Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como
ARBORES ET HERBÆ

mostra tematica interdisciplinare
12 giugno - 15 luglio 2004



Urano Palma
Non dialogo
legno - 1976 - altezza cm. 23


 

Da dove viene Urano PALMA?

Chissà. Potrebbe essere un finto marziano o un contadino del  Medioevo.   Il suo   modo di agire, di pensare, di comportarsi è fuori tempo. Qualcosa in lui si sarà fermato all'inizio nella proiezione dinamica   della nostra modernità. Lo vedo un po' come un operaio che sta uscendo dal cantiere della "città che sale" di BOCCIONI. Sì, fa forse parte di questa umanità ricca di esplosioni generose quando   si  lottava  per    un po' più di dignità  nel lavoro e quando gli  operai avevano ancora conservato il cappello di feltro prima che adottassero il berretto come emblema ideologico.
Eccolo    davanti   a   me pienodi bel vino e di dolce follia: con il  suo modo di vestire disinvolto e leggermente anacronistico. La sua mente è una foresta di progetti tutti più o   meno legati ad un senso di profonda sintonia con la terra.
La sua cascina è la sua tana, il suo covo ed anche il suo laboratorio; è una fattoria insieme ad una fabbrica: la fattoria dei sogni, la fabbrica delle sculture. Queste sculture insensate e favolose, vegetali, minerali, metalliche.
Quante sedie, quanti banchi, quanti tavoloni con la  pelle   rugosa dei vecchi   tronchi d'albero o delle   lamiere arrugginite. La sedia sarà forse il simbolo centrale   di questo universo  profondamente legato alla geologia profonda delle forze atomiche dell'energia terrestre. La sedia è base , forza portante e anche monumento, sfogo esistenziale.
 Le sedie di Urano  Palma sono torre, castello, grandi   depositi di passato,   però lo   portano bene,   sono  robuste, nervose, vitali. Sembrano dei viandanti sempre pronti a compiere qualche gesto di sfida o di bravura.
La testa e il cuore uniti insieme saranno proprio depositati nel loro sedere potente, sono delle miniere di energia, vere bombe artigianali. Tutta l'opera di Urano Palma riflette questa tensione esistenziale. La filosofia vitalista dell'artista dà alla sua produzione la dimensione di frammenti esistenziali di un universo elementare in continuo progresso.
Un operato senza fine assunto al massimo livello di amore frenetico per la vita. Questa gente si fa rara oggi, all'epoca dei codici fiscali e delle carte di credito.

Pierre Restany
Milano, 8 settembre 1992


 

Urano Palma nasce a  Genova nel 1936.
Vagando in varie città italiane, con un orecchio teso verso le avanguardie artistiche, si stabilisce a  Milano, dove ha la possibilità di conoscere grandi artisti tra cui Lucio Fontana, grazie al quale ha la possibilità di dedicarsi completamente alla ricerca artistica. Nel 1962, Cardazzo noto gallerista d'arte s'interessa ai suoi lavori, dandogli la possibilità di fare la sua prima mostra  personale alla galleria " il cavallino" di Venezia. In trentotto anni di carriera, Urano Palma, ha realizzato mostre in Germania (Ulm, Monaco, Dusseldorf) in  Francia, Spagna, Stati Uniti e recentemente in Corea, dove venne scelto, insieme ad altri otto scultori, per rappresentare l'Italia  in occasione delle olimpiadi di Seoul, con un'opera in ghisa, che si trova attualmente al Museo  Permanente di Arte Contemporanea. Sempre in Corea e precisamente a Pusan, ha appena terminato un'opera in bronzo alta otto metri, realizzata in occasione della Mostra  Internazionale d'Arte organizzata dal governo Coreano. Urano Palma, dal 1960, si occupa anche di design. Realizza mobili scultura, utilizzando vari materiali : legno, pietra, bronzo, cristallo e alluminio.Il suo approccio alla pittura ed alle arti visuali proviene da varie esperienze nel settore della grafica pubblicitaria. Incomincia a dipingere verso il 1956,  postulando  intuitivamente   l'inquinarsi atmosferico,  raffigura alberi rinsecchiti (nell'albero è ravvisabile la predilizione per il legno, elemento che predominerà nella sua produzione dal 1970 in poi). Dal 1963 al 1966 effettua esperimenti con materie plastiche ed elastomeri, in particolare con lastre di sicodur trasparente armato con cui elabora fra l'altro, una serie di gabbie con intenti fortemente polemici. Dal 1966 al 1968  svolge ricerche optical nel tentativo sottilmente ironico di demitizzare gli idoli tecnologici; come materiali usa il vetro, il panifor e il frassino. Esperimenta inoltre due tematiche: "ritmi musicali" e "città" da cui in seguito trarrà spunti per attuazioni nel campo del design. Nel 1968 le sue ricerche sboccano nelle "visuali tecnologiche" assi che manipola dapprima intervenendo con il colore e poi, intorno al 1970, lavorandole direttamente con fresature ad intaglio. <<Le sue visuali tecnologiche, pannelli di legno organizzati in strutture rigorosamente orizzontali e verticali e sul contrappunto di pieni e di vuoti, si presentano come "metafore" di strumenti di ricognizione e registrazione tecnica (schede perforate, pannelli di comandi ecc. ma, nello stesso tempo, sono il risultato di una processualità operativa volutamente artigianale di un intervento che lascia un largo margine alla casualità, all'invenzione del momento.
Così  le sue lunghe assi di legno, lavorate con pazienza ossessiva, presentano una struttura iterativa e apparentemente seriale, in realtà costituiscono sculture o oggetti-emblemi, attrezzi d'una sorta di ritualità magica, dal forte sapore arcaico>> (Filiberto Menna).
Parallelemente alle "visuali tecnologiche" sviluppa strutture tridimensionali, oggetti afunzionali; adotta costantemente il legno "pover" (che ritiene il più idoneo per multiformi impieghi) e lo dilania con perforazioni. Siamo al suo lavoro attuale, il quale <<principia da una ipotesi di design di motivazione industriale o, se si preferisce di matrice bauhaus e approda alla sua negazione che si esprime non soltanto in una polemica antifunzionale, ma distrugge il lessico di pulizia, di levigatezza, di eleganza scontata, introducendo devianze e corruzioni che, aldilà dell'intendimento polemico, situano un linguaggio di classificazione incerta tra il dileggio e la parodia>> (Dino Gavina). Nel 1969 Palma riprendendo il tema dell'albero, ne trivellava i tronchi inanimati.
Oggi  <<dal bozzettone passo al tarlo che corrode>>, spiega : ed espone opere con tarli veri, <<quelli cioè in grado di effettuare un'operazione biodegradabile>>.....<<presa di coscenza di una realtà certamente amara, anche alienante, ma che costituisce l'involucro mistificante  della nostra esistenza quotidiana >> (Gian Pacher).
L'infierire tarlandoli, su oggetti quotidiani archetipi di base antropologica (scranno, desco)  può riproporre il gesto dada o commistioni surreali come rifiuto al convezionalismo. Ma Urano Palma pur minando in senso apocalittico l'oggetto, lo emblemizza in senso critico rendendo l'opera significante il verbo negativo di un'etica sociale.

Urano Palma Junior

Per chi vuole saperne di più su Urano Palma: http://www.uranopalma.it

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