Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como
ARBORES ET HERBÆ

mostra tematica interdisciplinare
12 giugno - 15 luglio 2004

Angela Colombo
In hoc signo vinces
tecnica mista su legno - 2004 - altezza cm. 26


Siamo in un mondo nel quale la denominazione delle cose non sempre corrisponde alla realtà delle stesse, quindi siamo sempre più legati alle capacità d’intendimento e di comprensione degli altri che possono comunque modificare le strutture oggettive dei nostri pensieri e delle nostre teorie. Credo che il desiderio mimetico, almeno nel senso che è stato enunciato da Renè Girard, che è uno dei maggiori saggisti dei nostri giorni, sia soprattutto l’effetto trasgressivo e spaesante che maggiormente distingue la donna dall’uomo in termini di potenzialità. Teoricamente possiamo smontare le singole parti che compongono l’essere femminile nella sua creduta integrità, ma la somma delle particolarità sempre si sottrae ad ogni possibile ratio, tanto da confondere ogni tentativo di voler chiarire, magari anche con l’ausilio del metodo psicanalitico, l’immagine incomprensibile e inquietante della donna d’ogni tempo.  “La donna è la chiave di volta dell’universo” ha detto Goethe e queste sono parole dettate da un preciso stato d’animo volto a testimoniare che la donna presiede da sempre alle illuminazioni poetiche.  Nella donna il desiderio mimetico non è affatto una qualità negativa, tuttaltro, anzi a ben riflettere è forse la conferma del suo lato più abbagliante anche se risponde al carrierismo e al consumismo più sfrenati, che insieme corrispondono in alcuni degli elementi costitutivi della nostra società in atto, così come si presenta, nel buono e nel cattivo. Secondo Renè Girard: “. . .si desidera non solo ciò che vogliono e hanno gli altri ma, soprattutto, attraverso gli occhi degli altri ci s’innamora per aver sentito dire.., cioè non tanto per la passione ma per aver udito delle qualità d’una persona in modo tale che il nostro desiderio si è acceso... il desiderio secondo l’altro è sempre desiderio traslato d’essere un altro...” e qui a nostro avviso e con più chiarezza si profila il fenomeno del trasformismo femminile che si nutre di protagonismo, di narcisismo, di simbolismo, di erotismo, di esibizionismo del corpo, di sogni e di fiabe, senza per questo trascurare quegli aspetti più specifici della realtà che la donna manipola con fantasia, secondo i propri umori, le ispirazioni, le spinte emotive e le convenienze. La genesi del desiderio è così forte e così radicata nella femminilità che la donna vuole sempre ciò che non ha, mai appagata da ciò che possiede. Per questo è inquieta, accattivante, misterica e trasformista. Ciò non toglie che anche il maschio possa risentire ugualmente di questi effetti curiosi, ma in genere se non è morboso e un diverso, si sente appagato e gratificato della sua condizione naturale e quindi assai più limitato della donna, dal suo inquadramento nelle istituzioni che lui stesso crea e ha creato e quindi il suo mimetismo si arresta. La femmina, al contrario, è assai più visionaria, fantastica e rappresenta agli occhi del sesso opposto un altro universo che ricerca in continuità l’impossibile e l’imprevedibile, entro la realtà, anche perché è noto che il concetto di realtà è quanto mai ambiguo e indefinibile. A proposito dei sentimenti, Roland Barthes ch’era notoriamente un diverso, ha definito l’amore con queste parole: “L’amore è osceno precisamente in questo: esso mette il sentimentale al posto del sessuale”. Si noti bene che malgrado questa affermazione, il noto semiologo, ha continuamente difeso fino alla fine dei suoi giorni l’importanza dei sentimenti.  Angela Colombo è un artista che è sempre stata attratta dal desiderio mimetico, tanto che oltre a farne una scelta di vita, ne ha fatto anche una scelta d’artista. Quando era ancora una scolara e gli veniva richiesto: quali sono i tuoi hobby? La sua risposta univoca era: la lettura. Essa amava raccogliersi e leggere tutto quello che gli era possibile. La lettura significava il sapere e niente gli era più congeniale di questo verbo. Dalle letture alle immagini gli nacque la passione per le fiabe. La fiaba per Angela era il motivo che gli apriva le vie del sogno a occhi aperti, la scoperta dell’immaginazione e il regno della fantasia. Soprattutto la fiaba significava per Angela l’evasione dalla vita del quotidiano, l’evasione da ogni monotonia, una fuga dalla realtà, da ogni costrizione convenzionale, dall’educazione famigliare e dalla solitudine d’essere figlia unica di due genitori che l’amavano e la coccolavano. Non aveva fratelli, amicizie, quindi le mancava il gioco con l’altro, le confidenze e le controversie puntigliose. Il padre, nella sua bonomia, assumeva nelle sue dimensioni d’infanzia l’immagine del “padre-padrone”, quindi maturava le sue ribellioni, la grinta del suo carattere cocciuto e testardo che le rendeva difficile il rapporto con gli altri. Il libro gli era necessario per evadere, evadendo nei racconti fiabeschi entrava nelle dimensioni accese dei desideri mimetici, che la rendevano anticonformista e trasformista, si vestiva e s’imbellettava di soppiatto ogni giorno e in maniera diversa. Il suo più profondo desiderio mimetico di quegli anni era la sua volontà d’essere maschio, in quanto voleva ad ogni costo avere il volere, il potere, la forza del maschio, rappresentato dal padre, ch’era per lei tutte queste cose insieme e che gli maturavano nell’animo le sue continue ribellioni e trasgressioni. Amava moltissimo la madre ma non voleva essere gentile, materna, dolce come la mamma. Se il padre faceva un’affermazione lei era sempre dalla parte opposta per rimarcare il diritto alla sua identità e, come tutti i figli intelligenti, era difficile d’allevare e d’educare secondo le convenzioni. Il suo costante trasformismo, tra l’altro, trovava le sue motivazioni nelle ragioni liberatorie contro una società tartufesca e non rappresentava una sua alienazione che avrebbe magari potuto minacciare la sua marcata femminilità, anzi al contrario, essa non ha mai avvertito alcun bisogno di staccarsi dalla sua sessualità che la portava naturalmente al maschio e senza acquistare dimensioni diverse che l’avrebbero smarrita facendogli perdere la sua identità di donna, magari con sovrastrutture culturali che forzatamente l’avrebbero caricaturiz zata. Il suo particolare fascino, perché Angela ha sempre goduto di questa spontanea naturalità artificiosa, l’ha invece affinata e maggiormente arricchita agli occhi del mondo, sia per il suo sfrenato piacere edonista, sia per essere se stessa. Semmai, il suo travestimento d’immagine che ha sempre attuato con vistosi abbigliamenti femminili dominati dal suo gusto individuale, hanno sempre avuto un aspetto di rilevanza erotica e provocatoria contro le mode, che a suo giudizio appiattiscono e rendono tutti uguali nella diversificazione comandata da leggi di mercato, mentre il se o metamorfismo ha semmai voluto rappresentare, in ogni momento, la sua eterna fuga dal banale quotidiano per conquistare le isole del sogno e delle favole che, con le loro affermazioni rituali, volevano significare: io esisto, io Angela ci sono, anche se vi posso sembrare strana e non conformista. Questo suo agire originale non solo non gli ha dato complessi, ma semmai li ha creati negli altri che la frequentavano e che gl’invidiavano, in ogni caso, la sua libertà d’espressione d’immagine multiforme ed esistenziale, mostrandola sempre nuova e imprevedibile anche in ore diverse d’una giornata. Questo suo modo d’agire ha soprattutto appagato il suo acuto “narcisismo”, che per lei ha sempre avuto un significato dominante nelle scelte e nelle azioni condizionandola, questa volta si, nel suo essere artista facendogli dipingere nei suoi quadri preziosi e meravigliosi non la donna umanizzata ma, semmai, l’eterna mitologia della “femmina-idolo”, ogni volta esaminata da diverse angolazioni e, dalla quale, non potrà mai essere staccata la sua personale presenza nelle interpretazioni e nelle ripetizioni dei soggetti rappresentati: da Salomè e Sheerazade, da Turandot a Lilith, sino ad Eva, tanto per fare alcuni esempi, tutti personaggi questi che per la verità sono sempre e in ogni caso Angela Colombo, nient’altro che lei stessa, sempre uguale e diversa, morfomizzata e trasformata dall’una all’altra nel carosello delirante della sua creatività continua, che corrisponde alla padronanza del suo io, soprattutto inteso come individualità durevole e affermata, straordinario risultato di forze attive e scatenanti.  Il suo narcisismo non è una perversione, anche se lei ama le donne sataniche, ma è il completamento libidico dell’egoismo della pulsione di autoconservazione - come dice Freud - cioè di quella componente che è legittimamente attribuita a ogni essere umano. Il suo narcisismo si nutre d’appropriazione d’immagini diversificate, come la donna farfalla, d’investimenti oggettuali, la cui presenza nei suoi quadri può essere offuscata dagli influssi svariati del decorativismo che da sempre la distingue. La varietà e la enorme ricchezza dell’opera pittorica, grafica, illustrativa di Angela Colombo è semplicemente sconvolgente: è difficile trovare qualcosa che le si possa commisurare per molteplicità e fantasia. Appare sorprendente il ricorso di Angela a delle tecniche convenzionali che la portano a risultati di eccezione: sono dipinti a olio con inseriti dei collages, sono decorati come dei bassorilievi da forme geometriche che s’intravedono sui fondi, sono immagini di figure che possono coi rispondere a un certo surrealismo per quelle stilizzazioni e invenzioni tra il reale, il possibile e l’incarnazione dell’impossibile, testimoniato dalla irrealtà della fiaba. A tutto questo contribuisce anche la deformazione elegante dei corpi, il carattere iconico delle sue composizioni, la divulgazione di un preziosismo voluttuoso che acutizza la presenza femminile come idolo, con tutti quegli aspetti predominanti che vengono suggeriti dalla fluttuazione ondosa e l’articolazione virtuosistica dei corpi, graziosamente accompagnati dall’arabesco delle chiome sciolte e, talvolta, esaltati dalla presenza d’architetture neo-gotiche Angela Colombo ha sempre proseguito nel corso della sua carriera d’artista, oltre i limiti delle tecniche operative, oltre il possibile degli affanni e delle paure che gli potevano venire offerte dalla quotidianità, per entrare nel mondo del meraviglioso , Ciò che più l’ha aiutata in questo itinerario dell’impossibile sognato, è stato il suo essere femmina, intenta cioè a saggiare i limiti delle sue possibilità immaginative laddove cessa la logica delle cose, la predeterminabililà e dove hanno inizio gli effetti delle immagini inventate.  In tutto questo è stata aiutata dalla sua caratterialità ribelle e narcisista, amante del mentale e delle possibili metamorfosi di commistione e di passaggio da uno stato a un altro del vivente e non, che l’hanno indirizzata continuamente verso stimoli nuovi che, all’interno dei suoi dipinti, si sono definiti con difficili possibilità combinatorie tra la pittura e il mondo illustrativo. Le origini del suo stile sono da ricercarsi in quel filone dionisiaco che ottenne il suo splendore nella grande tradizione romantica che sfociò nel “decadentismo” che, a gran voce, viene richiamato dal post-moderno dei nostri giorni. Angela Colombo pur avendo subito le tante influenze dettate dalla sua enorme cultura e preparazione, riferite a grandi personaggi storici, da Moreau a Beardsley, Max Klinger, Klimt, Birilibin, Nielsen, Alberto Martini, Klee, Max Ernst e, per taluni aspetti assai particolari, il nostro Antonio Rubino. Insomma la nostra pittrice non si è sottratta alla conoscenza delle miniature persiane, dei pre-raffaelliti, dei neo-gotici, dei sirnbolisti, dell’art-noveau, degli astratti e della grande decorazione, semmai, questo cosmo così particolare l’ha sempre sedotta, affascinata, incantata, stimolata e senza trascurare l’esigenza d’un suo linguaggio, gli ha fatto maturare una personalità d’artista di prim’ordine, nuova e singolare, che noi oggi possiamo vedere e scoprire, sia all’interno dei suoi disegni, sia nei suoi dipinti pieni di fascino incantevole, che mantengono una componente di misteri che abbagliano e seducono chiunque li osservi con attenzione.  Sono queste, grosso modo, le componenti della sua cucina, quella che gli nasce dal suo interno e che si sviluppa per immagini che si susseguono e si ripetono nei soggetti e in molte occasioni diversificate.  Leggibilità e illeggibilità si rincorrono e si saldano continuamente nelle sue opere, anche perché trovano continuamente delle occasioni sempre nuove e imprevedibili nei segreti delle fiabe. Noi vogliamo oggi concludere questo scritto con la certa convinzione d’aver appena sfiorato alcune delle particolarità della personalità e delle opere di quest’artista e siamo coscienti d’aver dovuto trascurare tante altre osservazioni, rilievi, che possono mettere in luce il suo prezioso lavoro, tuttavia nei congedarci dai nostri lettori ci auguriamo che questa occasione si ripeta in futuro con altri saggi o una vera e propria monografia che possa abbracciare l’insieme di queste immagini meravigliose che, per molti versi, confermano una possibile supremazia di Eva su Adamo confermando l’affermazione di questa stella del firmamento artistico dei nostri giorni.

Gennaio 1991 Franco Passoni

Angela Colombo è nata a Milano nel 1942. Diplomata all'Accademia di Belle Arti di Milano nel 1964, ha insegnato per 26 anni al Liceo Artistico con la Cattedra di Ornato Disegnato.

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