Marcello Sèstito e Antonella Pavia
Museo dell'elefante
Fort of Ramngar - Benares
progetto - 1998
altezza del modello cm. 20
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Ramlila's Museum o Museo dell'Elefante
Per il Mahraja di Benares, Forte di Ramnagar, India, 1998
Le gesta e le avventure di Ram hanno costituito un'epopea
cantata e descritta dal poeta Valmiki che le celebra in cinquantamila
versi del suo Ramaiana. Tanti sono questi che compongono uno dei testi
fondamentali dell'India e della sua storia religiosa. Il Ram raffigurato
nei dipinti, nelle scene sacre o scolpito nelle architetture che punteggiano
il territorio indiano, è celebrato soprattutto in Benares,
l'attuale Varanasi. Nel mese di ottobre iniziano le manifestazioni
in suo onore e a queste si associano famose rappresentazioni teatrali
che ne rievocano l'evento.
Manca però, a tutt'oggi, un luogo, un'architettura che possa
contenere nel suo interno i materiali della storia locale o di quella
cultura materiale che ne definisce i contorni fisici e sociali. Un
museo, insomma, capace di ospitare le sue gesta, ormai divenute scene
della vita materiale. Accanto ad esso si è pensato di celebrare
un'altra figura importante della mitologia indiana, il Ganga Elephanta,
il dio del fiume Gange, colui il quale fonda il destino religioso
dell'intera India nei suoi tratti più profondi. E' nato quasi
spontaneo allora pensare un Museo dell'Elefante che avesse come intento
l'idea di conservare traccia duratura del Ram e della sua evocazione
nel Ramlila. Il progetto si è configurato subito come un grande
cubo di 40 metri di lato, sezionato perfettamente sull'asse di simmetria
e con le due parti leggermente divaricate. All'interno dei due volumi
il corpo dell'elefante viene sezionato in due parti anch'esse simmetriche.
Una grande scultura raffigurante il pachiderma offre le sue membra
interne come volesse svelare un segreto. La parete che fa da sfondo
alla figura gigante è lavorata in ferro traforato e su di essa
saranno scritti, con figure metalliche, i versi del Ramaiana, ben
visibili dall'esterno. I corpi separati del cubo, attraversati da
rampe di collegamento ai vari livelli, accolgono nell'interno un bacino
d'acqua a forma triangolare. E' come se il Gange si fosse insinuato
all'interno del museo determinandone la frattura. Nel bacino d'acqua
perimetrato con un sistema di scalinate, simili ai Ghat di Benares,
si ergerà la statua raffigurante il Ram.
Nei locali dei due blocchi del museo, verrà illustrata, attraverso
una sistematica raccolta iconografica, in uno la figura dell'elefante
e nell'altro quella del Ram.
La storia dell'elefante e del suo valore religioso investe pure la
cultura occidentale, ed alcune sale del museo potranno contenere materiale
riferito a tale tematica. Ci vengono in mente altri elefanti, la cui
rappresentazione è stata direttamente influenzata dalla cultura
indiana: il caso dell'elefante che campeggia nel Sacro Bosco di Bomarzo,
voluto dagli Ursini è emblematico. Né vanno dimenticati
l'elefante del Bernini o il Liotro di Catania, l'elefante affrescato
da Giulio Romano a Mantova o quello schizzato da Rembrandt. Dall'uso
che ne fece Annibale, lasciandoci una vasta iconografia, ad oggi,
il materiale da ricomporre è vasto e affascinante. Spiegherebbe
per tramite della figura del pachiderma, alcune contaminazioni tra
oriente e occidente, finalmente riconciliate in un luogo deputato.
Il Museo dell'Elefante, allora, come sommatoria dei materiali disponibili
ma anche come scrigno capace di proteggere l'ideale religioso indiano.
Marcello Séstito e Antonella
Pavia
(con la collaborazione di Gina Bernardo, Giancarlo
Fiamingo, Antonella Romagnolo, Giuseppe Tortorella)
Marcello Séstito nasce a Catanzaro Lido l'8
luglio 1956. Si laurea in architettura con Eugenio Battisti. Si forma
progettualmente con Franco Purini e Alessandro Anselmi. È stato assistente
di Pierre Restany e di Rodolfo Bonetto alla Domus Academy di Milano
dove ha conseguito il Master in Car Design ed è invitato nella medesima
scuola a collaborare più volte. Svolge attività professionale tra
il Sud e il Nord d'Italia; è redattore di D'ARS dal 1986 e dal 1993
collabora alla rivista "Archis", con altri è autore del progetto editoriale
della rivista internazionale di utopie "OZ". I suoi lavori sono stati
pubblicati sulle maggiori riviste internazionali di settore. Ha tenuto
conferenze in molti atenei italiani ed un corso sperimentale sulla
"Architettura Nomi-nale", teorizzata nel lontano 1983, nell'Università
di Reggio Calabria. I suoi interessi si muovono prevalentemente verso
l'esplorazione di strutture mentali e aspetti precognitivi legati
alla formulazione d'arte e di architettura.