Franco Ghezzi
Libera variazione sul tema dell'albero
china colorata su carta - 1973 - cm. 50 x 35
Elogio
della linea
di: Maurizio Vitta
In principio è
la linea: netta, laboriosa, stabile, che si avventura sul bianco della
carta come un solco leggero, chiamato a orientare e spartire e saturare
di senso il vuoto abbagliante che la circonda. La linea taglia, avvolge,
interseca, circoscrive. Nella sua minimale presenza - nulla più
che una labile traccia, sempre sul punto di svanire - la figura affiora
lentamente dallo sfondo amorfo fino a imporre la propria incerta identità,
offrendosi all'intelligenza con la stessa trepida ambiguità
con la quale si abbandona alla percezione visiva.
Nei disegni di Franco Ghezzi la linea plasma il segno a guisa di parola,
lo piega e modella nella forma del significato, lo impone per un attimo
nella sua dimensione monumentale ed eroica, per lasciarlo subito dopo
ripiegare nel più modesto ruolo di semplice contornatura, al
cui interno emerge con prepotenza il senso segreto della figurazione.
Lo sguardo, che all'inizio ha seguito il percorso, ora lento, ora
accelerato, della linea, si diffonde lentamente sulla totalità
dell'immagine, dilaga nella bianca vacuità che il segno delimita
e definisce, si lascia trasportare oltre i bordi di quella chiusa
presenza fino a presentire, in lontananza, i margini del foglio. E'
la percezione globale del disegno, nella quale l'opera viene afferrata
in tutta la sua concettuale sostanza e si erge dinanzi ai nostri occhi
come realtà compiuta, opera saldamente fondata sulle intenzioni
dell'autore e le interpretazioni dell'osservatore.
L'opera grafica di Ghezzi si gioca tutta su questo incessante andirivieni
tra una visibilità affidata alla linea - che il colore di tanto
in tanto conferma nel suo ruolo - e una invisibilità che si
concentra negli intervalli tra le contornature. Il visibile affiora
sulla superficie del foglio come traccia o segnale; l'invisibile si
dà come pura eco, allusione, vago richiamo, sempre pronto,
però, a rapprendersi in un'immagine folgorante, che si imprime
nella nostra sensibilità senza che lo sguardo riesca mai a
fissarla in una figura coerente.
Proprio nell'invisibile, però, i disegni di Ghezzi trovano
un loro instabile ancoraggio, un fulcro sul quale instaurare un meno
precario equilibrio. L'invisibile è il tema della ricerca,
il vago schema mentale - archetipo o ossessione - che garantisce l'intima
legittimità di questa fatica, fino a ordinare in un unico percorso
centinaia di fogli laboriosamente strutturati. Qui tutto ruota intorno
al concetto dell'albero, visione ancestrale, simbolo cosmico, metafora
esistenziale. L'albero guida il cammino di Ghezzi come problema incessantemente
affrontato e mai risolto: l'albero come radici, l'albero come tronco,
l'albero come espansione illimitata di rami e foglie, l'albero come
pesantezza e slancio, radicamento e fuga, concentrazione e sperpero
di vita.
Il tema è primordiale: ha origini antropologiche, prima ancora
che culturali. Rappresenta il legame profondo con una naturalità
che nessun pensiero ha definitivamente allontanato da sé, e
ci accompagna come silenziosa presenza fin nei più profondi
meandri della nostra personalità umana. Riecheggiano nella
mente i versi di Ezra Pound: "l stood still and was a tree amid the
wood, / knowing the truth of things unseen before...". Ma 1'immagine
si stempera, nel lavoro di Ghezzi, in disegno, che diluisce la sintesi
della parola e la decostruisce nelle sue componenti essenziali, lasciando
che il concetto si abbandoni alla proliferazione delle forme, con
il molteplice che si fa unità e la variazione continua che
conferma inappellabilmente 1'unicità.
L'albero è dunque il tema dell'identità vissuta come
identificazione, il filo rosso che conduce nell'abisso dell'invisibile
e fa del non veduto una garanzia di verità. Giunti all'ultimo
foglio dell'opera di Ghezzi, è ancora la poesia di Pound a
sancire, nella sua lontananza, una conclusione che si apre dinanzi
a noi come una nuova abbagliante prospettiva: "Nathless I have been
a tree amid the wood / and many new things understood / that were
rank folly to my head before".