Archivio Attivo Arte Contemporanea
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Galleria d'Arte Il Salotto via Carloni 5/c 22100 Como
ANIMA-LI

mostra tematica interdisciplinare
21 febbraio al 1 aprile 2004

Il sogno di Adamo

Il rapporto col mondo animale e la sua raffigurazione accompagnano la storia dell'uomo. Al periodo paleolitico appartengono le immagini grafflte, cronache di avvenimenti venatori e protoespressione artistica, che riproducono veristicamente forme animali ma costituiscono anche, come si suppone, oggetto di magia simpatetica. L'immagine surroga, sostituisce simbolicamente l'anima dell'essere, e il colpirla, propiziava una buona riuscita delle battute di caccia. Ma, come documentano le usanze di tribù primitive, sopravvissute in tempi moderni, e la testimonianza storica delle antiche culture pagane, il travestimento rituale o la rappresentazione iconografica di divinità semiumane dagli attributi zoomorfi individuano, nel carattere mitico della visione religiosa, il sovrapporsi e identificarsi, per proiezione, dei contenuti inconsci dell'uomo con le istintualità animali. Divinità, anche tout court completamente animalesche nell'effigie, popolano tutti i pantheon religiosi e testimoniano efficacemente l'importanza del simbolo zoomorfo e del suo contenuto psichico: gli istinti addomesticati o selvaggi che siano, dei quali è necessario il riconoscimento e l'accettazione, come parte integrante della psiche umana. L'animale di per se stesso non è né buono né cattivo, ma per quanto riguarda l'uomo, la sua componente animale, se sfugge al controllo della coscienza può, come spesso dimostra, sopraffarla. L'iconografia cristiana, mutatis mutandis, non sfugge alle regole e ne fa fede anche la tradizione letteraria dei bestiari moralizzati, di epoca medievale, che trovano un prototipo significatvo nel Phisiologus, un libretto di autore incerto e compilato con tutta probabilità fra il II e il IV secolo d.C. Nella tradizione esistono due categorizzazioni gerarchiche della natura che determinano le dignità di rango. Nell'una gli animali sono esseri inferiori alla condizione umana, esempio di vizi e atti peccaminosi che l'uomo deve rifuggire. Nell'altra sono creature più aderenti alle leggi naturali che governano il cosmo e quindi, specchio della legge divina ed esempio di buone virtù. La prima gerarchia vede, nel modo più tradizionale e credo conosciuto, l'uomo come essere più nobile e dominatore della natura; la seconda considera invece, l'uomo, creatura conclusiva del Genesi, come l'immagine più offuscata dell'originaria impronta divina. Come osserva Francesco Zambon introducendo la traduzione italiana del Phisiologus (da lui curata per Adelphi nel 1975): "Queste due prospettive non sono però contraddittorie, ma si iscrivono in una precisa concezione del simbolo tradizionale: quella enunciata anche nelle celebri parole di San Paolo, videmus nunc per speculum in aenigmate, dell'analogia inversa, in base alla quale l'interiore e il superiore si riflettono, specularmente appunto, nell'esteriore e nell'inferiore. Ne consegue che nelle creature che presentano il massimo di esteriorità in quanto pure forme, come gli animali, o pure sostanze, come le pietre, trovano più che nell'uomo, la loro compiuta rappresentazione gli esseri in cui prevale l'interiorità o l'essenzialità, cioè oltre all'uomo medesimo, gli angeli e la divinità". E' secondo quest'ottica che il Phisiologus raffronta la "natura" al regno dei Cieli. Nel testo, ad osservazioni di carattere naturalistiche, si affiancano considerazioni sulla natura morale degli esseri, presi in esame, costituendo così un "prontuario generale di simboli tratti dalla natura". Caratteristiche sono quelle "bizzarrie" descrittive che adeguano il comportamento dell'animale alle necessità della didattica morale, o la considerazione, come fossero reali, di quei monstra che, ereditati dal paganesimo, troviamo poi anche così diffusamente rappresentati dai lapicidi medievali su pareti, fregi decorativi e capitelli di edifici di culto. In epoca successiva, ulteriori redazioni del Phisiologus, accresciute e sistematizzate nel contenuto, ebbero sbocco in due generi descrittivi ben differenti: l'uno anticipatore della moderna zoologia, l'altro cui appartengono i bestiari "romanzi" e quelli "d'amore" ai quali può essere riferita anche molta imagerie artistica. Il Phisiologus, autore degli exempla allegorici, resta fondamentale come parallelo cristiano al mago della tradizione pagana cui sono noti tutti i rapporti occulti della natura. L'alchimista Zosimo scrisse come Ermete, modello ispiratore dei maghi, non fosse altri che Adamo: "l'interprete di tutti gli esseri, colui che dà nome a tutte le cose materiali". Cosicché Adamo è da considerarsi il Pbisiologus per eccellenza. Considerando poi ulteriormente la pregnanza delle immagini simboliche, significative del "carattere" attraverso i lineamenti fisici, resta evidente anche il nesso con quegli aspetti, della magia, espressi dalla fisiognomica e l'astrologia con le sue figure delle costellazioni e dei decani. Le immagini zoomorfe dominano i bestiari moralizzati, centoni biblici e strumento mnemonico ad usum predicandi, come i trattati di magia; maghi e religiosi si potrebbero contendere, come accade, il senso di figure scolpite su edifici di culto dalla mano di scalpellini segretamente eredi di tradizioni misteriche. Se all'allusione caratteriale basta la descrizione letteraria che intesse analogie fra uomo e animale, la commistione dei tratti fisici, in immagini, può dare vero "corpo" a fantasmi inquietanti; mi riferisco in ciò a quelle cronache teratologiche in cui, segno di profezia e catalogo del difforme, annotano e illustrano nascite mostruose di individui e animali. Per contro l'espressione "artistica" si muove su binari ben diversi; l'immaginifico che sopravvive, attraverso l'esperienza surrealista anche in autori contemporanei, ha funzione esorcizzante, psicologica, che perpetua in chiave moderna l'evidente attualità del Phisiologus. La psicologia del profondo cara all'esperienza dei surrealisti vuole essere cura dell'anima al pari del sogno. L'ansia del corpo parrebbe un puro problema delle scienze mediche ma coscienza e conoscenza andrebbero ricucite in un opinabile nuovo "uomo totale". Se anche la quasi recente sventura umana dei fenomeni da baraccone, esposti alla pubblica curiosità e ludibrio in circhi e fiere, si spera ormai lontana, gli apprendisti stregoni di una scienza biologica esasperata stanno suggerendo nuove cronache teratologiche la cui smentita ci tranquillizza ma non del tutto. Voglia il destino dell'uomo che non resti una sola vera, se pur paradossale speranza, che: se un uomo scimmia dovrà essere creato, possa affrancarsi e sostituire una morale più "umana" a quella perversa che l'ha generato.

Michele Caldarelli
(pubblicato su Gran Bazaar nr 57 agosto/settembre 1987)

 

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