Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como
ARBORES ET HERBĘ

mostra tematica interdisciplinare
12 giugno - 15 luglio 2004



Franco Ghezzi
Libera variazione sul tema dell'albero
china colorata su carta - 1973 - cm. 50 x 35


 

 

Elogio della linea
di: Maurizio Vitta

In principio è la linea: netta, laboriosa, stabile, che si avventura sul bianco della carta come un solco leggero, chiamato a orientare e spartire e saturare di senso il vuoto abbagliante che la circonda. La linea taglia, avvolge, interseca, circoscrive. Nella sua minimale presenza - nulla più che una labile traccia, sempre sul punto di svanire - la figura affiora lentamente dallo sfondo amorfo fino a imporre la propria incerta identità, offrendosi all'intelligenza con la stessa trepida ambiguità con la quale si abbandona alla percezione visiva.
Nei disegni di Franco Ghezzi la linea plasma il segno a guisa di parola, lo piega e modella nella forma del significato, lo impone per un attimo nella sua dimensione monumentale ed eroica, per lasciarlo subito dopo ripiegare nel più modesto ruolo di semplice contornatura, al cui interno emerge con prepotenza il senso segreto della figurazione. Lo sguardo, che all'inizio ha seguito il percorso, ora lento, ora accelerato, della linea, si diffonde lentamente sulla totalità dell'immagine, dilaga nella bianca vacuità che il segno delimita e definisce, si lascia trasportare oltre i bordi di quella chiusa presenza fino a presentire, in lontananza, i margini del foglio. E' la percezione globale del disegno, nella quale l'opera viene afferrata in tutta la sua concettuale sostanza e si erge dinanzi ai nostri occhi come realtà compiuta, opera saldamente fondata sulle intenzioni dell'autore e le interpretazioni dell'osservatore.
L'opera grafica di Ghezzi si gioca tutta su questo incessante andirivieni tra una visibilità affidata alla linea - che il colore di tanto in tanto conferma nel suo ruolo - e una invisibilità che si concentra negli intervalli tra le contornature. Il visibile affiora sulla superficie del foglio come traccia o segnale; l'invisibile si dà come pura eco, allusione, vago richiamo, sempre pronto, però, a rapprendersi in un'immagine folgorante, che si imprime nella nostra sensibilità senza che lo sguardo riesca mai a fissarla in una figura coerente.
Proprio nell'invisibile, però, i disegni di Ghezzi trovano un loro instabile ancoraggio, un fulcro sul quale instaurare un meno precario equilibrio. L'invisibile è il tema della ricerca, il vago schema mentale - archetipo o ossessione - che garantisce l'intima legittimità di questa fatica, fino a ordinare in un unico percorso centinaia di fogli laboriosamente strutturati. Qui tutto ruota intorno al concetto dell'albero, visione ancestrale, simbolo cosmico, metafora esistenziale. L'albero guida il cammino di Ghezzi come problema incessantemente affrontato e mai risolto: l'albero come radici, l'albero come tronco, l'albero come espansione illimitata di rami e foglie, l'albero come pesantezza e slancio, radicamento e fuga, concentrazione e sperpero di vita.
Il tema è primordiale: ha origini antropologiche, prima ancora che culturali. Rappresenta il legame profondo con una naturalità che nessun pensiero ha definitivamente allontanato da sé, e ci accompagna come silenziosa presenza fin nei più profondi meandri della nostra personalità umana. Riecheggiano nella mente i versi di Ezra Pound: "l stood still and was a tree amid the wood, / knowing the truth of things unseen before...". Ma 1'immagine si stempera, nel lavoro di Ghezzi, in disegno, che diluisce la sintesi della parola e la decostruisce nelle sue componenti essenziali, lasciando che il concetto si abbandoni alla proliferazione delle forme, con il molteplice che si fa unità e la variazione continua che conferma inappellabilmente 1'unicità.
L'albero è dunque il tema dell'identità vissuta come identificazione, il filo rosso che conduce nell'abisso dell'invisibile e fa del non veduto una garanzia di verità. Giunti all'ultimo foglio dell'opera di Ghezzi, è ancora la poesia di Pound a sancire, nella sua lontananza, una conclusione che si apre dinanzi a noi come una nuova abbagliante prospettiva: "Nathless I have been a tree amid the wood / and many new things understood / that were rank folly to my head before".

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