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Una chiesa, un popolo, una storia

Informazioni sulla chiesa parrocchiale di Caglio in ricordo del primo centenario della sua consacrazione 1889-1989

AA.VV.
Ed. Meroni 1989
31 pp.
cm. 17 x 24
ill. b/n e col.

Sembra che non vi siano documenti sicuri sull'origine della Chiesa Parrocchiale di Caglio. Il Cristianesimo si diffuse in Vallassina solo a partire dal II secolo con l'opera di evangelizzazione dei Santi Calimero e Materno che si prodigarono in modo capillare per combattere le antiche superstizioni galliche e romane che si praticavano in valle. Anticamente il territorio di Caglio faceva parte della Pieve di Asso, luogo della Chiesa Plebana o Battesimale che godeva di determinati diritti, come quello di amministrare il Battesimo ai Catecumeni della valle, alla vigilia di Pasqua e di Pentecoste, o di eleggere i parroci del Distretto di propria competenza, o di ricevere le decime pagate in parte con prodotti dei campi, in parte con somme di denaro. Nel 1349 i territori del "Monte di Sera", antica denominazione della località comprendenti i paesi di Caglio, Sormano e Rezzago, formavano una sola Parrocchia con a capo un sacerdote eletto in qualità di Vicario del Preposto o Prevosto di Asso. Solo dopo il Concilio di Trento, le Comunità della Valle cominciarono ad avere i propri parroci, ai quali pagavano una congrua atta a dare loro una vita abbastanza decorosa. Caglio elesse il suo primo curato nel 1539 nella persona del prete Andrea. Nel manoscritto del 1796 "Memorie storiche della Vallassina" del Prevosto di Asso, Don Carlo Mazza, si trova notizia di come l'antica Chiesa nel 1567 venisse definita "piccola ed oscura" a croce latina, con l'altare maggiore e due cappelle ai lati del coro. Sopra la porta c'era una tribuna sostenuta da una colonna di legno, alla quale si accedeva per mezzo di una scala esterna. Non c'era né sacrestia né campanile, ma solo due piccole campane sul tetto, sostenute da due pilastri. Fuori dalla Chiesa correva un portico in cui, presumibilmente, si seppellivano i morti. Dove ora sorge l'Oratorio di S. Giuseppe vi era un ossario, demolito nell'anno 1884. Ne 1615 l'Arcivescovo Federico Borromeo diede il consenso per l'edificazione di una nuova parrocchiale, ma per la povertà degli abitanti e le calamità del tempo, tra cui la famosa peste descritta da Alessandro Manzoni ne "I Promessi Sposi", la chiesa fu terminata solo ne1 1660. Dal "Libro storico della Parrocchia" si rileva che questa Chiesa fu adornata da quattro quadri, attribuiti al pittore Andrea Appiani, rappresentanti i patroni Gervaso e Protaso, S. Vitale e S. Valeria e due quadri ad olio, attribuiti invece al Luini, rappresentanti Gesù nell'Orto e la Nascita di Gesù. Da quei tempi remoti ad oggi la Chiesa ha subito notevoli trasformazioni e restauri, dalla navata, un tempo spoglia e con semplici finestrelle, ora abbellita da vetrate, alle cappelle, all'altare costruito nel 1748, la statua in legno della Madonna, datata 1641, gli affreschi del pittore Emilio Magistretti. Un tempo, presso l'altare sulla sinistra si ergeva il pulpito di legno e di legno erano anche i gradini dell'altare coperti ne11886, dello stesso periodo è la pavimentazione, durante i lavori della quale, fu scoperta, sulla sinistra vicino ai gradini dell'altare, la sepoltura dei primi sacerdoti. Ne11913, l'altare maggiore si arricchì della porta del tabernacolo, fine lavoro di grande abilità del cesellatore Eugenio Bellosio, e del Pallio di argento e bronzo dorato, raffigurante l'Ultima Cena. Oggi il Pallio si trova nella vicina cappella di S.Giuseppe. L'affresco della volta raffigurante il trionfo dei santi martiri Gervaso e Protaso a cui la Chiesa è dedicata è opera del pittore Maggi di Milano e datato 1889.


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