Caglio (Como) - il territorio - mete turistiche e di svago - la ricettività alberghiera - i servizi - i trasporti


Caglio Story
di Giuseppe De Bortoli

 
Quando, leggendo di storia, si parla dell'Impero Romano, delle invasioni barbariche, dell'età dei Comuni, del Rinascimento, della dominazione spagnola, di Napoleone, dell'unità d'Italia, del fascismo e del dopoguerra la mente va automaticamente al 'romanzo' che per abitudine sintetizziamo per grandi temi e sommi eventi. Per contro riesce difficile prendere visione e atto che questo immenso 'catino' di fatti e persone altro non è che la risultante di tante vicende locali ciascuna delle quali ha contribuito in qualche misura e modo a creare quel patrimonio che oggi tutti riconosciamo comune per radici, tradizioni, usanze, sentimenti.

Caglio è un paese del Comasco, situato nel cosiddetto Triangolo Lariano delimitato dai due rami del lago di Como e che ha per vertici le città di Bellagio, Como e Lecco ( in ordine alfabetico per non fare torto a nessuno). Un territorio di monti, forre, pianori, declivi, creste, boschi di faggi betulle noccioli castagni intervallati da piccole comunità abitate da secoli, caratterizzato da una sommessa ma espressiva dolcezza dei punti di fuga e di arresto del panorama, da qualunque parte si osservi il rincorrersi dei profili naturali. Caglio si adagia su un pianoro a scendere, all'altezza di 900 metri circa ( il 'circa' è d'obbligo perchè qualche vecchia cartolina parla di 790, qualche altra di 830, qualche altra ancora di 800 e vattelappesca), delimitato alle spalle da una catena montuosa - il Monte Palanzone, la Colma del Piano e l'Alpe Spezzola- denominata tempi addietro 'Monti di Sera' che degrada sino ai 400 metri di Asso - da cui il nome di Valassina al territorio- per risalire ai 1200 e passa della Conca di Crezzo e dei Corni di Canzo, sormontati dall'imponente mole rocciosa della Grigna e dall'inconfondibile profilo del Resegone di manzoniana memoria, che completano questo anfiteatro naturale che di storia ne ha vista parecchia. Caglio è oggi un paese di 320 abitanti, nel 1498 non ne aveva molti di più (pare 380) prima ancora è difficile dirlo tanto quanto è difficile stabilire il periodo dei primi insediamenti sul territorio e la loro origine etnica. La discrepanza di opinioni al riguardo divide gli studiosi più o meno recenti e paludati; dall'origine greca sostenuta da Dionigi di Alicarnasso a quella celtica ipotizzata da Pellontier per passare ai Fenici di Bochart o agli Etruschi di Monsignor Guarnacci. Gli eruditi romani, con Catone e Plinio in testa, attribuiscono il merito dei primi insediamenti in Valassina agli Orobi e precisamente agli abitanti di Barra o Borgo degli Orobi - forse l'attuale Civate-; se così fosse la Valassina sarebbe popolata fin dal 2700 a.C. o giù di lì. Realtà e leggenda si rincorrono e si smentiscono a vicenda nelle testimonianze più recenti di storiografi, appassionati, autorità civili e religiose. Soprattutto quest'ultime, vuoi per rango sociale vuoi per censo, hanno raccolto nel corso dei secoli e ordinato numerosi reperti, custoditi gelosamente negli archivi parrocchiali, nel solerte tentativo di tracciare una storia plausibile, anche se in qualche occasione un po' troppo 'ecclesia pro domo sua'. E' certo comunque che per tutto il Medio Evo sino al 1400 la storia di Caglio è legata a doppia mandata alla Pieve di Asso che organizzò la comunità con proprie leggi in quanto Signoria Arcivescovile: da qui un certo orgoglio dei Valassinesi dell'epoca nel dire che non erano 'servi del padrone ma sudditi di Domineddio' comportando ciò un discreto numero di privilegi affatto trascurabili. Dal Cinquecento in poi abbiamo una folta serie di passaggi di mano: ai Visconti signori di Milano, a Facino Cane illustre condottiero 'lombardo', ai conti Dal Verme, al Conte Fregosa, alla famiglia Sfondrati e via dicendo. Quindi di vescovi, conti, arciduchi canonici, prodi guerrieri e relative decime nonché torri, castelli, cimeli votivi, lasciti, pievi e quant'altro la storia della Valassina non si è fatta mancare nulla d'indispensabile. E la nostra Caglio, territorio di 'confine' della Valassina? Se, pur con il pianto nel cuore, abbandoniamo l'empireo di nomi e cognomi, la storia ci regala qualche nome. Come ad esempio Antonio Billieno, figlio del sig. Gervaso di Caglio, è il prevosto della canonica di Asso nel 1483 cui fa seguito nel 1504 l'omonimo Antonio Billieno da Caglio ( erede, parente, figlio, nipote? Le cronache sono scarse al riguardo) che lascia in morte i suoi possessi alla Chiesa di Caglio, la stessa chiesa che in una pergamena datata 1349 risulta essere la chiesa centrale delle Terre dei Monti di Sera (Caglio, Rezzago, Sormano; sempre in rigoroso ordine alfabetico per lo stesso motivo di Bellagio, Como, Lecco) e, secondo un documento del 1539, già eleggeva il suo parroco in modo autonomo e alla quale, nel 1573 fu annesso il chiericato di Santa Valeria, bellissima chiesa dei primi anni del nostro Millennio, ancora in buono stato di conservazione e che darà il nome alla fusione dei tre suddetti comuni negli anni del Fascismo. Non va dimenticato, per integrare queste memorie votive, il Santuario di Campoè costruito nella prima metà del Seicento, nel luogo dell'apparizione della Madonna a una giovane pastorella, che custodisce, oltre a un insolito affresco cinquecentesco della Madonna che allatta il Divino Bambino, una preziosa reliquia - un piccolo lembo della tunica della Vergine Maria intriso del sangue di Gesù- donata nel 1729 da padre Marcellino Custodi. E poi, sempre a proposito di nomi, tale Biancone Francesco mercante in Magdeburgo e tale Billieni Tommaso (della stirpe dei prevosti di cui sopra?) mercante in Rovereto, emigrati e mai più tornati al paese d'origine che non consentiva la possibilità di mettere a frutto i guadagni realizzati, soprattutto dopo l'eliminazione alla metà del Diciottesimo secolo, dei privilegi prima citati.
Alcune di queste informazioni sono tratte dalle 'Memorie Storiche della Valassina', manoscritto del 1796 di Carlo Mazza preposto di Asso il quale, a commento della situazione a lui contemporanea, scrive un paragrafo che porta in chiave di paradosso ai giorni nostri e che dice così:

(titolo) ' Perchè a fronte del talento e industria, la Valassina in generale sia sempre povera'
(testo) 'La Valassina sarebbe stata uno dei più doviziosi distretti della Lombardia, e dell'Italia stessa, se le grandi ricchezze guadagnate nell'Estero dai suoi figli fossero state trasportate e consumate nel di lei seno.
Ma essa non ha: né terreni estesi dove impiegare a frutto i capitali acquistati né le materie prime per fornire all'erezione di nuove manifatture; né arti di lusso che facciano circolare il denaro dalle mani del ricco in quelle del povero.
A motivo della sua situazione tra i monti, non opportuna per il commercio né al consumo delle derrate e fuori dai passaggi, ..................
.omissis
La fuga delle prime famiglie................... .omissis
Quindi la diminuita popolazione.................. .omissis
I ricchi stessi che attualmente abitano in Valassina................. .omissis
In questa situazione di cose, egli è evidente....che....avendo essa un ristretto territorio sproporzionato alla sua popolazione.....ne siegue per conseguenza necessaria che essa sarà sempre povera e non potrà mai contare fra i suoi abitanti che dei Scardezzini, degli Arrotini, dei Crivellini, Semenzari e Contadini e pochi Artigiani di una mediocre fortuna'

Questa riflessione del 1796, che suona tra la campana a morto e una lugubre profezia, è un po' distante da alcuni eventi che hanno successivamente modificato nel profondo il quadro generale, politico, amministrativo, economico e sociale dell'intera Europa e che hanno messo in moto meccanismi e logiche impensabili sino a qualche anno prima. Due 'bazzecole' soprattutto: la rivoluzione industriale (e poi la tecnologia), le vie di comunicazione (e poi il turismo). Quale delle due sia l'uovo o la gallina, è discussione greve e complicata; comunque la si pensi, già nella seconda metà dell'Ottocento Caglio e la Valassina sono in qualche modo ancora territorio di frontiera ma certamente più organico al contesto lombardo e oggetto di attenzione radicalmente diversa dal passato. Prima l'industria della tessitura e della filatura, poi la ferrovia, poi le strade con l'automobile e infine la comunicazione: all'inizio un 'passaparola' dopo qualcosa di più. Anche la realtà culturale si muove con una dinamica non più legata a doppio filo al mondo religioso: l'arte trova ispirazione anche nel paesaggio cioè a quella naturalità che si trasforma in un dolce incanto per un numero sempre maggiore di persone che la scopre, la apprezza, la vive e la riscalda. Un'atmosfera che raggiunge il suo apice nell'opera di Giovanni Segantini (1858 - 1899) che soggiorna per alcuni anni proprio a Caglio dove trova nuova linfa per la sua arte che coglie in questa Caglio, in questa simbiosi di terra e persone un'espressione di vigore e intimità, di forza e silenzi, di fatica e armonia. Come Gauguin nei Mari del Sud, Canaletto nella laguna di Venezia, Segantini fissa un mondo come se gli appartenesse da sempre, sublimando il fascino che da esso sprigiona. La riconoscenza di Caglio nei confronti di questo suo figlio 'acquisito' è ancora oggi testimoniata da un busto in bronzo (opera dello scultore russo Pavel P. Trubetzkoy) che accoglie il passante nella piazza del paese. E molti di questi passanti, ritornano ogni anno perché Caglio è uno di quei posti in cui chi ci arriva, e oggi lo si fa senza alcun problema, ha una duplice reazione: o la totale indifferenza o una naturale 'accettazione' rimanendone in qualche modo prigioniero, dolcemente prigioniero. Distando pochissimo dalla piana milanese ed essendo a ridosso della Brianza, primo luogo deputato alla villeggiatura dei pochissimi che nei primi anni del Novecento potevano permettersela, Caglio negli stessi anni diventa residenza estiva degli ancora pochissimi che come 'pionieri' si avventurano tra questi monti e ivi eleggono la propria residenza estiva. Questi pochissimi, grazie a strade ferrovie e boom economico, diventano più numerosi e meno 'pionieri' negli anni Cinquanta per moltiplicarsi ai giorni nostri nei due alberghi ( il Santa Valeria, ex villa patrizia della famiglia Conforti negli anni '30, e il nuovo SaraHotel erede del mitico Albergo De Michèe con pergolato a vite e campi di bocce in cui si sono sfidate intere generazioni), nelle case in affitto, nelle villette di più recente costruzione. Smentendo il settecentesco preposto di Asso, i nativi che hanno fatto fortuna sono rientrati, i nativi che si limitano a lavorare (cui auguriamo altrettanta fortuna) rientrano a casa ogni sera, i ragazzi e le ragazze di Caglio hanno incontrato chissà dove e come ragazze e ragazzi di altre località inserendoli nella vita cagliese, magari solo quella del sabato e della domenica, non pochi cittadini di Milano hanno eletto Caglio a dimora fissa della propria vita per essere più padroni della medesima, i ragazzi di città degli anni Cinquanta ancora oggi, a distanza di quaranta anni padri di famiglia e nonni in qualche caso, ne sentono ancora il richiamo, incerto o sicuro, sommesso o forte, indistinto o chiaro, confuso o deciso che sia.

Ecco in sintesi lo scenario di Caglio, bello perché imprevedibile, imprevedibile perché vicinissimo alla pianura più industrializzata d'Europa, vicinissimo ma anche lontanissimo dai meccanismi di logorio che plasmano la nostra esistenza quotidiana.

Andare e vedere per credere.

Giuseppe De Bortoli


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