrale, appartiene la Terra. Scipione Emiliano avverte un a armonia di suoni e ne chiede l'origine... L'antenato gli risponde che è
i suoni derivano dal movimento delle orbite stesse e che essi
sono più acuti o più gravi in funzione della maggiore o minore velocità di
movimento, porgendosi all'udito in sette toni diversi.. La
parte finale dell'opera affronta il tema classico della filosofia
antica occupandosi del movimento e della sua origine: per sua natura
ciò che si muove è destinato alla fine, mentre il principio unico
di tutto è immortale e non soggiace al moto, altrimenti dovrebbe essere
mosso da altro contraddicendo la propria peculiarità principio
unico.
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